la parola della domenica

 

Anno liturgico B


omelia di don Angelo nella sesta Domenica dopo il martirio del Precursore
secondo il rito ambrosiano


6 ottobre 2024



 

 

Is 45, 20-24a
Sal 64
Ef 2,5c-13
Mt 20,1-16

Leggiamo la pagina di Isaia, ed è come se Dio volesse essere messo a confronto con gli altri dei, gli idoli: e quanti sono anche oggi! "Pezzi di legno cui vi aggrappate" dice Dio "ma vi salvano?". Il confronto è con un Dio che al contrario è vivente, ha un'anima, ha passione, è nella storia; lui al contrario non ci rende schiavi, ci porta, ci sospinge, vive sotto tenda con noi, in cammino. Alla fine ci dovrebbe venire spontaneo dirgli: "Ma tu sei unico!". Che è espressione che usiamo quando siamo ammirati e incantati a tanta bellezza: "Un altro così dove lo trovi?". E la domanda mi ribatte in cuore leggendo la parabola di Matteo: Dio è unico anche in un altro senso; unico, speciale, nel suo modo di essere. Unico Gesù che racconta una parabola del genere, splendida ma anche irritante, e non solo per gli ascoltatori del suo tempo, anche per i lettori di oggi.

La cosa più irritane sembra la paga, la stessa paga data a quelli della prima ora e a quelli dell'ultima. Se ben ci pensate, i primi non ce l'hanno con il padrone per l'entità della paga ricevuta, ma per il sovrappiù della paga data agli altri. "Se le cose stanno così" sembrano dire "come la mettiamo con il merito?". Uno merita di più, uno di meno. In effetti la parabola sgretola tutto un castello costruito fuori misura, il castello dei meriti. E basta un'immagine a metterlo in questione: arrivano gli ultimi e, a sorpresa, ricevono quanto i primi. Arriverà, in un venerdì di crocifissione, buio come la pece, un ladrone, all'ultima ora, e sorpresa: "Oggi sarai con me nel paradiso". Il Dio della sorpresa, unico nel suo modo di fare e di pensare: tu immagini una direzione e lui va nell'altra. Se ci pensate, cambia strada per andare nella smisuratezza. Cosa che a noi solitamente non riesce, se non forse a piccoli passi. E a piccoli passi vorrei ora addentrarmi nella parabola, di cui forse abbiamo sfiorato l'anima profonda. che sta in questa incredibile folle smisuratezza.

Da subito nella parabola a colpirci è un verbo, il primo verbo del padrone della vigna, il verbo si ripete, il verbo "uscire": "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna". Dio esce. E uscì cinque volte quel giorno: all'alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio, persino alle cinque. Voi mi capite, la sua vita segnata luminosamente dall'uscire - instancabile Dio! -. "Uscire" il suo verbo che ha colore di andare verso l'altro, verso gli altri. Ha colore di amare. Lo fa uscire certo l'amore per la vigna, che nei testi sacri è figura del popolo di Dio: "Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?" (Is 5,4). La vigna è figura anche della terra: non l'ha forse data Dio all'uomo e alla donna da custodire e coltivare, alla sua prima uscita della creazione? Dio esce: per passione esce. Esce anche per passione per la terra. Il padrone della vigna - mi sembra di poter dire - esce anche spinto da passione per quella piazza: per lui è la piazza dell'attesa, dove ai vignaioli la ricerca del lavoro gliela leggi fin negli occhi, il lavoro dà dignità, dà sostentamento. Come se la delusione di quegli occhi non lo abbandonasse ed esce cinque volte. La quinta volta - lo dobbiamo pur dire - ingaggiando a quell'ora operai ci avrebbe solo rimesso. Ma era come se non gli interessasse.

Quasi gli interessasse - e qui è la follia, in questo è unico - che quei vignaioli uscissero da una condizione frustrante, deprimente: a volte ci si può persino arrendere per avvilimento. Sconcertante come il problema si ripresenti in tutta la sua gravità ai nostri giorni. Ebbene il padrone della vigna insegna: è uno che conosce frequenta la piazza, la piazza dell'attesa, un'attesa che spesso fa rima con disperazione. Cosi diverso da coloro che conoscono e frequentano solo la piazza del guadagno. Lui che alla fine ci avrebbe guadagnato poco niente, anzi niente. Dunque scriteriato secondo i vecchi criteri. A ben pensarci siamo al seguito di un Dio, di un Maestro, scriteriato, perché come criterio ha l'amore, il bene dell'altro; e l'amore, il bene dell'altro, un grumo di follia se lo porta, quasi impigliato, con sé. Ce lo siamo detti più volte. E' quello che non capiscono o faticano a capire gli operai delle prime ore.

Un denaro per una famiglia era il minimo per campare un giorno. Non devi vivere solo tu. Devono vivere tutti. C'è qualcuno per grazia che ha passione che vivano tutti. Non sta dunque nel pensiero di Dio una società dove una categoria accumula e gli altri si arrangino. La parabola sembra dunque invitare ad avere occhi per ciò che vive dietro un viso: nel nostro caso dietro il viso del vignaiolo. Dietro ogni viso una storia, c'è una casa o forse non c'è, c'è una famiglia e come sarà, ci sono figli o forse anziani, c'è salute o malattia, ci sono risorse o ci sono quattro stracci, si arriva a sera o non si arriva a sera. E, dico, non solo con i beni, anche con la fiducia: si arriva a sera con la fiducia o non si arriva a sera? Mi chiedo se non bisogna un po' capovolgere il mondo e Imparare dal padrone della vigna: imparare a fare nostra la sua attenzione, la sua sensibilità, la sua visione che va oltre il recinto.

Ricordo come mi abbia colpito anni fa una norma del Deuteronomio, Primo Testamento, che riguarda la procedura del pegno, là dove si dice: "Se quell'uomo è povero non andrai a dormire con il suo pegno, dovrai assolutamente restituirgli il pegno al tramonto del sole perché egli possa dormire con il suo mantello e benedirti. Questo ti sarà contato come una cosa giusta agli occhi del Signore tuo Dio".

 

Lettura del profeta Isaia - Is 45, 20-24a

Così dice il Signore Dio: "Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non comprendono quelli che portano un loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare. Raccontate, presentate le prove, consigliatevi pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo e chi l'ha raccontato fin da allora? Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c'è altro dio; un dio giusto e salvatore non c'è all'infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n'è altri. Lo giuro su me stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una parola che non torna indietro: davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua. Si dirà: "Solo nel Signore si trovano giustizia e potenza!"".

Sal 64 (65)

Mostraci, Signore, la tua misericordia. Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti. A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. R Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti. Beato chi hai scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. R Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacre del tuo tempio. Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza. R

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 2, 5c-13

Fratelli, per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d'uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 20, 1-16

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi".

 

 


 
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