la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella quinta Domenica di Pasqua
secondo il rito ambrosiano


28 aprile 2024



 

 

At 7, 2-8.11-12a.17.20-22.30-34.36-42a.44-48a.51-54
Sal 117
1Cor 2, 6-12
Gv 17, 1b-11

E' da brivido leggere le parole ultime - sbaglio, non saranno mai ultime, ma sempre all'inizio - di Gesù e di Stefano in vigilia di essere uccisi per avere portata, sino all'estremo rischio, la missione loro affidata. Da brivido sarà stato forse per alcuni di voi riandare in questi giorni alle parole ultime, non ultime, di condannati a morte della Resistenza. Gli squarci sono a non finire, ma io vorrei fare sosta sulle ragioni della speranza e sulle ragioni della gloria. Una domanda mi bussa al cuore, è questa: come è possibile non rintracciare nelle loro parole un'ombra di sogno strappato, non il rammarico per una vita sprecata, non l'avvilimento per ideali avversati? Né Gesù né Stefano leggono, in quanto sta accadendo, una capitolazione, una resa, una fine, ma parlano al futuro.

Parlano a discendenze future, In vista di croce e di lapidazione non danno a croce e lapidazione nome di fine, ma di futuro. E il futuro nei loro occhi siamo anche noi. Ed è emozione. Come è possibile non disperare né dire parole disperate? Come non concludere - e lo si fa spesso - dicendo che così vanno le cose, e non ne vale la pena. Eppure Stefano riconosce che questa, della persecuzione, è stata la sorte dei profeti nella storia - "Quali dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato?" - ma, nonostante tutto, non tace la sua testimonianza per Gesù in faccia a coloro che lo avevano ucciso di croce, ucciso perché era il Messia dei tempi nuovi, e la sua era una parola libera e liberante, pericolosa per gli uomni delle ipocrisie e della menzogna? Come proteggere nel cuore una speranza così duramente sfidata? Proprio in questi giorni un'amica mi ha ricordato con quali parole evocasse la speranza uno dei più innovatori teologi del secolo scorso, Raimon Panikkar: "La speranza" diceva "é vedere l'invisibile nel visibile". Quasi un invito a leggere nel sottotraccia. Ebbene la preghiera di Gesù nella notte e il discorso in pieno giorno di Stefano - voi ve ne siete accorti - è un rileggere la storia.

Stefano rilegge la storia di Abramo, la storia di Mosè, la storia dei padri e vede un Dio che non abbandona, vede Gesù come il più grande segno di un Dio che non abbandona. Gesù a sua volta rilegge la sua vita e porta a svelamento la traccia che soggiace sin dall'origine. Riascoltiamo: "E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola". Si aprono esili fessure su Dio; e noi assistiamo, fiato sospeso. a questo raccontarsi tra Padre e Figlio in una intimità che ci sorprende e ci fa stupefatti. All'origine non sta dunque il caso, sta l'intimità, sta l'amore. E il Figlio mandato a rivelare questo, a svelare l'invisibile che soggiace a ogni cosa, a svelare il segreto più profondo di noi stessi, di ogni storia: che è amare.

E' ciò che ci fa vivere senza inaridire, senza scolorire, senza appassire. Il Figlio ha fatto conoscere il nome di Dio che non è terrore, ma intimità. Le storie si intrecciano: anche i discepoli, anche noi, chiamati a dar gloria con la nostra vita a questo nome di Dio, che è intimità. Riascoltiamo le parole di Gesù, i suoi occhi - è da brivido - arrivavano a noi, eravamo nei suoi occhi, fuori dai suoi occhi solo l'abbruttimento: "Non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi". Ora sappiamo che cosa è gloria e anche cos'è vanagloria. La parola gloria fa rima con splendore. E quando splende un nome? Ora sappiamo, per parola dall'Alto, che cosa fa splendere un nome.

Che li si conosca o no, ci sono nomi che splendono, spesso nel segreto, la luce non fa rumore. A far splendere un nome, un viso, è l'amore. A volte ci accade di chiederci che cosa dà gloria al nome di Dio: "sia santificato il tuo nome". O che cosa faccia accadere e germogliare il regno di Dio: "Venga il tuo regno". O che cosa sia compiere la sua volontà: "sia fatta la tua volontà". È amare. Amare è il concreto della vita. Splende allora la gloria di Dio, splende il suo nome e splendiamo anche noi. Non ditemi che splendono quelli accecati di vanagloria, quelli che mettono il loro nome dappertutto, quelli che la parola è solo la loro. Guardiamoli in volto, non splendono. E questo ci può accadere. E se accade, si strappa l'unità per cui Gesù ha pregato, preghiera accorata: "Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi".

L'unità. Che sembra sempre più frantumarsi, anche a livello di popoli. Perché unità non è la cupezza di un solo colore, ma l'armonia di mille colori, è l'allegria di riconoscersi tutti sotto lo stesso cielo. Concludo, con una piccola confessione. Partecipavo a una Messa in questi giorni. Non so se accade anche a voi - a me sì - di dire a volte parole assonnate dall'abitudine. Stavamo cantando: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore". I pensieri mi correvano all'omelia di oggi. Mi dissi: "Che smemoratezza è non ricordare che "nel nome del Signore" vuol dire "Benedetto Gesù che viene nel nome dell'amore". Poi pensai: anche noi nella vita da quante persone andiamo, in quanti posti ci rechiamo.

Che grazia se qualcuno, vedendoci arrivare, potesse dire: "Benedetto tu che vieni nel nome dell'amore, tu sei una benedizione".

 

Lettura degli Atti degli Apostoli - At 7, 2-8.11-12a.17. 20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a.51-54

In quei giorni. Stefano rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: [il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse: "Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò". Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l'orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise "di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui". Poi Dio parlò così: "La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò - disse Dio - e dopo ciò usciranno" e mi adoreranno in questo luogo. E gli diede l'alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l'ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l'Egitto e su Canaan vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto c'era del cibo, vi inviò i nostri padri.] Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe". Tutto tremante, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: "Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto". Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d'Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant'anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me". Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l'Egitto, dicendo ad Aronne: "Fa' per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto". E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani. Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo. [Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una casa. L'Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo.] Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l'avete osservata". All'udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

Sal 117 (118)

Lodate il Signore e proclamate le sue meraviglie. Oppure: Alleluia, alleluia, alleluia. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: "Il suo amore è per sempre". R Dica la casa di Aronne: "Il suo amore è per sempre". Dicano quelli che temono il Signore: "Il suo amore è per sempre". R Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 1Cor 2, 6-12

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l'ha conosciuta; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano". Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 17, 1b-11

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi".

 

 


 
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