la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella quarta Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


19 marzo 2023



 

 

Es 34,27 - 35,1
Sal 35
2Cor 3,7-18
Gv 9,1-38b

Il mio è un commentare rapsodico, anche questa volta. E voi me lo perdonerete, tanto più che, ora vecchio, mi fermo a frammenti; e, come fanno i vecchi, torno a ripetermi. Torno a ripetermi - quasi una fissazione - con la domanda "che aria si respira?", invitandovi ancora una volta a mettere a confronto nel racconto l'aria nella sinagoga e l'aria della strada e della piscina e poi ancora della strada. Nella sinagoga aria da sacra inquisizione. E sotto accusa uno che, cieco dalla nascita, alla piscina di Siloe aveva sentito come risvegliarsi gli occhi, sorprendentemente illuminati. Sotto accusa, con lui - pensate - la luce, la luce del mondo, quel rabbi che si era detto "luce del mondo". E invitavano il cieco a "dar gloria" a Dio, dando nome di peccatore proprio a collui che gli aveva aperto gli occhi, quando a noi verrebbe da reagire dicendo: "Ma date gloria voi a Dio, che apre gli occhi a uno che era come se gli occhi non li avesse. Aria pesantissima.

Pensate come diventerebbe luminoso il nostro brano se dal racconto scorporassimo l'ora della inquisizione, per nulla sacra, la pesantezza asfissiante dell'interrogatorio. Scorporata quell'ora, un'ora da ciechi, rimarrebbe un racconto di una luminosità che oso chiamare tenera: luce tenera prima lungo una strada, e poi alla piscina e poi ancora su una strada. Ma forse dovremmo scorporare dal racconto anche la domanda all'inizio, una domanda da cattivi teologi, quella dei discepoli: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". Penso al cieco e a come all'improvviso sia cambiata la sua vita, non solo la vita degli occhi, la sua vita dentro, una vita arresa, un'anima arresa; e non una implorazione, come capitò invece ad altri ciechi; come se la sua sorte fosse segnata inesorabile per sempre, una vita a mendicare. Anche noi a volte arresi, e qualche volta non ci viene più nemmeno grido, mendichiamo avanzi, brandelli di sogni strappati.

E poi un suono di passi, lui ne aveva sentiti una moltitudine, ogni giorno centinaia. Ma nel racconto appaiono parole folgoranti: "Gesù passando vide". Fanno la differenza. Perché si può passare e non vedere o come se non si vedesse. Non vedono i farisei cha fanno dottrina nella sinagoga. Come non vedono, il sacerdote e il levita della parabola che vedono l'uomo agonizzante e passano oltre. Vede il samaritano perché il suo vedere è sposato alla compassione. "Gesù passando vide": i suoi occhi erano sposati alla compassione, alla tenerezza. La tenerezza la sentì nella spalmatura del fango sugli occhi. Sentire tenerezza nelle mani. Ci capita. E mi si affacciano pensieri. Quand'anche le vicende della vita, ti avessero indotto alla resa, non dimenticare mai che Gesù passando ti vede. E anche tu non dimenticare mai donne e uomini che gli si strozza il grido in gola, arresi.

Non aggregarti mai a quelli che cancellano brandelli di sogni, non aggregarti mai a quelli che discutono e non vedono, non hanno occhi sposati alla tenerezza. Ma vorrei ritornare al cieco perché la sua storia è un racconto a non finire e a non finire sarebbero le soste. Ecco una sosta: l'incontro con Gesù lo rese libero. Ripercorrete l'ora di inquisizione nella sinagoga e non potrete non stupirvi di come lui riesca a tenere testa, persino con ironia, a quel gruppo di intransigenti, loro che credevano di sapere tutto: sapevano di precetti e non sapevano della vita, tanto meno sapevano da dove venisse il rabbi degli occhi. Vediamo il cieco risvegliarsi a libertà. E mi viene da pensare che segno che tu hai incontrato la luce, Gesù luce del mondo, è che tu sei libero, non ti inchini al potere, nemmeno a quello religioso, non vendi la tua intelligenza agli imbonitori di turno. E ti rimane anche un briciolo di ironia. La luce fa rima con libertà.

E sono a pregare che Gesù diventi sempre più mia luce e la mia vita sempre più un racconto di libertà. Nella lettera ai Corinzi oggi abbiamo trovato scritto: "Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà". Ultimo frammento. Gesù dice: "Io sono la luce del mondo" e il pensiero mi corre agli inzi della missione di Gesù, quando nel discorso del monte gli accadde di dire - e non aveva davanti chissà chi - : "Voi siete la luce del mondo". Gente comune di Galilea diventava luce del mondo per via delle beatitudini del monte, parole imperdibili. Se prendi luce, diventi luminoso, la luce traspira dal viso. Come accadde a Mosè sul monte. Mi chiedo però se non capita anche a me - me lo ricordava la lettera ai Corinzi - di ricorrere come stratagemma a un velo per nascondere assenza di luce in viso, in vita. Una infinità di orpelli, di enfasi, di titoli, di precedenze, per celare il vuoto.

Ebbene Gesù sul monte, perché non si equivocasse aggiunse: "Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (Mt 5,14-16). Dunque si è luce con le opere" buone". Mi conquista la semplicità dell'aggettivo: "buone". E subito la domanda: "Posso dare la qualifica di "buone" alle mie opere? E quali buone e quali no?". E infine a colpirmi è quel: "fa luce a tutti quelli che sono nella casa". A illuminarsi è la casa, come sgusciasse dal buio. E che meraviglia vedere una casa che va illuminandosi nel buio. Perdonate, penso a Gesù che da bambino vedeva la sera sua madre dare luce allo stoppino di una lampada e poi rimaneva incantato al prodigio della casa che andava tutta illuminandosi, prima il volto di sua madre al riverbero della fiamma, poi il suo, poi il volto di tutti, poi il volto di ogni cosa. Di riflesso in riflesso.

Pensate fin dove ho sconfinato: dalla piscina dii Siloe a un casa di Nazaret. Ma è per via della luce. Ma dove ha fine la luce?

 

Lettura del libro dell'Esodo - Es 34, 27 - 35, 1

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: "Scrivi queste parole, perché sulla base di queste parole io ho stabilito un'alleanza con te e con Israele". Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiar pane e senza bere acqua. Egli scrisse sulle tavole le parole dell'alleanza, le dieci parole. Quando Mosè scese dal monte Sinai - le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte - non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore. Mosè radunò tutta la comunità degli Israeliti e disse loro: "Queste sono le cose che il Signore ha comandato di fare".

Sal 35 (36)

Signore, nella tua luce vediamo la luce. Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l'abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. R Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. R È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore. R

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 2Cor 3, 7-18

Fratelli, se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu avvolto di gloria al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore effimero del suo volto, quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito? Se già il ministero che porta alla condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero che porta alla giustizia. Anzi, ciò che fu glorioso sotto quell'aspetto, non lo è più, a causa di questa gloria incomparabile. Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo. Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli d'Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero. Ma le loro menti furono indurite; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, quando si legge l'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore; "ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto". Il Signore è lo Spirito e, dove c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 9, 1-38b

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe" - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so". Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!". Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". Ed egli disse: "Credo, Signore!".

 

 


 
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