la parola della domenica

 

Anno liturgico B


omelia di don Angelo nella settima Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


7 luglio 2024



 

 

Gs 10, 6-15
Sal 19
Rm 8,31b-39
Gv 16,33 - 17,3

Ci vuole un'arte, una capacità di esegesi che non mi appartiene per comporre in armonia letture che oggi mi suonano così lontane, libro di Giosuè e Vangelo di Giovanni. La mia debole misura è il motivo per cui lascio il commento al brano di Giosuè, non senza però avervi confidato che faccio fatica a pensare a un Dio che con una grandinata di pietre ne uccide di più di quanti gli israeliti hanno passato a fil di spada, un Dio che allunga le ore della giornata perché lo sterminio sia senza esclusioni. Che il sole si fermi e la luna rimanga immobile per portare a termine una vendetta, mi lascia con il cuore sgomento. Dio combatte? Dipende, potremmo forse dire che combatte per le cause giuste e invita pure noi a combattere per le cause giuste, ma in questo orizzonte il verbo combattere rifugge da ogni, pur minima, ombra di violenza, crudeltà, disumanità.

Le cause giuste si difendono senza oscuramenti di umanità, al contrario accendendo umanità. Dare a Dio l'immagine del Dio violento è come tradire la Bibbia nella sua anima più profonda, l'anima - oserei dire - più antica, l'acqua sorgiva che può perdere di lucentezza o essere inquinata nel migrare dei giorni, incrostandosi di tradizioni di uomini. Gesù direbbe: "Così avete annullato la parola di Dio con la vostra tradizione". L'acqua, che i Maestri nell'ebraismo cercano di salvare da false derive con il gorgogliare delle loro interpretazioni. Annullare la parola: il pericolo è sull'uscio, il pericolo che la parola subisca abuso, distorsione, perda la bellezza, venga derubata; di qui lo spettacolo della volgarità. Fate sosta sulle parole. All'apertura della cinquantesima settimana sociale dei cattolici, ricordando con commozione Satnam Singh, il card, Zuppi diceva: "la sua vicenda è un monito che svela l'ipocrisia di tante parole che purtroppo rimangono tali e, quindi, beffarde".

Oggi Gesù, nel breve brano che abbiamo letto, sfiora tre parole che nel tempo hanno subito contorsioni. Vorrei fare sosta per difenderle dall'abuso. Eccole: "potere, vittoria, gloria". E vorrei invitarvi a un raffronto: pensate come cambino di colore queste tre parole "potere, vittoria, gloria", se le collocate nel contesto bellico della lettura dal libro di Giosuè o se le evocate nella sala al piano superiore, la sala dell'ultima cena, poche ore prima di un arresto. E che cosa è "potere e vittoria e gloria", se mi interrogo su di loro in vigilia di una morte per crocifissione? Ed è sorpresa: come se Gesù soffiasse su parole, soffocate da pesantezza di cenere, e restituisse loro bellezza.

La parola "potere". Gesù si rivolge al Padre e, parlando di sé, dice: "Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato". Pensate un potere per dare vita, di più, una vita che ha un futuro. Conoscere un Dio che è Padre e conoscere Gesù come il Figlio che ha messo la tenda tra di noi è come affacciarci a una finestra e respirare. Un Dio - e questo è di una lucentezza assoluta - cui sta a cuore la vita di ogni essere umano, e sente ogni essere vivente affidato alle sue mani, alla sua cura. Questo è il progetto che pulsa nella mente di Dio e nelle vene del mondo, dall'in principio, e quindi al di là di ogni differenza di etnia, religione, cultura.

Il potere: dare vita; non la sottomissione o l'imbrigliamento, sarebbe una menzogna su Dio, la menzogna del Maligno. Non un potere che ti china, ma un potere che si china e ti rialza. Restituiamo bellezza alla parola potere. E anche alla parola "vincere". Vogliamo riascoltarla dalle labbra di Gesù nella notte dell'ultima cena. Diceva ai discepoli: "Abbiate pace in me… Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo". Ed era in vigilia di croce. Puoi morire di croce e dire di aver vinto: la tua anima ha resistito al male del mondo, all'abbraccio mortifero degli egoismi, alle ipocrisie, alle meschinità, alle vanità, ai deliri di onnipotenza. Lui aveva vinto il mondo. Loro lo guardavano: un altro mondo aveva abitato i suoi occhi, il suo spirito. E proprio di quello spirito avrebbe fatto dono loro, per non venir meno nelle tribolazioni, per avere pace in lui. Le potenze del male possono sì uccidere il corpo, ma non possono uccidere l'anima né possono soffocare il sogno che, nonostante, tutto attraversa terre e generazioni dall'in principio: quello di dare vita, in tutti i sensi.

Dare vita, anche oggi. Anche oggi dovremmo dare spazio a questo vento creatore: è urgente, là dove la vita è sottostimata, svilita, offesa, soffocata, là dove, se avessimo gli occhi di Gesù, dovremmo chiederci se quella è vita o non è semplicemente disumanità. L'amore che vince la morte. Solo così daremo lucentezza alla parola "vincere". E sfioro la parola "gloria": "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te". La gloria di cui parla Gesù non ha nulla a che vedere con i troni, con i deliri dell'io, con l'ostentazione. Ha a che fare con una croce. Che racconta una esistenza, quella di Gesù, attraversata da quest'unico anelito: portare vita, portare amore, portare libertà.

Questa è gloria, lo si riconosca o no, la gloria su cui il Padre mette il suo sigillo: la gloria è sposata all'amore. La vera gloria è legata alle pratiche dell'amore. E per le pratiche dell'amore, un bene nascosto, ha ringraziato, a nome di tutti noi, il Card. Zuppi nella sua prolusione: "Grazie" disse "a chi svolge umilmente, secondo le proprie possibilità e scelte, "un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (Costituzione, art. 4). È così che si costruiscono inclusione e convivenza, si vincono i pessimismi, si sconfiggono le furbizie che piegano a interesse privato il bene pubblico". Così ridiamo lucentezza alla parola "gloria": la mia gloria non è farti chinare, è chinarmi e rialzarti.

 

Lettura del libro di Giosuè - Gs 10, 6-15

In quei giorni. Gli uomini di Gàbaon inviarono questa richiesta a Giosuè, all'accampamento di Gàlgala: "Da' una mano ai tuoi servi! Vieni presto da noi a salvarci e aiutaci, perché si sono alleati contro di noi tutti i re degli Amorrei, che abitano le montagne". Allora Giosuè salì da Gàlgala con tutto l'esercito e i prodi guerrieri, e il Signore gli disse: "Non aver paura di loro, perché li consegno in mano tua: nessuno di loro resisterà davanti a te". Giosuè piombò su di loro all'improvviso, avendo marciato tutta la notte da Gàlgala. Il Signore li disperse davanti a Israele e inflisse loro una grande sconfitta a Gàbaon, li inseguì sulla via della salita di Bet-Oron e li batté fino ad Azekà e a Makkedà. Mentre essi fuggivano dinanzi a Israele ed erano alla discesa di Bet-Oron, il Signore lanciò dal cielo su di loro come grosse pietre fino ad Azekà e molti morirono. Morirono per le pietre della grandine più di quanti ne avessero uccisi gli Israeliti con la spada. Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse alla presenza d'Israele: "Férmati, sole, su Gàbaon, luna, sulla valle di Àialon". Si fermò il sole e la luna rimase immobile finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non è forse scritto nel libro del Giusto? Stette fermo il sole nel mezzo del cielo, non corse al tramonto un giorno intero. Né prima né poi vi fu giorno come quello, in cui il Signore ascoltò la voce d'un uomo, perché il Signore combatteva per Israele. Giosuè e tutto Israele ritornarono verso l'accampamento di Gàlgala.

Sal 19 (20)

Il Signore dà vittoria al suo consacrato. Ti risponda il Signore nel giorno dell'angoscia, ti protegga il nome del Dio di Giacobbe. Ti mandi l'aiuto dal suo santuario e dall'alto di Sion ti sostenga. R Ti conceda ciò che il tuo cuore desidera adempia ogni tuo progetto. Esulteremo per la tua vittoria, nel nome del nostro Dio alzeremo i nostri vessilli: adempia il Signore tutte le tue richieste. R Ora so che il Signore dà vittoria al suo consacrato, gli risponde dal suo cielo santo con la forza vittoriosa della sua destra. R Chi fa affidamento sui carri, chi sui cavalli: noi invochiamo il nome del Signore, nostro Dio. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi. R

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 8, 31b-39

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: "Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello". Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 16, 33 - 17, 3

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: "Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo! ". Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo".

 

 


 
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