la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella quinta Domenica di Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


10 luglio 2022



 

 

Gen 18,1-2a.16-33
Sal 27
Rm 4,16-25
Lc 13,23-29

Passava per città e villaggi ed era in cammino verso Gerusalemme, quando un tale, un "senza nome", gli pose la domanda sulla salvezza: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Un "senza nome". Ma, perdonate, era un rappresentante di categoria. E infatti Gesù non risponde con un singolare, "tu". Risponde con un plurale, "voi". Disse loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno". Usava il "voi". Voi, "rimasti fuori". Voi, "non so di dove siete". Parole dure. E tutto per quella domanda. Che poteva anche sembrare intrigante: infine chiedeva conto della "salvezza". Ma era una domanda sulla pelle degli altri e non sulla propria pelle. Loro e la salvezza erano di casa.

E poi la supposizione dei "pochi", quasi una restrizione. Se ripercorri le parole di Gesù hai proprio l'impressione che quasi non li sopportasse. E' diretto, duro nei loro confronti. Uno scontro era avvenuto poco prima e forse Gesù ne portava ancora una sensazione amara nel cuore. Era avvenuto in una sinagoga. E aveva dell'incredibile. Sentite; e ditemi se non c'era da indignarsi con la categoria. Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei liberata dalla tua malattia". Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.

Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato". Ma li vedete quelli che si salvano o, meglio, presumono di salvarsi, perché onorano il sabato! E tutta quella diatriba - pensate - per un rabbi che raddrizzava una donna curva da diciotto anni! Ma lui era venuto per raddrizzare i curvati, coloro che se ne andavano capo basso, curvati per eccesso di pesi e prescrizioni. E loro ad aggiungere pesi e prescrizioni, quando il passaporto per "entrare" non era certo aver partecipato a predicazioni o a riti. "Voi fuori!". Il passaporto era ben altro: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!".

Succede quando sul passaporto manca "operatore di giustizia", o "raddrizzatore di curvati". E sul mio? E nella requisitoria di Gesù ecco spuntare il nome di Abramo. Gesù disse loro, a quelli della categoria: "Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio". Voi mi capite, altro che pochi - "sono pochi quelli che si salvano?" -. Se il criterio per entrare è un altro, se non è l'osservanza di pratiche ma praticare la giustizia, si allarga il mondo dei salvati: "Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno".

Entreranno! Bellissimo! Bellissimo per chi ha occhi che sognano, che sconfinano, per chi ha negli occhi il paese di Dio. Loro pensavano e rivendicavano di essere discendenza di Abramo, di essere del paese di Abramo. Abramo chi? Oggi abbiamo ascoltato la preghiera di Abramo, accorata e tenera, per Sodoma e Gomorra: gli stava a cuore la sorte di Sodoma e Gomorra. Voi mi capite, non era del paese di quelli che usano il "noi" in modo ristretto ed esclusivo. Quello di Abramo era un "noi" plurale. Allargato a tutte le genti. Sodoma e Gomorra era come se le sentisse gente sua! Lasciatemi fantasticare: quel "tenere a cuore le moltitudini" non glielo aveva forse messo in cuore Dio con la sua promessa? Quella di una discendenza non ristretta, ma numerosissima, a sconfinare? Non è forse vero che una notte, in cui il cuore ad Abramo tremava per ritardo di nascite, Dio lo aveva portato fuori la tenda?

E' scritto: "Poi lo condusse fuori e gli disse: "Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle" e soggiunse: "Tale sarà la tua discendenza (Gen 15,5). E poi Dio non gli aveva forse cambiato nome? "Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni" (Gen 17, 5-6). Diventare nazioni è una vocazione. Abramo la sentiva come sua, affidatagli da Dio. E per questo non poteva non trattare con Dio per Sodoma e Gomorra, tirando al ribasso il prezzo sui giusti, come condizione di salvezza. Fino a dieci: "Forse là se ne troveranno dieci?". Dieci giusti per salvare le città destinata ad ardere come fuoco, a impallidire come cenere.

Mi sono detto, essere discendenza di Abramo, "il nostro padre Abramo", allora significa essere donne e uomini cui stanno a cuore non i pochi ma le moltitudini, essere donne e uomini del plurale, non di un popolo solo, non di una fede sola, non di una cultura sola. Non dei pochi, ma delle moltitudini. Che cosa significhi nella vita, non è sempre così facile e immediato da capire, soprattutto in situazioni complesse. Ma tenere nel cuore il sogno e non lasciarcelo strappare è troppo importante, per noi e per questa terra che amiamo. Io oggi vorrei pregare con voi. Per i giorni in cui, come ad Abramo, questa proposta sembra quasi irreale, impossibile. Vorrei pregare Dio che ci porti fuori nella notte, fuori della tenda. Nel silenzio ad ascoltare le stelle che rimandano la voce: "Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza". La tua, la mia. Guarda le stelle, non rimpicciolire, allarga: non l'angustia, ma lo straripamento; non la restrizione, ma l'espansione. Diventerai nazioni. Al plurale. Ebbene non finiscono di risuonarmi le parole.

Come avessimo nel sangue vocazioni: essere raddrizzatori di curvati, diventare nazioni.

 

Lettura del libro della Genesi - Gen 18,1-2a.16-33

In quei giorni. Il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Quegli uomini andarono a contemplare Sòdoma dall'alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. Il Signore diceva: "Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso". Disse allora il Signore: "Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!". Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. Abramo gli si avvicinò e gli disse: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?". Rispose il Signore: "Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo". Abramo riprese e disse: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?". Rispose: "Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque". Abramo riprese ancora a parlargli e disse: "Forse là se ne troveranno quaranta". Rispose: "Non lo farò, per riguardo a quei quaranta". Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta". Rispose: "Non lo farò, se ve ne troverò trenta". Riprese: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei venti". Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei dieci". Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

Sal 27 (28)

Signore, ascolta la voce della mia supplica. Ascolta la voce della mia supplica, quando a te grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio. R Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia supplica. Il Signore è mia forza e mio scudo, in lui ha confidato il mio cuore. Mi ha dato aiuto: esulta il mio cuore, con il mio canto voglio rendergli grazie. R Forza è il Signore per il suo popolo, rifugio di salvezza per il suo consacrato. Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità, sii loro pastore e sostegno per sempre. R

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 4,16-25

Fratelli, eredi si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi - come sta scritto: "Ti ho costituito padre di molti popoli" - davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che non esistono. Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne "padre di molti popoli", come gli era stato detto: "Così sarà la tua discendenza". Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che gli fu accreditato, ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.

Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 13,23-29

In quel tempo. Un tale chiese al Signore Gesù: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Disse loro: "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio".

 

 


 
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