la parola della domenica
Anno
liturgico C
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7,48-57 Penso che nessuno di noi sfugga a un senso di emozione ogni volta che nella preghiera di Gesù, in vigilia di crocifissione, sosta alle parole: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola". Che i suoi occhi valichino millenni e mari e terre, e raggiungano noi, ci fa brivido. Che aggiunga alla sua preghiera uno piccolo, indebolito, distante dalle sue parole, come me, fa brivido di emozione, di commozione. Voi mi capite, come sentissimo i suoi occhi sfiorare la nostra pelle. E non è una fantasticheria: "Prego per quelli che crederanno in me". Per questo siamo qui oggi: per i suoi occhi perduti in noi e alzati. Due parole oggi corrono a perdifiato nel piccolo brano del vangelo, sino ad abbracciarsi: la parola "gloria" e la parola "unità". Oggi vorrei sostare sulla prima, lasciandomi il desiderio di sforare l'altra, "unità", nella festa della santissima Trinità. Dunque la gloria. L'hanno sentito pregare così: "La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità". La gloria. "Gloria" è tra le parole che abbiamo maggiormente sporcato. L'abbiamo venduta a significati scoloriti o addirittura osceni. Ebbene la parola sulle labbra di Gesù riprende il suo colore, la sua luce. A che cosa Gesù sposava la parola gloria? Molti di noi ricordano che un giorno, sul monte, sposò la parola gloria alla luce. Forse ricordava quell'atto - quasi un rito - di sua madre che, all'imbrunire, accendeva una lampada nella casa e la poneva in alto. Disse ai discepoli che lo ascoltavano: "Né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5, 15-16). Sposò la "gloria a Dio" alla luce delle opere belle. Pensate a quante cose noi abbiamo dato il nome di "gloria di Dio", tutto a fin di bene, "ad maiorem Dei gloriam", per la maggior gloria di Dio. Nel pensiero passano parole declamate come gloria di Dio, gesti intrapresi per dar gloria a Dio! Così distanti dall'essere opere buone e belle! "Vedano le vostre opere belle". Ma faccio ritorno alle preghiera di Gesù nella notte. Così prega il Padre, dice: "La gloria che tu hai dato a me io l'ho data loro". Ma quale gloria se è all'ultima sua cena, in vigilia di croce, con uno che, tradendolo con un bacio, lo consegnerà ai suoi oppositori? Dio gli ha dato gloria? E dov'è tutta questa gloria? Ebbene, c'è un episodio nel vangelo di Giovanni, capitato proprio pochi giorni prima di quella cena, a mio avviso luminoso nella nostra ricerca del vero significato di gloria, luminoso e, insieme, struggente. Alcuni greci, saliti per la Pasqua a Gerusalemme, si erano avvicinati a Filippo. Gli avevano detto: "Vogliamo vedere Gesù". Al sentirselo chiedere, Gesù rispose: "È giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto". Voi mi capite, la gloria, sposata all'avventura di un chicco di grano. Allora gloria non è fare carriera, ottenere palchi, avere applausi, far parlare di sé, guadagnare titoli sui giornali o sigle da premettere ai nomi. La gloria sta nella piccola parabola del seme, nella sua storia silenziosa, storia di un chicco di grano caduto in terra. Caduto in terra, ma in promessa di germinazione fuori dalla terra. Giovedì abbiamo celebrato l'ascensione di Gesù al cielo e la lettera agli Efesini ce ne dava il senso con queste parole: "Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose". C'è da stropicciarsi gli occhi: la gloria sposata non alla ascesa, ma alla discesa, "la gloria che ti ho data". E disceso sino a lavare i nostri piedi, disceso sino a stare, con la sua morte di croce, nella invisibilità della terra. Luminosa la parola gloria perché, nella sua essenza evangelica, parla di passione di scendere per amore, ma - vi dicevo - parola anche struggente, perché il prezzo di questo scendere è alto, perché fare della passione per gli altri la propria gloria, perdere tempo e cuore per gli altri, giorno dopo giorno, non è senza prove, e volte laceranti, non è senza turbamenti. Fa pensare il fatto che, proprio dopo aver evocato la parabola del chicco di grano, Gesù abbia detto: "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!". Cadere nella terra non fu senza turbamento. Ma fu la nostra benedizione. La mente mi corre a Gesù e, insieme a lui, a una moltitudine di chicchi silenziosi che ogni giorno si spendono per gli altri. Sono fonte di benedizione. Per questa terra. E' scivolata via, un po' silenziosa, la festa dell'ascensione di Gesù. Ebbene, nel suo racconto, Luca parla di un Gesù che, portato in alto, alza le mani a benedire. Così commenta José Antonio Pagola, teologo biblista spagnolo: "È il suo ultimo gesto. Gesù entra nel mistero insondabile di Dio e i suoi seguaci restano avvolti dalla sua benedizione. Da tempo ormai l'abbiamo dimenticato, ma la Chiesa deve essere nel mondo una fonte di benedizione. In un mondo in cui è tanto frequente "maledire", condannare, far del male e denigrare, è più che mai necessaria la presenza di seguaci di Gesù che sappiano "benedire", cercare il bene, fare il bene, attrarre al bene. Una Chiesa fedele a Gesù è chiamata a sorprendere la società con gesti pubblici di bontà, rompendo schemi e prendendo le distanze da strategie, stili di azione e linguaggi aggressivi che nulla hanno a che vedere con Gesù, il Profeta che benediceva le genti con gesti e parole di bontà."
Lettura degli Atti degli Apostoli - At 7, 48-57 In quei giorni. Stefano disse: "L'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono e la terra sgabello dei miei piedi. Quale casa potrete costruirmi, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo? Non è forse la mia mano che ha creato tutte queste cose?". Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l'avete osservata". All'udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano. Ma egli, pieno di Spirito Santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: "Ecco, contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio". Allora, gridando a gran voce, si turarono gli orecchi e si scagliarono tutti insieme contro di lui. Sal 26 (27) Nella casa del Signore contempleremo il suo volto. Oppure Alleluia, alleluia, alleluia. Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? R Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario. R Ascolta, Signore, la mia voce. Io grido: abbi pietà di me, rispondimi! Il mio cuore ripete il tuo invito: "Cercate il mio volto!". Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto. R Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 1,17-23 Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l'efficacia della sua forza e del suo vigore. Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro. "Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi" e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose. Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 17,1b.20-26 In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me. Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".
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