la parola della domenica
Anno
liturgico A
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Is
65,13-19 Forse anche voi. Nel brano del profeta ero colpito dal fremere di verbi al futuro: suonano promessa per chi si affida a Dio e disfatta atroce per coloro che si affidano a idoli vuoti, idoli ossessivamente presenti anche ai nostri giorni, ma vuoti. Verbi al futuro: "Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi resterete delusi; ecco, i miei servi giubileranno per la gioia del cuore, voi griderete per il dolore del cuore". E c'è di mezzo, capite, il cuore; c'è da preoccuparsi se tieni al cuore: sono in gioco il cuore, la gioia o il dolore del cuore. Ma di che futuro si parla? Certo dei cieli nuovi e della terra nuova nell'aldilà. Ma la domanda che poi mi urge è se la promessa per il futuro riguarda esclusivamente l'al di là o se i verbi di Dio al futuro riguardano anche questo mio cielo e questa mia terra. Forse sono troppo appassionato a che le cose accadano. E mi prende come un desiderio di non separare ciò che Dio ha congiunto. E allora vi dirò che, pur sfiorato da domande - come immagino ognuno di voi - tengo fede nei cieli e nella terra del futuro, e vorrei che nessuno me la strappasse dagli occhi. Ho troppa meraviglia per l'amore per pensare che finisca, troppa passione per la bontà e la giustizia per pensare che sia delusa, troppo amore per i piccoli per pensare che non siano innalzati. E la risurrezione di Gesù la sento come un "amen", un "sì" ingualcibile, sul futuro. A proposito di paradiso vorrei aprirvi a un sorriso con la risposta alla maniera rabbinica che un giorno un amico, grande teologo e biblista, Paolo De Benedetti, diede a chi gli chiedeva se credesse o no nel Paradiso, disse: "Certo che sì, Dio dovrà pure spiegarmi qualcosa!". Ci rimangono in cuore domande. Un giorno, lui che parlava di gatti in paradiso, disse, un po' stupendo, ma evangelicamente: "Dobbiamo pensare il paradiso non come è raffigurato dagli affreschi delle chiese, ma come recupero delle piccole cose, dei particolari, delle cose che appaiono a noi insignificanti". Solo accenni. Ebbene sarebbe grave fraintendimento pensare che custodire, in vigile attesa negli occhi, il cielo e le terre del futuro significhi dare meno cura e meno passione alle terre e al cielo che oggi abitiamo. Forse avete notato come, nel brano del profeta, dentro un martellare di verbi al futuro sgusci improvviso un verbo al presente: "Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio". "Creo, sto per creare, creo una città, creo un popolo". Perdonate, è bellissimo, è come dire che la creazione è in atto. E' in atto ora. Ora, per mani di Dio. E vorrei aggiungere: per mani nostre. Mani, mani che creano. Anche le nostre, pensate: diventare in piccolo compagni di Dio in creazione. In questo orizzonte vorrei leggere il brano di Luca, sorvolando sulla problematica inserzione del passaggio che riguarda Erode. L'episodio inzia con l'invio in missione dei dodici: "E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi". Annunciare il regno e guarire. In stretta connessione parole e gesti di liberazione. Ma non era quello che faceva Gesù? Di ritorno dalla loro missione, a Gesù non riuscì di portare i discepoli in disparte, ecco ancora apparire le folle: "Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure". Il regno di Dio non è solo annuncio è qualcosa che accade. E' in atto la creazione. Ricordate, nell'in principio: "Dio disse: 'sia la luce' e la luce fu". Parola e accadere di luce, di acque, di alberi, di animali, di uomo e di donna. Devo confessarvi che mi ha sempre fatto pensare questa legatura di annuncio e guarigione, consegnata come un mandato ai discepoli. Di cui è scritto: "Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni". La legatura diventa un problema per me che non sono un guaritore. Che cosa dice a me? A me che sono il primo da guarire? Penso sia per me un invito ad acconsentire alle mani di Dio, che hanno desiderio di guarirmi e di creare in me oggi cieli nuovi e terra nuova, sospingendomi ad abbandonare tutto ciò che fa ombra alla limpidezza. Acconsentire alle mani di Dio. In secondo luogo vedo la legatura come invito a uscire dall'equivoco che mi basti annunciare. Non bastano le parole. I primi discepoli la connessione "parola e gesti" se la portavano nel cuore; a volte non riusciva nemmeno a loro, ma era chiara. L'ombra di Pietro guariva e la comunità inventava le mense perché nessuno risultasse bisognoso. La gente vedeva accadere il regno di Dio e guardava con simpatia. Non sempre, certo, ma era un segno. Che la creazione era in atto. A volte, forse perché sono vecchio, o per il loro straripare ossessivo, ho in sospetto le parole, le troppe parole vuote. Che coprono il vuoto. Oggi a parole vuote faceva cenno anche la lettera agli Efesini. E connetteva la luce alle opere: "Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità". Come a dire: la luce la si vede dai frutti. Non sono un guaritore, ma posso offrire il frutto della luce che consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Posso offrire in piccolo mani alla creazione. Lettura del profeta Isaia - Is 65,13-19 Così dice il Signore Dio: "Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi resterete delusi; ecco, i miei servi giubileranno per la gioia del cuore, voi griderete per il dolore del cuore, urlerete per lo spirito affranto. Lascerete il vostro nome come imprecazione fra i miei eletti: "Così ti faccia morire il Signore Dio". Ma i miei servi saranno chiamati con un altro nome. Chi vorrà essere benedetto nella terra, vorrà esserlo per il Dio fedele; chi vorrà giurare nella terra, giurerà per il Dio fedele, perché saranno dimenticate le tribolazioni antiche, saranno occultate ai miei occhi. Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia". Sal 32 (33) Nel Signore gioisce il nostro cuore. Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. R Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità. Il Signore guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini. R Dal trono dove siede scruta tutti gli abitanti della terra, lui, che di ognuno ha plasmato il cuore e ne comprende tutte le opere. R L'anima nostra attende il Signore: egli è nostro aiuto e nostro scudo. È in lui che gioisce il nostro cuore, nel suo santo nome noi confidiamo. R Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 5, 6-14 Fratelli, nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l'ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: "Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà". Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 9,7-11 In quel tempo. Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risorto dai morti", altri: "È apparso Elia", e altri ancora: "È risorto uno degli antichi profeti". Ma Erode diceva: "Giovanni, l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?". E cercava di vederlo. Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
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