la parola della domenica
Anno liturgico C
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Ml
3,1-4a Il tempio, in cui quel giorno entrarono, non c'è più. C'è solo un muro, il muro del pianto. Ora c'è solo un immenso pianto. Da tutta quella terra. Ma quel giorno, come ogni altro giorno, chi arrivava al tempio - e quindi possiamo supporre anche Maria e Giuseppe - non poteva non alzare lo sguardo e non incantarsi a tanta infiammata magnificenza. Poi gli occhi giocoforza si abbassarono. E fu ingresso, giorno feriale, nessun fasto, un giorno qualunque. Nato di quaranta giorni quel bambino, quasi invisibile, tra braccia tenere, nascosto sotto uno scialle: quasi un "non ingresso" per un Dio, nascosto sotto scialle, in mezzo a un andare e venire di coppie, brusio leggero, piano terra. Non le moltitudini, un normale fluire. Nessuna vistosità, niente di straordinario. Il rituale preciso, prima la purificazione di una donna, che in quel caso di peccati di cui purificarsi non ne aveva. Ma dovremmo anche aggiungere che è stato scandaloso pensarlo di ogni donna, che sporco fosse ciò che Dio stesso aveva creato: "E vide che era cosa molto bella". Il sacerdote la purifica. E accadde per secoli. Poi presentarono quel bambino. Chissà come furono i pensieri del sacerdote quando lo prese tra le braccia, il tempo di una preghiera; lo riconsegnò, ma dopo esborso di una offerta, offerta povera, quella era gente povera. Per il sacerdote via una coppia un'altra, forse lo strascicarsi di un'abitudine. Ma per Maria e Giuseppe era il gorgogliare di un gesto antico che raccontava gratitudine: la racconti donando a Dio le primizie e non sai se te ne verrà altro di figli o di prodotti della terra o di animali. Dio i primogeniti te li ridona e la presentazione di un figlio diventa occasione di gratitudine, come un battesimo. Maria e Giuseppe, nessuno li sentì cantare, fu canto nel cuore, a Dio, di gratitudine, per quel figlio, figlio loro e figlio dell'Altissimo. Il canto fu dentro. In eccesso forse le parole del profeta Malachia, convocate a commento del nostro brano. Che celebrano un ingresso imponente, di fuoco. L'ingresso di Gesù ha connotazione di silenzio; lo svelamento ha come platea due persone: un uomo, una donna. Accade a lato. A lato del rito, a lato dei numeri che tanto ci appassionano, a lato dell'imponenza cui attribuiamo splendore. E non sarà un segnale per noi questo accadere delle cose più vere ai margini, nel silenzio e nella piccolezza, per noi malati di spettacolarità? Il vero evento accade nella inavvertenza generale: una coppia povera, un neonato, Simeone e Anna. Ed è di una bellezza, che ci incanta, ci conquista, ci commuove. E noi siamo a guardare, tutt'occhi e tutto cuore. Ed è come se il racconto si animasse per via di nomi dentro un anonimato, ecco Simeone, ecco Anna. Si reca al tempio Simeone, uomo pio e giusto, ha negli occhi l'attesa di secoli; sopraggiunge Anna, una profetessa, sua passione servire nel tempio. Loro fuori l'orario di un rito; senti come gorgogliare di acqua in quel loro improvviso sopraggiungere, nella fede e nei sentimenti che li hanno condotti; senti spontaneità, freschezza, nelle parole. Lo Spirito non lascia fermi, ha prerogativa di muovere e Luca per ben tre volte fa cenno allo Spirito parlando di Simeone: per dire che era sopra di lui, per ricordare che dallo Spirito gli era venuta la promessa di vedere il Messia, per dire che a sospingerlo al tempio quel giorno fu lo Spirito: "mosso dallo Spirito". E mi si accendono ritagli di pensiero. Non sarà che tutto passi uguale nella vita, senza riconoscimento di doni preziosi, anche del Dono più prezioso, perché siamo insensibili allo Spirito, impermeabili, quasi l'avessimo spento, con il rischio di vivere sì, ma come fossimo disanimati? E che grazia sarebbe essere qui questa mattina anche noi mossi dallo Spirito e avere sulle labbra parole quasi canto come Simeone. Quasi da innamorato: ora può anche andarsene, i suoi occhi hanno visto la salvezza. Sono occhi di un vecchio, ma colmi di luce. E chiama luce quel bambino, non solo, ma di quella luce canta l'universalità: "Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele". Questa festa aveva nome di Candelora, canta alla luce. E ricordassimo che siamo canto, canto di Dio, quando abbiamo passione di universalità. Portiamo riverberi di luce quando negli occhi abbiamo l'anelito della pluralità. Poi sopraggiunge Anna, spesso il brano lo chiudiamo con Simeone, così come spesso Simeone lo vestiamo con abiti pontificali, mente veniva dalle strade. Si affaccia e da subito il mondo delle donne. E il vangelo lo annota: il riconoscimento venne da un uomo e da una donna. Il racconto di Gesù, che troveremo su labbra di donne nel giardino della risurrezione, è già dall'in principio su labbra di una donna, Anna. Profezia per voce di donna: "Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme". All'inizio a raccontare ci furono donne, poi furono silenziate. Oggi ricordiamo Anna, la ricordiamo difendendo il suo nome di profetessa e dando lode a Gesù, lui anche per questo luce. Perché, come scrive Lidia Maggi, pastora battista: "ha aiutato le donne ad uscire dall'invisibilità, dall'anonimato, dal chiuso delle case, aprendo loro prospettive più ampie. Egli annuncia loro che il mondo può essere più ampio dei confini patriarcali, delle mura di casa". Questa festa canta la luce, canta Gesù luce del mondo, canta la luce su ogni volto.
Lettura del profeta Malachia - Ml 3,1-4a Così dice il Signore Dio: "Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia. Allora l'offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore". Sal 23 (24) Entri il Signore nel suo tempio Santo. Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. È lui che l'ha fondato sui mari e sui fiumi l'ha stabilito. R Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. R Lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 15, 8-12 Fratelli, Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: "Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome". E ancora: "Esultate, o nazioni, insieme al suo popolo". E di nuovo: "Genti tutte, lodate il Signore; i popoli tutti lo esaltino". E a sua volta Isaia dice: "Spunterà il rampollo di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni: in lui le nazioni spereranno". Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 2, 22-40 In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: "Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore" - e per offrire in sacrificio "una coppia di tortore o due giovani colombi", come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: "Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele". Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: "Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori". C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
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