la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella Domenica prima del martirio
secondo il rito ambrosiano


27 agosto 2023



 

 

1Mac 1,10.41-42;2,29-38
Sal 118
Ef 6,10-18
Mc 12,13-17

"Maestro. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?" Presa così la domanda potrebbe suonare quasi accademica, buona per tutte le ore e per tutte le stagioni. E invece no. La domanda è in un contesto inquietante. Siamo sulla spianata del tempio. Siamo alle ultime sue giornate e Gesù sembra, quasi volutamente, insistere nel frequentare il tempio ogni giorno. Tant'è che nel vangelo è scritto che capi dei sacerdoti, scribi e anziani, infastiditi per quella sua frequentazione, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui e gli dissero: "Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farle?".

Nel tempio si rincorrono dispute e polemiche, a ondate, alla ricerca di un pretesto per prendere Gesù nel laccio e fermarlo una volta per tutte. Ed ecco la domanda trabocchetto di oggi. E a stupire è che a porgerla siano erodiani e farisei insieme, invisi gli uni agli altri: per i primi, collaborazionisti, Erode era una benedizione; per i farisei, indipendentisti, una maledizione. A stupire questa alleanza; ma la storia ampiamente insegna come i poteri si coalizzino quando a sfidarli è una verità che li denuda, che mette in dubbio la loro affidabilità, smascherandone gli abusi, quando vedono profilarsi il pericolo - per loro un pericolo - di una verità che libera: "la verità vi farà liberi". Spudorate le parole con cui gli inviati si affacciano al Maestro di Nazaret, sentitene tutta l'ipocrisia: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità".

Le parole degli inviati trasudano di ipocrisia, ma nello stesso tempo svelano il segreto di quella opposizione dura, senza sconti, nei confronti di Gesù. Perché è pericoloso il Rabbi di Nazaret e perché va fermato il prima possibile? Proprio perché è uno spirito libero e non guarda in faccia a nessuno, niente e nessuno può intimorirlo. E Gesù - lasciate che mi esprima così - approfitta di una domanda ipocrita imbarazzante per segnare una divaricazione incolmabile nei secoli tra ciò che dobbiamo a Cesare e ciò che dobbiamo a Dio. In questione sono Cesare e Dio. A Cesare il tributo perché sai che è tuo dovere contribuire al bene della casa comune, a tutto ciò che viene promosso per la tutela e la dignità di ciascuno, per una convivenza giusta e fraterna. "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare".

Ma subito Gesù divarica, con una "e", che è disgiuntiva: "e quello che è di Dio, a Dio". Come dicesse - e qui è il punto - "ma a Dio, quello che è di Dio". Forse vado oltre il testo. Gesù si fa portare un denaro. Forse che non lo conoscesse? Vuole che leggano l'iscrizione. Un po' fantasticando arrivo a pensare che volesse renderli consapevoli di quanto fosse dissacrante quella iscrizione che raccontava di un potere che, preso da delirio di onnipotenza, aveva a tal punto sconfinato da usurpare il nome di Dio: su un lato del denaro l'iscrizione era "Tiberio Cesare figlio Augusto del divino Augusto"; sull'altro: "Pontefice Massimo". Una autorità che si dà nome di Dio, che la fa da dio, ti chiede di inginocchiarti. Ebbene ogni volta che un'autorità - non importa quale sia il colore o la sfera in cui opera - si propone come un Assoluto, tu sei chiamato in nome di Dio a resistere. Ogni volta che invade presuntuosamente ogni campo nel tentativo di orchestrare il consenso, sino a soggiogare i pensieri e le coscienze, tu sei chiamato in nome di Dio a resistere.

Tu non ti vendi. Al di là delle interpretazioni storiografiche del brano, colpiva oggi nel racconto del libro dei Maccabei la reazione di coloro che mettono la giustizia e il diritto prima dell'obbedienza al comando di un re: "Il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re. Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi con i loro figli, le loro mogli e il bestiame, perché si erano inaspriti i mali sopra di loro". Adeguarsi o resistere? E non saranno anche oggi necessari, preziosi, i deserti? Luoghi lontani dal chiasso mediatico, cenacoli di pensiero e di resistenza? Ritorno al tributo e alla domanda di Gesù: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?".

Noi viviamo nella civiltà della scrittura e delle immagini con l'ossessione di scrivere il nome ovunque; perché, se non sei scritto, non esisti. E allora, a questo proposito, vorrei andare ad alcune parole imperdibili della Bibbia. A proposito di nomi, dove vorresti fosse scritto il tuo nome? Il giorno in cui i settantadue discepoli rientrarono dalla loro prima missione, esaltati per il fatto che i demoni si sottomettevano al loro potere, Gesù disse loro: "Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli" ( Lc 10, 20). Voi mi capite, non c'è confronto!

E poi ancora a proposito di nomi. Ognuno ha il suo, nel senso che nessuno è, o dovrebbe essere, un innominato. Ognuno, con il suo nome, vera immagine di Dio. Non è forse scritto che Dio, l'uomo e la donna, li creò a sua immagine? Sei una cosa preziosa dunque e non lo sei per il numero dei giorni, per il posto che occupi, per il colore della tua pelle, per i beni che possiedi, o per quant'altro. Ma perché anche a te è stata data una pietruzza bianca. E' scritto nel libro dell'Apocalisse: "Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince io darò da mangiare della manna nascosta; e gli darò una pietruzza bianca, e sulla pietruzza sta scritto un nuovo nome che nessuno conosce, se non colui che lo riceve" (Ap 2,17).

Non invadere, sosta alla pietruzza bianca.

 

Lettura del primo libro dei Maccabei - 1Mac 1, 10. 41-42; 2, 29-38

In quei giorni. Uscì dagli ufficiali di Alessandro una radice perversa, Antìoco Epìfane, figlio del re Antìoco, che era stato ostaggio a Roma, e cominciò a regnare nell'anno centotrentasette del regno dei Greci. Il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re. Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi con i loro figli, le loro mogli e il bestiame, perché si erano inaspriti i mali sopra di loro. Fu riferito agli uomini del re e alle milizie, che stavano a Gerusalemme, nella Città di Davide, che laggiù, in luoghi nascosti del deserto, si erano raccolti uomini che avevano infranto l'editto del re. Molti corsero a inseguirli, li raggiunsero, si accamparono di fronte a loro e si prepararono a dare battaglia in giorno di sabato. Dicevano loro: "Ora basta! Uscite, obbedite ai comandi del re e avrete salva la vita". Ma quelli risposero: "Non usciremo, né seguiremo gli ordini del re, profanando il giorno del sabato". Quelli si precipitarono all'assalto contro di loro. Ma essi non risposero loro, né lanciarono pietre, né ostruirono i nascondigli, dichiarando: "Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la terra che ci fate morire ingiustamente". Così quelli si lanciarono contro di loro in battaglia di sabato, ed essi morirono con le mogli e i figli e il loro bestiame, in numero di circa mille persone.

Sal 118 (119)

Dammi vita, Signore, e osserverò la tua parola. Mi ha invaso il furore contro i malvagi che abbandonano la tua legge. I lacci dei malvagi mi hanno avvolto: non ho dimenticato la tua legge. R Riscattami dall'oppressione dell'uomo e osserverò i tuoi precetti. Si avvicinano quelli che seguono il male: sono lontani dalla tua legge. R Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo, perché non osservano la tua promessa. Vedi che io amo i tuoi precetti: Signore, secondo il tuo amore dammi vita. R

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 6, 10-18

Fratelli, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi.

Lettura del Vangelo secondo Marco - Mc 12,13-17

In quel tempo. I sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?". Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: "Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo". Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". Gli risposero: "Di Cesare". Gesù disse loro: "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio". E rimasero ammirati di lui.

 

 


 
stampa il testo
salva in  formato rtf
Segnala questa pagina ad un amico
scrivi il suo indirizzo e-mail:
 
         
     

 
torna alla home