La
democrazia contro le oligarchie
di
Gustavo Zagrebelsky
Che
sulla democrazia come su ogni altra forma di governo
incomba il pericolo del disfacimento, è un dato d´esperienza
che non può essere negato. Le forme di governo sono vitali
se sono animate da un principio, un ressort, secondo l´espressione
di Montesquieu. Il ressort della democrazia è la virtù
repubblicana. Quando la molla è totalmente dispiegata e
dunque non ha più forza da sprigionare, quello è
il momento d´inizio della decadenza. La questione, gravida
di conseguenze pratiche, è se l´esito finale del
processo corruttivo sia o non sia inevitabile. Se non è
evitabile, tanto vale rassegnarsi e, se mai, lavorare per il dopo.
Se è evitabile, la democrazia come ideale politico non
perde di valore, pur in presenza di difficoltà. Possiamo
dire la stessa cosa prendendo a prestito l´espressione di
Norberto Bobbio, "le promesse non mantenute della democrazia",
e chiederci: queste promesse possono o non possono essere mantenute?
(...) Che cosa possiamo rispondere a questa cruciale domanda?
È necessario prendere atto di questo apparente paradosso:
mentre da parte dei potenti della terra si accentua la loro dichiarata
adesione alla democrazia, cresce e si diffonde lo scetticismo
presso chi studia l´odierna morfologia del potere e presso
coloro che ne sono l´oggetto e, spesso, le vittime.
Per
secoli, democrazia è stata la parola d´ordine degli
esclusi dal potere per contestare l´autocrazia dei potenti;
ora sembra diventare l´ostentazione di questi ultimi per
rivestire la propria supremazia. Presso i cittadini comuni, non
c´è (ancora?) un rovesciamento a favore di concezioni
politiche antidemocratiche. C´è piuttosto un accantonamento,
un fastidio diffuso, un «lasciatemi in pace» con riguardo
ai panegirici della democrazia che, sulla bocca dei potenti, per
lo più trasmettono ideologia al servizio del potere e,
nelle parole dei deboli, suonano spesso come vuote illusioni.
C´è, in breve, una reazione anti-retorica alla retorica
democratica. Quando si sente esclamare con fastidio: "tanto
sono tutti uguali" (quelli della cosiddetta classe dirigente),
questo non significa forse che la democrazia ha perso di valore
presso questi cittadini, che la considerano semplicemente la vuota
rappresentazione o l´occultamento di un potere dal quale
essi sono comunque esclusi? Una "teatrocrazia", è
stato detto. L´esito potrà essere l´astensione
o l´adesione passiva e routinaria: in entrambi i casi, un
distacco. Lo scetticismo a-democratico dal basso fa da pendant
alla retorica democratica dall´alto.
Il
paradosso sopra segnalato si scioglie pensando alle capacità
mimetiche o camaleontiche della democrazia, rispetto alle quali
è imbattibile. Sotto le sue spoglie ideologiche si può
comodamente annidare mimetizzandosi, cioè senza mettersi
in mostra (questo è il grande vantaggio), perfino il più
ristretto e il meno presentabile potere oligarchico. Le forme
democratiche del potere possono essere un´efficace maschera
dissimulatoria. È stato così in passato e così
è anche nel presente. Basta consultare la storia. Essa
ci dice che la democrazia, come parola, può contenere l´anti-democrazia,
come sostanza. Anzi, oggi il potere antidemocratico ha bisogno
di passare per la porta rassicurante della democrazia (...) Realisticamente
o, come si dice, "sperimentalmente", dobbiamo prendere
atto che la democrazia deve sempre fare i conti con la sua naturale
tendenza alla riduzione del potere in poche mani, nelle mani di
élites. Gli studi in proposito sono numerosi; le loro teorizzazioni
presentano diverse varianti e le conclusioni cui pervengono non
sono necessariamente in opposizione alle esigenze minime della
democrazia. Ma le cose cambiano quando dalle élites si
passa alle oligarchie, anzi a quella che è stata definita
la "ferrea legge delle oligarchie": una legge che esprime
una tendenza endemica, cioè mossa da ragioni interne ineliminabili,
sia della democrazia sia delle stesse élites. Questa tendenza
è denunciata concordemente dai critici della democrazia,
i critici sia di destra che di sinistra. Il che è quanto
dire che la denuncia è corale e che coloro che proclamano
l´ideale del governo del popolo sono o degli ingenui o degli
impostori. La "ferrea legge" si basa sulla constatazione
che i grandi numeri, quando hanno conquistato l´uguaglianza,
cioè il livellamento nella sfera politica, cioè
quando la democrazia è stata proclamata, e tanto più
è proclamata allo stato puro, cioè come democrazia
immediata, senza delega, per ragioni strutturali ha bisogno di
piccoli numeri, di gruppi di potere ristretti. Non basta. L´oligarchia
non è però l´élite. L´oligarchia
- si potrebbe dire così - è l´élite
che si fa corpo separato ed espropria i grandi numeri a proprio
vantaggio. Trasforma la res publica, in res privatae. Poiché,
poi, questa è una patente contraddizione rispetto ai principi
della democrazia, occorre che queste oligarchie siano occulte
e che esse, a loro volta, occultino il loro occultamento per mezzo
del massimo di esibizioni pubbliche. La democrazia allora si dimostra
così il regime dell´illusione. Il più benigno
dei regimi politici, in apparenza, è il più maligno,
in realtà. Il "principio maggioritario", che
è l´essenza della democrazia, si rovescia infatti
nel "principio minoritario", che è l´essenza
dell´autocrazia: un´autocrazia che si appoggia su
grandi numeri, ma pur sempre un´autocrazia e, per questo,
più pericolosa, non meno pericolosa, del potere in mano
a piccole cerchie di persone che possono sostenersi solo su se
stesse.
(...)
Le oligarchie nascoste di cui stiamo parlando, per il sol fatto
d´essere tali, tendono naturalmente, anzi necessariamente,
all´illegalità e alla corruzione. Poiché le
oligarchie del nostro tempo sono costruite e finalizzate all´accaparramento
di ricchezza - sempre questo: pecunia regina mundi - il potere
di cui si parla oggi è il potere illegale e corruttivo
del denaro di cui si occultano il possesso e la gestione per poter
corrompere ogni altro ambito della vita sociale. È una
tendenza "naturale", per l´ovvia, antropologica
legge del potere che già Montesquieu ha chiarito, nella
sua crudezza: chi detiene il potere, se non incontra limiti, è
portato ad abusarne. Le oligarchie del nostro tempo non incontrano
altri limiti se non quelli rappresentati da altre oligarchie.
Ma l´abuso come limite all´abuso è semplicemente
una complicazione dell´abuso. È anche una tendenza
"necessaria", perché i regimi dei pochi sono
incompatibili con la legalità uguale per tutti. Le oligarchie
hanno bisogno di privilegi, cioè di leggi che valgono solo
per loro, diverse da quelle che valgono per tutti gli altri. O,
quanto meno, hanno bisogno che le leggi generali e astratte siano
interpretate e applicate a loro in modo tale da non contraddire
l´esistenza dell´oligarchia stessa. Ciò che
occorre loro è una "giustizia dei pari", diversa
da quella comune; un "foro speciale" non di giudici
imparziali, ma di giudici amici. "Un´aristocrazia -
ha scritto Tocqueville, e noi potremmo senz´altro dire:
un´oligarchia - non potrebbe lasciarsi sfuggire i suoi privilegi
senza cessare d´essere una aristocrazia". La legalità
uguale per tutti - lo si comprende senza spiegazioni - è
incompatibile con la divisione della società in appartenenti
ed esclusi dal potere oligarchico. Quando, alla fine, nel senso
comune si sommano due percezioni: l´estraneità al
potere e la sua illegalità e corruzione, ecco la miscela
esplosiva che può indurre a chiedere che la si faccia finita
con la democrazia, se essa, in concreto, significa queste cose.
Che
dire, allora? La democrazia è destinata a trasformarsi
in oligarchia; l´oligarchia è in se stessa disuguaglianza
di fronte alla legge; l´illegalità e la corruzione
sono la conseguenza. Allora, dunque, alla domanda se le promesse
della democrazia siano tali da non poter essere mantenute, la
risposta sembra che debba essere: sì, non possono essere
mantenute. Si fondano le democrazie e si mette in moto un processo
destinato alla rovina delle società. Fermiamoci un momento,
però, prima di questo passo fatale, del quale, se lo facessimo
leggermente, ci dovremmo presto pentire, perché, abbandonata
la democrazia, avremmo solo autocrazie e le autocrazie non sono
un rimedio, sono anzi l´accentuazione dei mali.
(...)
Potremmo forse dire così: la democrazia non è -
nel senso che non può essere - l´autogoverno del
popolo che si afferma durevolmente. È invece la possibilità
istituzionalizzata, dunque resa stabile secondo procedure riconosciute
e accettate, di combattere e distruggere sempre di nuovo le oligarchie
ch´essa stessa nutre dentro di sé. Una definizione
in negativo, dunque: qualcosa che si qualifica per essere contro
un´altra. Da questo punto di vista, la democrazia è
tutt´altro che un ideale impossibile. È invece una
possibilità, cioè una serie di strumenti che spetta
a noi di utilizzare, per tradurre in pratica l´avversione
alle oligarchie. Se gli strumenti esistono e non sono utilizzati,
non si può dire che non c´è democrazia, ma
si deve dire che la democrazia (come possibilità) c´è
e ciò che manca è la pratica della democrazia. Allora,
la responsabilità dello scacco non deve essere addossata
alla democrazia come tale, ma deve essere assunta da noi, incapaci
di utilizzare le possibilità ch´essa ci offre. Se
cediamo all´accidia della democrazia, è perché
prevale sulla libertà morale il richiamo del gregge e la
tendenza gregaria, che sono il lato biologico profondo degli esseri
umani che l´avvicinano agli altri esseri viventi, come ha
messo in luce Sigmund Freud nel suo studio sulla psicologia delle
masse. Ma il gregge è una possibilità, non un destino.
(....)
Diciamo così, a costo di cadere nell´enfasi: la democrazia
vuole potenti gli inermi e inermi i potenti; vuole forti i giusti
e giusti i forti. È per questo che i suoi nemici mortali
sono le concentrazioni oligarchiche del potere. Contro le concezioni
ireniche della democrazia, non possiamo pensare ch´essa
sia il regime che definitivamente pone fine ai conflitti, eliminandone
le cause. Il suo tempo non è quello in cui tutto è
pacificato. Non è il regno dell´armonia, della giustizia
e della concordia. È illusione che sia il luogo ove "il
lupo dimorerà con l´agnello, il leopardo si sdraierà
accanto al capretto, il vitello e il leoncello pascoleranno insieme,
il lattante si trastullerà sulla buca della vipera"
(Isaia, 11, 1-9). Questo sarà, se mai sarà, il tempo
messianico. Finché ci sarà politica, ci saranno
conflitto, ingiustizia e discordia. La questione non è
come eliminarli, ma come affrontarli.
Questo
testo è un brano tratto dall´introduzione di Zagrebelsky
al volume "L´interesse dei pochi, le ragioni dei molti.
Le letture della Biennale Democrazia", a cura di Pier Paolo
Portinaro, che esce l´8 marzo per Einaudi. La prossima edizione
della Biennale Democrazia sarà dal 13 al 17 aprile
FONTE: La Repubblica, 5 marzo 2011
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