la parola della domenica
Anno
liturgico B
|
|
|
Os
6,1-6 Quando c'è di mezzo Gesù, qualcosa di sconcertante accade sempre; e là dove non accade nulla, ti può prender il dubbio che lui lì proprio non ci sia. Simone, un fariseo lo aveva invitato a casa sua. Mai più avrebbe immaginato quello che poi è successo. Un invito a cena, durante la quale forse avrebbe avuto modo di capire qualcosa di più quel Rabbi di Nazaret, che poco prima se l'era presa con farisei e dottori della legge. Lui accettò l'invito. Ma l'effetto fu che scomparve la cena. Rileggete il brano, non una parola sulla cena. Tutto qui: "Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola". Poi, senza cesure: "Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo". Entra, non certo invitata, e accade il finimondo: sì, la fine di un mondo, di un certo mondo religioso. Ora la cinepresa inquadra la donna e sembra quasi rallentare per dare la possibilità ai tuoi occhi di fare sosta, a custodia dei suoi gesti: "portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo". Un fluire di verbi: appuntati con cura, quasi li dovessimo custodire, a memoria, Poi sarà Gesu a ricordarli, a perpetua memoria. Svelando da dove mai venissero e dove conducessero. La donna non ha nome, o meglio appare nel racconto con il nome che lei si sentiva ormai impigliato alla pelle, quasi una cicatrice, a sostituzione del suo vero nome: la peccatrice. "Se costui fosse un profeta - pensa fra sé il fariseo - saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che tocca: è una peccatrice!". Scrive un commentatore: "La donna del profumo entra in scena in veste di emarginata, esclusa dal mondo sociale, dal sistema religioso, dal banchetto, dalla tavola, dal dialogo… La donna del profumo ha soltanto la temerarietà, l'audacia di sfidare le strutture più potenti della società del suo tempo. Essa è sola. È peccatrice e lo sa. Gode di cattiva reputazione e lo sa". Quante volte anche noi racchiudiamo una persona in un nome. Di lei, di quella donna, ora sono i gesti a raccontare. Ma rimane nell'in principio un segreto, qualcosa di intimo che non sappiamo. Ce lo chiediamo, ma non sapremo mai. Certo quel rabbi di Nazaret non era uno sconosciuto. Forse un giorno da lontano lo aveva come spiato, incuriosita. Forse da lontano aveva sentito la sua voce. Sempre da lontano perché lei era un'impura: parole che aprivano il cuore anche alle pietre. O forse qualcuno le aveva raccontato di lui come di uno che dava importanza a quelli cui nessuno dà importanza, i piccoli, le donne; uno che si lasciava prendere da commozione per malati e sofferenti; uno che mangiava e beveva con pubblicani e peccatori: ed era come se anche lei si sentisse accolta. Le era arrivata notizia che era stato invitato in casa di Simone. Certo non era per lei il luogo ideale. Ci andò. Ci andò con un profumo e il racconto da subito lega la donna al profumo. Ebbene non c'è una parola che è una della donna nel racconto. Il suo amore per quel Rabbi - perché di amore si tratta - lo dice così: con i gesti della tenerezza, là dove un semplice toccare avrebbe creato reazione di scandalo: toccati da un impura, si diventava per ciò stesso impuri. Lei bagna i piedi di Gesù con le sue lacrime, glieli asciuga con i capelli. li cosparge di profumo. Per gli osservanti è entrata l'impurità nel banchetto. Per Gesù è entrato l'amore. E' come se cambiasse l'orizzonte per un giudizio. Gesù invita a vedere l'oltre di quella donna. Un oltre insospettabile, per chi ha il metro delle codificazioni rigide, per chi ha la fissazione di giudicare, per chi non riconosce i luoghi dell'amore, per chi non vede. Gesù dice a Simone: "Vedi questa donna?": Era come se Simone non l'avesse vista. Lo invita a guardare. E con queste parole sembra quasi mettere l'esclusa al centro della cena. "Vedi". "Apri gli occhi, va' al di là dei criteri di una moralità esteriore altezzosa e gelida, guarda i suoi gesti, la tenerezza che li abita, la tenerezza che non hai avuta tu. Ha molto amato". Dice Gesù: "Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato". La parola di Gesù ha un colore che dovrebbe essere di casa tra noi credenti: il potere sta nell'amore, è l'amore che trascina con sé il perdono dei peccati. La donna non ha nemmeno espresso una richiesta di perdono, ha fatto spazio a gesti di tenerezza. E' ciò che Dio vuole. Oggi che cosa vuole Dio ci è stato detto con limpidezza nel brano del profeta Osea: "Amore io voglio e non sacrifici". Di cene, dove i rituali sono perfetti ma gelidi, non sa che farsene Dio: "Amore voglio e non sacrifici". Ebbene, pensate, ben due volte Matteo nel suo vangelo ricorderà questa parola del profeta Osea sulle labbra di Gesù, accompagnata da un invito a impararla, come se noi avessimo memoria corta e di lì a un po' la dimenticassimo. Una prima volta rimase come impigliata nell'aria: fu proprio nella casa di Matteo, in quella cena festosa dove Gesù era stato messo sotto accusa da scribi e farisei per quel suo mangiare con pubblicani e peccatori. Disse: "Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori". Questo è ciò che appassiona Gesù anche oggi. Da un lato è come se intuisse se nei nostri gesti abita tenerezza, o no. Dall'altro ha parole di perdono perché suo desiderio incontenibile è che dall'incontro con lui usciamo come quella donna, con un respiro di libertà, restituiti alla nostra dignità, capaci di futuro.
Lettura del profeta Osea - Os 6, 1-6 Così dice il Signore Dio: "Voi dite: "Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l'aurora. Verrà a noi come la pioggia d'autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra". Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all'alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti". Sal 50 (51) Tu gradisci, o Dio, gli umili di cuore. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. R Tu non gradisci il sacrificio; se offro olocausti, tu non li accetti. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R Nella tua bontà fa' grazia a Sion, ricostruisci le mura di Gerusalemme. Allora gradirai i sacrifici legittimi, l'olocausto e l'intera oblazione. R Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati - Gal 2, 19 - 3, 7 Fratelli, mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d'intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede? Come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 7, 36-50 In quel tempo. Uno dei farisei invitò il Signore Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!". Gesù allora gli disse: "Simone, ho da dirti qualcosa". Ed egli rispose: "Di' pure, maestro". "Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?". Simone rispose: "Suppongo sia colui al quale ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco". Poi disse a lei: "I tuoi peccati sono perdonati". Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati?". Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace".
|
|
|
Segnala
questa pagina ad un amico scrivi il suo indirizzo e-mail: |
||||