la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella seconda Domenica dopo l'Epifania
secondo il rito ambrosiano


14 gennaio 2024



 

 

Is 25,6-10a
Sal 71
Col 2,1-10a
Gv 2, 1-11

Inseguiamo le manifestazioni di Gesù. Come chi vuole scoprirlo. La scorsa domenica alle acque del Giordano, oggi a una festa di nozze in Cana di Galilea. "Il tuo volto Signore io cerco": prego con il salmo. Sono ancora a cercare. E la nostra non è una finta: come se oggi già tutto fosse svelato e facessimo finta di non sapere. D'altronde l'evangelista Giovanni questi gesti di Gesù non li chiama miracoli, ma segni. E così ti mette in viaggio: segno di che cosa? Che cosa significa? Voi intuite la differenza tra nuda cronaca e segno. Pensate come accada un impoverimento della realtà, quando ci fermiamo alla cronaca e non andiamo a svelare i segni che abitano l'accaduto, anche l'accaduto del vino. Cronaca e segni.

E per Giovanni siamo all'inizio, inizio dei segni. Scrive: "Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui". Per altri evangelisti - voi lo sapete - l'inizio non fu con il vino, ma fu con le guarigioni dei malati. Sarò stravagante. Mi sono detto: i miracoli sono segni dell'attenzione di Gesù, raccontano la sua attenzione. E c'è chi è colpito da un'attenzione e chi è colpito da un'altra. Lo dico perché per me è bellissima, imperdibile, questa attenzione di Maria e di Gesù per un uomo e una donna che si amano, per la loro festa. All'inizio del vangelo la festa per l'amore umano. Che cosa poi sia accaduto lungo i secoli lo sappiamo: la riduzione del matrimonio a vocazione di serie B; secoli di sospetto sull'eros; la passione e la corporeità giustificate come concessione alla fragilità umana. Al contrario Gesù manifesta la sua gloria nel vino, non spiritualizza l'amore, non gli dà confini. Ne celebra la bellezza nel vino. Perché l'amore è anche ebbrezza; e senza un grumo di ebbrezza che amore è?

Ma una cosa ancora ci tocca dire riguardo all'attenzione: che quella di Gesù è come se fosse trascinata, dolcemente trascinata, dall'attenzione di Maria, madre e donna. La donna che ha una sua intelligenza - intus legere - legge dentro le situazioni, non parte dalla stratosfera delle teorie, parte dalla vita reale: a farle problema è la situazione che si sta creando in un banchetto. All'inizio una donna. Maria sa che può contare su quel figlio. Che sul momento ha parole misteriose che sembrano rimandare l'inizio. Lei sa come è fatto, lei sa che per lui quella diventerà l'occasione per dare un segno, il segno di un Dio che non solo riconosce la bellezza dell'amore umano, ma ne è all'origine: "Maschio e femmina li creò… e vide che era una cosa molto bella". Vide, provò stupore, erano belli. Gesù con il segno d'inizio a Cana di Galilea racconta Dio, chi è Dio, dove abita Dio: abita dove ci si ama, dove si cancella, anche parzialmente, la solitudine.

E vuole, come gli ha suggerito la madre, salvaguardare la festa del'amore. Perché l'amore, senza un grumo di festa, che amore è? Per salvare la festa Gesù si guarda intorno. Un po' appartate e fuori festa - perdonate l'interpretazione - vede sei anfore. Dovevano servire per i riti di purificazione, sono vuote. E chissà se anche le anfore vuote non siano segno. Segno della tristezza di quando siamo vuoti noi: il vuoto dei riti il vuoto dei pensieri, il vuoto delle parole, il vuoto del cuore, il vuoto dell'anima. E Gesù comanda ai servi di riempirle d'acqua sino all'orlo. "Sino all'orlo" dice esagerazione, ma tutto nel brano racconta esagerazione, anche la misura dell'acqua fatta vino. Forse potremmo aggiungere: senza un grumo, che è un grumo, di esagerazione che amore è? Gesù vede le anfore, vede i servi, chiama loro: diventano collaboratori silenziosi quelli che contano meno in un banchetto; li toglie dall'insignificanza: per tutta la vita avrebbero ricordato che, dopo tutto, l'acqua ce l'avevano messa loro, portata loro.

Collaboratori segreti della gioia del banchetto. Quasi una vocazione a mettere l'acqua, l'umile tua acqua, per collaborare alla festa del mondo, che troppo spesso purtroppo viene lacerata. Mettici quello che puoi. Il brano sembra anche raccontare come per lo più vanno le cose nel mondo; accade che a parlare alla fin fine siano coloro che non conoscono la realtà, abilissimi nel dare giudizi dall'alto. Nel nostro caso colui che dirige il banchetto: la voce sembra solo la sua. E' lui che dirige, volete che non sappia? E qui Giovanni ci mette tutta la sua ironia: declamazioni con enfasi dall'alto e consegne silenziose dal basso.

E che cosa apre squarci di speranza nell'umanità se non un umile consegnarsi e consegnare? Nessun clamore. Ecco vorrei dire che anche questo è un segno: quando si parla del miracolo di Cana la curiosità va per lo più ad attestarsi sul mutarsi dell'acqua nel vino, sulla spettacolarità dell'evento; al contrario, ignorata nel racconto, quasi cancellata. Non una parola. Parlano gesti silenziosi. C'è questa mirabile legatura tra voci, canti di festa e un operare nascosto, il rovescio della pubblicità. Ditemi voi quale pubblicità ebbe il miracolo. Gesù protagonista e nessuno, o quasi nessuno, se ne accorge. Niente spettacolo, come se il protagonista cercasse il silenzio, lontano da ogni clamore. Voi ricorderete come questa sia una costante nei vangeli: a miracolo avvenuto, il comando di Gesù di non parlarne. Poi un giorno sul monte insegnerà ai discepoli, e quindi anche a noi, la segretezza nel fare.

Niente suonare la tromba se fai opere di bene, niente esibizioni se preghi, niente aria disfatta se digiuni, niente per farti vedere: "Il Padre che è nel segreto, che vede nel segreto, ti ricompenserà".

 

Lettura del profeta Isaia - Is 25,6-10a

In quei giorni. Isaia disse: "Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l'ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte"".

Sal 71 (72)

Benedetto il Signore, Dio d'Israele, egli solo compie meraviglie. Il Signore libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. R Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato. R Benedetto il Signore, Dio d'Israele: egli solo compie meraviglie. E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra. R

Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi - Col 2,1-10a

Fratelli, voglio che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell'amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza. Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti: infatti, anche se sono lontano con il corpo, sono però tra voi con lo spirito e gioisco vedendo la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo. Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 2, 1-11

In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora". Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

 

 


 
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