la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella terza Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


3 marzo 2024



 

 

Es 32,7-13b
Sal 105
1Ts 2,20 - 3,8
Gv 8,31-59

La terza domenica di quaresima ha preso il nome di domenica di Abramo: "Ricordati di Abramo". A chi lo diciamo: "Ricordati di Abramo"? E' sconcertante, ma bellissimo: pensate, l'invito pressante, appassionato, a ricordarsi di Abramo, Mosè lo rivolge a Dio, tentato di tirarsi fuori dalla storia di quel suo popolo, che alle falde del monte si è fatto, di un vitello di metallo fuso, un idolo. Pensate a noi che popoliamo la terra di idoli! Ebbene Mosè cerca di ottenere pietà per il suo popolo invitando Dio a ricordarsi di Abramo e, con lui, di Isacco e Giacobbe: "Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo.

Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: "Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo". Anche noi questa mattina a pregare Dio: "Ricordati di Abramo, hai promesso stelle". Vorrei aggiungere che l'invito "Ricordati di Abramo", viene anche a noi che oggi leggiamo il brano di Giovanni, che racconta uno scontro duro tra Gesù e Giudei nel tempio, là dove si sventola a non finire, come una appartenenza, il nome di Abramo, rivendicandone ostentatamente la paternità. Ci si autodefinisce "figli di Abramo", e non ci si ricorda di Abramo, di chi fosse Abramo: si fa il contrario di Abramo. Già il contesto racconta distanze stellari. Con Abramo siamo nella leggerezza stupenda di una tenda, la mobilità; qui siano nella pesantezza inquietante di un tempio, la rigidità. Con Abramo siamo nel mondo dei nomadi, lui nomade che va instancabile dietro una promessa di una discendenza che tarda a venire; qui con i giudei - e potremmo essere noi oggi - siamo nel mondo dei sedentari, quelli che hanno la triste magia di codificare l'incodificabile e chiudono gli occhi al nuovo, che si affaccia dal cielo e abita gli occhi del Rabbì di Nazaret.

Con Abramo i giorni dell'inclusione - lui invita gli sconosciuti nella tenda -; qui, nel tempio, i giorni dell'esclusione - fuori! - : "Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio". Aveva detto loro: "Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio". E qual è la verità udita da Dio? Ricorre insistentemente nel nostro brano: è la libertà. Questa è la domenica di Abramo, ma potremmo chiamarla anche la domenica della libertà, libertà dalle mille schiavitù. Sentite: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Come a dire che la controprova che noi dimoriamo nella parola di Gesù, che siamo suoi discepoli, sta nel fatto che siamo donne e uomini liberi. E rivendichiamo questa libertà - di pensare, di manifestare, di scegliere - per noi e per tutti.

Non sempre - lasciatemelo dire - abbiamo dato spazio nel nostro insegnamento a questa stretta, inestricabile cucitura tra parola di Dio, vangelo e libertà. La libertà, cui San Giacomo nella sua lettera dà nome di legge perfetta, scrivendo: "Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla" (Gc 1,25). Ma ora, a proposito di libertà, vorrei mettere a silenzio le mie parole e parlarvi di un mio amico, prete, morto a 96 anni, cinque anni fa, don Giovanni Barbareschi. Lui la cucitura tra fede e libertà l'ha insegnata, ma soprattutto l'ha onorata con la sua vita. Una vita per la libertà sua e degli altri. Pensate, a ventidue anni celebra la sua prima messa il 15 agosto 1944; la notte stessa viene arrestato dalle SS, mentre si sta preparando per accompagnare in Svizzera degli ebrei fuggitivi. Resta in prigione fino a quando il cardinale non ne ottiene la liberazione e, quando in seguito si presenta a lui, il cardinale si inginocchia e gli dice: "Così la Chiesa primitiva onorava i suoi martiri".

Qualche anno prima di morire in un suo incontro-testimonianza disse: "Mi sono innamorato della libertà: é stata la parola di Dio a me, il volto che Dio mi ha rivelato. Mi sono convinto che la distinzione tra uomini atei e uomini credenti è una distinzione culturale. La terminologia più universale e umana è quella che troviamo nella Bibbia: uomo schiavo o uomo libero. Ho raggiunto la certezza che il primo atto di fede che l'essere umano deve compiere non è in Dio, ma è nella sua libertà, nella sua capacità di diventare una persona libera. Continuando il discorso delle Beatitudini non avrei paura ad affermare: "Beato colui che sa resistere", anche se il resistere oggi è più difficile perché non siamo di fronte a mitra puntati, ma siamo coinvolti in un clima di subdola persuasione, di fascinosa imposizione mediatica, che è come una mano rivestita di un guanto di velluto, ma che ugualmente tende a toglierti la libertà. Questo invito a una resistenza è rivolto a voi giovani, è rivolto a ogni uomo che crede possibile e vuole diventare un uomo libero, senza trovare nelle difficili situazioni esterne il rifugio o la scusa alla propria pigrizia".

Dirà ancora: "Sono profondamente convinto che quando un uomo o un popolo intero cerca la sua libertà, personale, politica, religiosa… che lo sappia o no, quella persona, quel popolo cerca Dio". La verità vi farà liberi.

 

Lettura del libro dell'Esodo - Es 32, 7-13b

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: "Va', scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: "Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto"". Il Signore disse inoltre a Mosè: "Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione". Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: "Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d'Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: "Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra"? Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: "Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo"".

Sal 105 (106)

Salvaci, Signore, nostro Dio. Abbiamo peccato con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R Molte volte li aveva liberati, eppure si ostinarono nei loro progetti. Ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido. R Si ricordò della sua alleanza con loro e si mosse a compassione, per il suo grande amore. Li affidò alla misericordia di quelli che li avevano deportati. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi - 1Ts 2, 20 - 3, 8

Fratelli, siete voi la nostra gloria e la nostra gioia! Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla. Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Gli risposero: "Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: "Diventerete liberi"?". Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro". Gli risposero: "Il padre nostro è Abramo". Disse loro Gesù: "Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro". Gli risposero allora: "Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!". Disse loro Gesù: "Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio". Gli risposero i Giudei: "Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?". Rispose Gesù: "Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno". Gli dissero allora i Giudei: "Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno". Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?". Rispose Gesù: "Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "È nostro Dio!", e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia". Allora i Giudei gli dissero: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono". Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

 

 


 
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