la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella quarta Domenica d'Avvento
secondo il rito ambrosiano


3 dicembre 2023



 

 

Is 16,1-5
Sal 149
1Ts 3,11 - 4,2
Mc 11,1-11

Vi confesso che il brano di Isaia mi rimane molto oscuro. I moabiti erano lontani parenti del popolo di Israele, ma da secoli nemici; nel nostro brano appaiono come un popolo vessato da un tiranno e in fuga, in fuga e da ospitare. Allora indugio, ma per poco, per dirvi che leggendo mi sembrava affiorasse una situazione che in parte evoca la nostra: fughe da paesi, da devastatori di umanità, dispersi da nascondere e fuggiaschi da non tradire e le donne al guado - sempre loro a pagare di più - come una nidiata di uccelli spauriti. Storie di fughe, di devastazioni, di distruzione e di possibili rifugi. Non sempre però indugiamo a chiederci che cosa sta alla radice di ogni devastazione.

Importante sorprenderla, altrimenti i rimedi hanno mani deboli. Alla radice sta una logica "illogica", cioè contro l'arte del pensare, del pensare bene. La logica del devastatore è quella di chi è ubriaco di se stesso, della propria immagine, del proprio successo, a tal punto da non sopportare che qualcuno possa disconoscerlo o reclamare la propria libertà e indipendenza. Il male sottile che inquina i rapporti. da quelli più vicini a quelli più lontani. All'origine, penso, anche della violenza sulle donne che fa rabbrividire persino il cielo. Nel nostro brano sbuca alla fine la promessa di un re messia che sarà il capovolgimento della tirannia, un'inversione di marcia, una conversione.

Sentite: "Sarà stabilito un trono sulla mansuetudine e vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia". Ma dove mai un trono sulla mansuetudine? Sembra quasi un ossimoro! E un potere sollecito del diritto, pronto alla giustizia? Voi capite perchè queste parole sono state viste da molti come premonitrici dell'avvento del Messia. Voi intuite come l'immagine di "un trono sulla mansuetudine" possa aver evocato l'immagine di Gesù che entra in Gerusalemme seduto su un'asina. Era un gesto profetico, di quelli, che cancellano d'un colpo vecchi fantasmi sul Messia, su Dio, sul regno di Dio: è il rovescio.

Scegliendo l'asino Gesù deliberatamente cancella interpretazioni, dure a morire: il Messia non viene, come nelle parate dei grandi, su un destriero, non all'interno di cerimoniali imponenti, non esibendo forza, viene in "mitezza". "Viene mite": commentano gli altri evangelisti. E questa è come la risposta alla nostra domanda su perchè Gesù sia così puntiglioso, fin nei dettagli, circa la modalità di quel suo ingresso: troppi ancora lo aspettavano come re, nella potenza. Viene seduto su un asina, nessuna esibizione, a portata di mano. Non viene in un'organizzazione, ma in una spontaneità; non viene in un rituale, ma nell'improvvisazione; non viene a creare distanze o timori, ma per strade e piazze, a creare fraternità, festa e allegria.

Non era così facile rovesciare una mentalità che veniva da lontano. Nemmeno allora tutti capirono il segno e ne è una prova l'acclamazione della folla, quel richiamo al regno di Davide: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!". Nessun regno di Davide. E' il regno della mitezza che ha il suo incipit nei cuori. Un giorno, all'inizio della sua missione, sul monte Gesù aveva detto: "Beati i miti perché erediteranno la terra". Sono le parole a cui attinge nel suo libro "Mitezza", Eugenio Borgia, celebre psichiatra e luminoso saggista. Ricorda scrittori, cita per primo il Cardinale Martini. Appunta, tra le altre, queste splendide riflessioni del cardinale: "Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali - che costituiscono il livello propriamente umano dell'esistenza - non ha luogo la costrizione o la prepotenza, ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell'anima".

E ancora: "L'uomo mite secondo le beatitudini è colui che, malgrado l'ardore dei suoi sentimenti, rimane duttile e sciolto, non possessivo, interiormente libero, sempre sommamente rispettoso del mistero della libertà, imitatore, in questo, di Dio che opera tutto nel sommo rispetto per l'uomo, e muove l'uomo all'obbedienza e all'amore senza mai usargli violenza. La mitezza si oppone così a ogni forma di prepotenza materiale e morale; è vittoria della pace sulla guerra, del dialogo sulla sopraffazione" Bellissimo: la mitezza viene dal "calore dell'anima". Ma dove vedo il calore dell'anima? Non certo negli occhi di coloro che fanno di tutto per emergere, di coloro che sfruttano ogni occasione per sopraffare gli altri, negli occhi di coloro che quando parlano l'ultima parola deve essere la loro. E la chiamano forza, una forza perdente e distruttiva.

Dove vedo il calore dell'anima? Negli occhi di coloro che danno nome di virtù alla mitezza. Le danno nome di 'forza', perché voi sapete che 'virtù' viene dal latino 'virtus' che significa 'forza', una virtù dimenticata, sorellina in esilio, che va riaccolta. Riaccolta e ascoltata. Parla da cattedre vive. Cattedre sono gli occhi. Gli occhi di coloro che, con il loro sguardo mite, sanno dare valore a tutto, sanno far parlare tutti. Danno valore anche alla fragilità, alla fragilità che è di tutti, aprono il sorriso di tutti. Di loro Gesù disse: "Erediteranno la terra". Non ereditano soldi, cariche, cose. Ereditano la meraviglia delle relazioni, quindi la terra, quella vera. Così viene Gesù per noi in questo avvento: nella mitezza, questo il suo modo.

Anche a me viene, per grazia seduto su un'asina. Dico "per grazia" perché io non sono che un vivente piccolo e fragile, lontano dall'essere perfetto, e posso solo tagliare qualche ramo o stendere per un attimo per terra il mio mantello.

 

Lettura del profeta Isaia - Is 16, 1-5 In quei giorni.

Isaia disse: "Mandate l'agnello al signore della regione, da Sela del deserto al monte della figlia di Sion. Come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa saranno le figlie di Moab ai guadi dell'Arnon. Dacci un consiglio, prendi una decisione! Rendi come la notte la tua ombra in pieno mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab; sii loro rifugio di fronte al devastatore. Quando sarà estinto il tiranno e finita la devastazione, scomparso il distruttore della regione, allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine, vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide, un giudice sollecito del diritto e pronto alla giustizia"., Sal 149 Cantino al loro re i figli di Sion. Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell'assemblea dei fedeli. Gioisca Israele nel suo creatore, esultino nel loro re i figli di Sion. R Lodino il suo nome con danze, con tamburelli e cetre gli cantino inni. Il Signore ama il suo popolo, incorona i poveri di vittoria. R Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca, questo è un onore per tutti i suoi fedeli. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi - 1Ts 3, 11 - 4, 2

Fratelli, voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù guidare il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell'amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi. Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio - e così già vi comportate -, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Marco - Mc 11, 1-11

In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: "Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"". Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: "Perché slegate questo puledro?". Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!". Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì.

 

 


 
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