Penso
che voi perdoniate le mie sconnessioni di questa sera, dovute
oltre che alla mia età anche all'emozione di rivedervi.
Stiamo celebrando un'eucaristia e il ringraziamento va in primis
a Dio per la parola e per il pane, che ha sostenuto e sostiene
il mio, il nostro cammino. Ma anche a voi. A Don Giuseppe e a
tutti voi, parte del mio cammino, anche voi parola e pane del
mio camino.
Mi
rivedo bambino di nove o dieci anni uscire di casa presto al mattino,
girare l'angolo di via Plinio e prendere per via Noë, verso
la chiesa di S. Giovanni in Laterano, dove ero atteso come chierichetto
per la prima Messa del mattino. Ad attendermi preti dalla lunga
talare nera e un sagrestano, l'Enrico, che, anche quando nel servizio
mi capitava di sbagliare, mi guardava con occhi affettuosi.
Delle
Messe che allora andavo a servire, mi è rimasto stampato
nella memoria, l'incipit di un dialogo tra prete e chierichetto
in latino, ai piedi dell'altare, allora saldamente ancorato alla
parete dell'abside.
"Introibo
ad altare Dei" diceva il vecchio parroco chino al'altare, mentre
io in ginocchio, un po' timoroso agli inizi, sbirciando in su gli
rispondevo: "Ad Deum qui laetificat juventutem meam".
"Mi accosterò all'altare di Dio, al Dio che rallegra
la mia giovinezza"
Mi
sorprendeva allora che quelle parole fossero in dialogo con il mio
vecchio parroco, che, dopo tutto, mi dava proprio l'impressione
di attribuirsele. Di attribuirsi la giovinezza e la gioia. Come
dono che gli veniva a ottant'anni dall'alto.
Oggi
sono qui a chiedermi se la mia fede è legata a giovinezza,
alla novità, al rinnovarsi, al "non codificato"
e se, nel caso mi rivenisse proposto quel sussurro di dialogo in
latino, la risposta "A Dio che fa lieta la mia giovinezza",
non sarebbe di menzogna. Per mancata corrispondenza alla realtà
della mia vita. Oggi quel vecchio prete sono io. Oggi sono qui a
chiedermi dove sono i segni della giovinezza e della gioia nella
mia vita. Oggi che ho svoltato l'angolo e sono ottant'anni.
C'è
una religione del codificato e una religione della giovinezza. Una
contrapposizione che ritroviamo nel brano di vangelo che insieme
questa sera abbiamo ascoltato.
Le
parole di Gesù, che questa sera abbiamo ascoltato, sono dentro
un contesto, che è opportuno, a mio avviso, richiamare. Sono
parole di replica. A chi? A un gruppo di dirigenti, dirigenti giudei.
E' scritto infatti: "Per questo i dirigenti Giudei cominciarono
a perseguitarlo, perché compiva tali cose in giorno di riposo".
Che
cosa aveva mai fatto Gesù? Là, alla porta delle Pecore,
là sotto i portici dove si radunava una gran folla di infermi,
ciechi, zoppi, paralitici in attesa che l'acqua miracolosamente
ribollisse per esservi immersi e guarire, aveva intravisto un povero
diavolo, malato da trentotto anni che non aveva mai avuto la fortuna
di avere qualcuno che lo immergesse per primo nell'acqua, sempre
superato da un altro. E Gesù preso da compassione aveva detto
a quell'uomo sconsolato: "Alzati prendi la barella e cammina"
E all'istante quell'uomo guarì, prese la barella e cominciò
a camminare. Quel gesto attestava la sua appartenenza a Dio. Non
aveva forse letto Gesù nelle Scritture Sacre che Dio fa camminare,
che Dio rialza chi è caduto, che Dio ha occhi per coloro
che nessuno difende? Ebbene Gesù fissava gli occhi sul Padre
e faceva quello che fa il Padre.
Come
se ci fosse uno specchiamento perfetto tra Padre e Figlio. Potremmo
dire che Gesù rivendica che l'immagine, l'unica vera di Dio,
è in consonanza perfetta con quel gesto che lui ha fatto
di sollevare quell'uomo in giorno di sabato, in giorno di riposo.
E se loro gridano alla scandalo è perché hanno una
immagine distorta di Dio: per loro Dio è il Dio delle codificazioni,
il Dio da imbonire con le nostre osservanze, un Dio padrone da servire
come schiavi, il Dio padrone.
Il
Dio che Gesù predica, e non solo a parole ma con quello che
fa, è un Dio non padrone, ma padre, un Dio che ha cuore per
ognuno di noi. Ha cuore e si appassiona soprattutto per le categorie
più deboli dell'umanità. Ricordate? Il Dio. difensore
degli orfani, delle vedove, dello straniero. Invece loro pensano
a un Dio dei precetti, per il quale le regole valgono più
della vita, più della vita di un uomo o di una donna.
"Ma
leggete le Scritture" sembra dire Gesù "leggetele:
se Dio è il difensore dei poveri, se Dio ai riti preferisce
la cura dei deboli, come fate a menar scandalo su di me, che non
faccio altro che realizzare le opere che lui, come padre vuole,
queste!
Se
voi mi chiedeste: dopo ottanta anni che cosa rimane? Anche per quanto
riguarda la fede, tante cose, tante complicazioni inutili sono evaporate.
Che cosa rimane?
"Guardate
a lui" diceva oggi il salmo "e sarete raggianti".
Guardate a Gesù, a lui, lui continua le opere del Padre.
Facciamo come lui e sulla terra saranno prolungate le sue opere,
quelle del Padre.
Perché
proprio qui sta la sorpresa: che tu sei invitato a guardare Dio
e di che cosa ti accorgi? Che lui guarda questa nostra umanità
e ti riconduce con gli occhi alla umanità. "Gli occhi
del Signore" continuava il salmo "sui giusti, i suoi orecchi
al loro grido di aiuto Gridano al Signore ed egli li ascolta. Il
Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, egli salva gli
spiriti affranti, molti sono i mali dei giusti ma da tutti li libera
il Signore". E dunque i tuoi occhi come quelli di Dio, di Gesù,
i tuoi orecchi come quelli di Dio, di Gesù. Forse potremmo
continuare pensando ai piedi e alla mani di Gesù. Le tue
mani? Come quelle di Gesù, I tuoi pied? Come quelli di Gesù.
Anche
a ottant'anni, io penso,non avremo finito di chiederci questo: dove
vanno i miei occhi, dove i miei orecchi, dove le mie mani e i miei
piedi? Il mio cuore? Dove andavano quelli di Gesù? Mi viene
da dire che saremo giovani fin quando sapremo chiederci questo.
|