la parola della domenica
Anno liturgico C
|
|
|
Is
4, 2-5 Mi si mescolano i pensieri. Avvento, la venuta e lui, Gesù, che è venuto, verrà e viene. Oggi, oggi, ha nome di veniente. E la liturgia ci propone un brano di venuta. Cui abbiamo dato nome di "ingresso in Gerusalemme". Veramente per Luca non è una festa per le strade della città, bensì per strade in discesa dal monte degli Ulivi, prima dell'ingresso in Gerusalemme. Il monte era un po' crocevia per le carovane che portavano in città i pellegrini; ed era nell'aria la Pasqua. Penso a quante volte Gesù avrà percorso quella strada: Betania - Gerusalemme e ritorno. Sto fantasticando: soprattutto in quegli ultimi giorni in cui la sua attività si era concentrata nel tempio. E fu accendersi, a volte duro, di dispute nel tempio; poi, di sera e la notte, a placare pensieri e cuore, la casa dei suoi amici a Betania. Scendeva il mattino, quando da lontano poteva contemplare, occhi estasiati, la costruzione del tempio; risaliva la sera in cerca di volti in cui riposare: pure l'aria aveva il profumo dell'amicizia. Ma quel giorno lui la discesa in città la immaginò in modo nuovo: veniva da più lontano e c'erano discepoli e piccola folla ed era forse un cantare salmi dell'ascensione. Volle far sosta a Betania. Uno spettacolo, la città vista dall'alto. Che fosse arrivata l'ora di attraversarla non a piedi, ma su dorso d'asino? E l'ingresso prendesse riconoscimento di visita del Messia? Singolare l'ingresso, ma anche la sua modalità che volle rigidamente rispettata. E tutto nel brano sembra ruotare intorno all'asino: e come prenderlo e come e cosa rispondere a quelli che ne avrebbero chiesto conto. Basterà dire: "Il Signore ne ha bisogno". Ma che bello che ci siano alcuni cui basta dire che c'è bisogno. Mi verrebbe la proposta di mettere i proprietari del puledro sugli altari. E nemmeno l'asino oppose resistenza. Di reliquie dell'asino non ho sentito parlare, ma ce ne sono a milioni nel mondo: milioni coloro che si affacciano e si danno da fare, quando uno ha bisogno. La festa per le strade fu all'insegna della spontaneità. Perché le feste, se troppo organizzate, cedono al convenzionale e alla fine sono pesanti, non lasciano respiro. E poi la spontaneità racconta il cuore, l'organizzazione spesso la monotonia. Così dovrebbe essere con il Signore e non solo: "Slegate l'asino, slegate la fantasia, asini slegati". E poi mantelli sul dorso dell'asino, cose quotidiane: quelli sono a nostra portata di mano. E chissà? Questa omelia è tutta una fantasticheria. Chissà se il suo pensiero - dico, quello di Gesù - sarà corso a un altro asino, l'asino dell'in principio o quasi, in benedizione, quello che lo portò lui e sua madre in Egitto, lui aveva meno di due anni. Forse non poteva ricordare, ma di certo sua madre e suo padre gli avevano raccontato: la fuga e l'asino. Da asino a asino. Qualcuno ricorda la poesia stupenda di Antonia Pozzi: Sul greppo che di tenero verde il nuovo grano riveste cavalca una donna - tra la sella ed il grembo adagiato porta il figlio perché senz'urti dorma - lenta guardando il cielo che s'annuvola rialza fin sulla fronte i lembi del mantello - il bimbo vi si cela tutto - Così è dipinta Maria nella sua fuga. La fuga allora era riuscita. Ma questo ingresso su asino sarebbe stato: visita e rifiuto. Non è forse vero che già lungo la discesa i farisei, stizziti, avevano intimato a Gesù di zittire le acclamazioni. Lui disse che le avrebbero fatte in coro le pietre. Le acclamazioni della folla, pensate, quasi eco alle parole degli angeli sul campo dei pastori nella notte della nascita. Tutto unito nella storia dei piccoli: "La folla dei discepoli cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!"". Ed ecco come è Gesù: come noi, non è di un sentimento solo. Come non pensare che l'avesse preso emozione di gioia al grido festante dei discepoli? Loro a toccarlo, a differenza dei potenti che hanno a sicurezza uomini di scorta. Ma le cose poi mutarono in un batter d'occhio. Luca scrive: "Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa" e, profetizzando giorni di assedio e di distruzione, disse: "Non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata". Dagli occhi, che s'incantano alla festa, agli occhi che piangono alla vista della città: non ha riconosciuto il tempo delle visita. E sosto qui perché qui l'avvento prende il nome di "visita", un nome bellissimo: Dio mi visita, quest'anno; lo riconoscerò? A chiamare visita la venuta di Gesù già era stato Zaccaria, quando il cucciolo ancora non si era affacciato, era di tre mesi nel grembo di Maria. Fu come canto: "Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace". Mi visiterà un sole, mi visiterà la misericordia, mi visiterà la tenerezza, mi visiterà il Messia del puledro. Il senza distanza. Un'amica mi ha scritto: "Corro in tasca a Dio e nascondo la faccia dalla vergogna". In tasca a Dio: la non separatezza. Ci visita il sole. E dove conduce la visita del sole? Muove passi sulla via della pace. Perché il sole ci porta lontano dal buio della menzogna, della indifferenza, dell'inimicizia. L'invito che mi risuona è a socchiudere oggi finestre e cuore oggi alla visita di Gesù, del sole che sorge dall'alto, del Rabbi del puledro, del Messia della non separatezza. Lettura del profeta Isaia - Is 4, 2-5 In quel tempo. Isaia disse: "In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d'Israele. Chi sara rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme sarà chiamato santo: quanti saranno iscritti per restare in vita in Gerusalemme. Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato, con il soffio del giudizio e con il soffio dello sterminio, allora creerà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutti i luoghi delle sue assemblee una nube di fumo durante il giorno e un bagliore di fuoco fiammeggiante durante la notte, perché la gloria del Signore sarà sopra ogni cosa come protezione". Sal 23 (24) Alzatevi, o porte: entri il re della gloria. Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno. R Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai questo re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. R Lettera agli Ebrei Eb 2, 5-15 Fratelli, non certo a degli angeli Dio ha sottomesso il mondo futuro, del quale parliamo. Anzi, in un passo della Scrittura qualcuno ha dichiarato: "Che cos'è l'uomo perché di lui ti ricordi o il figlio dell'uomo perché te ne curi? Di poco l'hai fatto inferiore agli angeli, di gloria e di onore l'hai coronato e hai messo ogni cosa sotto i suoi piedi". Avendo sottomesso a lui tutte le cose, nulla ha lasciato che non gli fosse sottomesso. Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa. Tuttavia quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: "Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi"; e ancora: "Io metterò la mia fiducia in lui"; e inoltre: "Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato". Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 19, 28-38 In quel tempo. Il Signore Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: "Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: "Perché lo slegate?", risponderete così: "Il Signore ne ha bisogno"". Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché slegate il puledro?". Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno". Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!".
|
|
|
Segnala
questa pagina ad un amico scrivi il suo indirizzo e-mail: |
||||