la parola della domenica
Anno
liturgico C
|
|
|
Is
25,6-10a Leggo la parabola, mi rimangono ombre di inquietudine. Nel tentativo di allontanarle vado a cercare le parabole che precedono, perché è scritto: "riprese a parlare loro in parabole". E mi rimane inquietudine. Mi sono detto che forse interessante sarebbe stato capire dove si trovava Gesù, chi aveva davanti agli occhi e perché la voce gli vibrasse in quel modo, tra tristezza e indignazione. Io sono un po' fissato e, quando leggo le parole di Gesù, forse anche fantasticando, penso a occhi e luoghi. Come non fossero parole rarefatte, buone per ogni circostanza. Mi rimane impigliata la convinzione che il tono della voce, il timbro, risentano da dove sei e da che cosa vedi. Forse voi ricordate un rincorrersi luminoso di parabole nel capitolo tredicesimo di Matteo. Anche quelle custodivano richiami alla responsabilità, ma era come se rimanesse ingualcibile negli occhi una bellezza, una sorta di incantamento per le immagini: il seminatore al quale proprio non riesce di misurare il seme; la zizzania che sul momento non va estirpata; il granello di senapa con crescite inimmaginabili e un grumo di lievito in mano a una donna che impasta farina. Ebbene parabole da dove? Da una barca. E' scritto: "Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole". Da barca sul lago. E a riva una folla che lo beveva con gli occhi: "Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano". Una sorta di complicità. Aria respirabile. Vengo alla nostra parabola, all'inquietudine che mi rimane. Dov'era Gesù, chi aveva davanti agli occhi? E' cambiata l'aria. Siamo nel tempio: e davanti agli occhi ha capi di sacerdoti e anziani del popolo. E le pareti non erano lago. Oserei dire, nessuna complicità. L'inizio dice il clima: "Entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: "Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?"". E lui a dire parabole di fiamma, con commenti a dir poco urticanti. Disse loro: "In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". E, ancora: "Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti". Risultato: "Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta". Che differenza tra barca e tempio, tra la folla e le autorità del tempio. Come si ingarbugliano i pensieri: la complicità e l'ostilità. Leggo tracce di complicità nella parabola. Leggo complicità in un Dio che pensa a nozze, vuole che ci siano racconti d'amore. Una festa di nozze è un racconto a più voci - con cibi e vino e danze e canti - della bellezza unica dell'innamorarsi, dello stringersi anima e corpo, del volersi bene. E Dio che chiama regno questa cosa: te la regala come un granello di senapa, come un grumo di lievito. Fa' crescere le nozze, le feste di nozze. Dio ha in mente questa cosa e chiama suo regno questa cosa. Ci sono quelli che hanno perso la poesia - posso essere io, Gesù sta parlando nel tempio - si incantano per altro: "Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero". Accade quando cambia l'aria e la domanda non è più l'amore, la giustizia, la pace, la libertà, lo sconfinamento della gioia, la salvaguardia della festa per tutti, ma il mio 'io', la mia posizione, il mio conto, il mio tornaconto. Accade allora che si tenti di far tacere quelli che hanno voci diverse... Disturbano. Uccidiamo, imprigioniamo, tacitiamo. Che non siano visibili, i profeti, e anche i poeti. E sono tante le profezie, tante anche le poesie. Uccidiamo il Profeta. E così monta nella parabola l'inquietudine: "Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città". Reazione dura! "Dovuta": direbbe qualcuno. Altri sentono disagio: già veniamo ogni giorno da visioni di truppe, di uccisi, di città incendiate. La nostra parabola, come altre, ci lascia con domande. Anche perché è sulle labbra di un Rabbi che, di lì a qualche giorno, dalla croce non incenerirà proprio nessuno, dirà parole purissime, incontaminabili. Dirà: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". E' l'ora in cui sento l'acqua nuova che gorgoglia e canta, come ne sento la eco in quell'invito rivolto ai servi ad andare ai crocicchi delle strade, a condurre chiunque avessero trovato. Cattivi e buoni, la sala fu colma. Sento acqua nuova in un sala stracolma. "Già" direbbe qualcuno "ma poi fa problema quello senza abito nuziale…". Voi sapete che si sono scritte pagine e pagine, a non finire, per interpretare; e ognuno ne scrive una e poi magari ne escogita un'altra. La mia quest'anno sa di azzardo e, come altre, fiorisce al mattino e avvizzisce la sera. Il pensiero mi è corso a un giorno in cui Gesù parlava di nozze. Poi sconfinò a parlare di vestito e anche di vino. E disse una parabola: "Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi" ( Lc 5, 36-38). L'innominato della parabola si tiene l'abito vecchio, quando nella sala accade il nuovo. Anche nel tempio accadeva il nuovo, ma c'erano quelli che l'abito vecchio se lo tenevano stretto. Magari un ritaglio di stoffa nuova l'avrebbero anche accettato, ma cambiare abito, cambiare mentalità, cambiare orizzonti, aprirsi al nuovo del Rabbi di Nazaret, questo proprio no. Mi è rimasta in gola una domanda: "Non è che persistiamo a mettere pezze di stoffa nuova su abiti vecchi? E che non sia l'ora di un abito nuovo, di un otre nuovo?". E che cosa significa questo?
Lettura del profeta Isaia - Is 25,6-10a In quei giorni. Isaia disse: "Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l'ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte"". Sal 35 (36) Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l'abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. R Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. R È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore. R Lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 4,18-25 Fratelli, Abramo credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne "padre di molti popoli", come gli era stato detto: "Così sarà la tua discendenza". Egli non vacillò nella fede, pur vedendo già come morto il proprio corpo - aveva circa cento anni - e morto il seno di Sara. Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità, ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento. Ecco perché gli fu accreditato come giustizia. E non soltanto per lui è stato scritto che "gli fu accreditato", ma anche per noi, ai quali deve essere accreditato: a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore, il quale è stato consegnato alla morte a causa delle nostre colpe ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione. Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 22,1-14 In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: "Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".
|
|
|
Segnala
questa pagina ad un amico scrivi il suo indirizzo e-mail: |
||||