UN
ORIENTAMENTO SPIRITUALE PER L'OGGI NEL SEGNO DELL'ALLEANZA
Questo il titolo che mi è stato affidato. Faccio una premessa.
Sono lontano dai vostri gruppi da trent'anni e quindi registrerete
purtroppo nelle mie parole una distanza, che per fortuna
sarà colmata dagli interventi di oggi che entreranno sempre
nel tema, penso a quello ora ascoltato di Serena Grechi
e quelli che seguiranno nella mattinata e nel pomeriggio...
Mi
sento più sereno: colmeranno i miei vuoti e colmeranno anche
questa mia modalità di procedere non tanto per concatenazioni
logiche ma più per storie e sussulti, in uno stile quasi
rapsodico. La mia non sarà una lectio sul capitolo 7 del
Deuteronomio da cui è stato estrapolato un versetto, il
nono, che dice: . "Riconosci dunque il Signore, tuo Dio:
egli è Dio, il Dio fedele, che mantiene l'alleanza e la
bontà per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano
i suoi comandamenti".
Vi
devo subito dire che il testo è un piccolo tesoro - e anche
questo fa pensare - dentro un contesto da brivido, sia perché
i versetti continuano dicendo che "Dio ripaga direttamente
coloro che lo odiano facendoli perire; non concede una dilazione
a chi lo odia, ma li ripaga direttamente". Un Dio che non
concede dilazioni cozza contro tante immagini di Dio che
tutti noi custodiamo nel cuore. Ma poi, aggravando, il testo
continua con l'invito allo sterminio, uno sterminio totale,
brutale dei nemici.
Potremmo
dunque dire che sulla genuina immagine di Dio si sono stratificate
opinioni di uomini, preoccupazioni e strategie del tempo
in cui il libro è stato scritto: ci si illudeva di preservare
la purezza della religione eliminando il diverso. L'affresco
va ripulito. Ma già questo porta a una considerazione sul
modo corretto di leggere le Scritture e sull'intelligenza
del vostro metodo che vi porta puntualmente a riflettere
su pagine dell'Antico e Nuovo testamento.
Anche
a proposito di Scritture sacre viene chiamato in causa un
sano discernimento. Vi hanno aiutato nei gruppi di Rinascita
biblisti di grande riferimento, penso solo agli ultimi,
il gesuita padre Ska, a Rosanna Virgili, mia amica... Una
distorta immagine di Dio, ricavata ingenuamente dai testi
sacri, non solo allontana dal Dio dell'alleanza, dal fare
alleanza, ma può indurre alla deriva dei più brutali e biechi
fondamentalismi.
Ed
eccomi a sfiorare, dico solo sfiorare, alcuni appunti su
una spiritualità dell'alleanza. Comincerò con il dire che
una spiritualità dell'alleanza è una spiritualità dell'umiltà.
Ci introduce nella sapienza dell'umiltà, umili davanti a
Dio e all'altro. Perché? Perché a far parte dell'alleanza
non sei entrato per la tua bravura, per la tua perfezione.
Siamo lontanissimi, o dovremmo esserlo, da ogni ubriacatura
di presunzione.
Dio
si è stretto a noi non perché siamo chissà chi o chissà
che cosa. Dice il testo ai versetti che lo precedono: "Il
Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete
più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il
più piccolo di tutti i popoli -, ma perché il Signore vi
ama" (7-8). Piccolezza di numero e di potere, paradossalmente
può diventare una opportunità per parlare al mondo della
stranezza dell'alleanza di Dio. Che ci ama nella gratuità.
Chiunque
tu sia, piccolo o peccatore che tu sia. Penso che ha amato
me tra i più piccoli e i peccatori. Lontani dunque da ogni
ostentazione, da ogni esibizione, dal gridare in piazza.
La terra dell'umiltà come ingresso, condizione sine qua
non, al fare alleanza. Un spiritualità dell'alleanza è una
spiritualità della fiducia, impenitenti nella fiducia. Una
fiducia che parte da questo convincimento: che Dio non si
è pentito della sua alleanza. E se qualche volta può sembrare
che a parole si penta, poi si converte e non la ritratta.
Alleanza
come fiducia. E dunque sei un uomo spirituale, sei una donna
spirituale non quando rifuggi schifato o schifata da Ninive,
giudicandola città perduta, irrecuperabile, ma quando pensi
che in Ninive, in questa mia città, Dio si è scelto un popolo
e che quel popolo prima che tu ci metta piede già è stato
raggiunto - ed è quindi abitato - dall'amore di Dio. Nasce
- voi mi capite - un modo di guardare, di guardare donne,
uomini, di guardare la storia, di guardare la terra. "Del
tuo spirito, Signore" cantiamo nelle liturgie "è piena la
terra!".
Ma
poi ce lo dimentichiamo. Basterebbe pensare come e quanto,
in tanti nostri giudizi e discorsi, è latente l'idea di
un Dio che si è ritratto. Vai in metropolitana, guardi e
dici nel tuo cuore: "Del tuo spirito, Signore, è piena la
terra". Guardi i volti che affollano la carrozza e pensi:
"In questi volti, i più diversi, abita il tuo Spirito, Signore".
L'alleanza ci precede in forza di uno spirito che ci precede:
ci diceva il card. Martini... E' vero ci portiamo addosso,
in giorni come i nostri, - e lo confessiamo - una sorta
di spaesamento, ma questo non può indurci - se crediamo
nell'alleanza non ritrattata - a lasciarci soffocare nel
pessimismo, quasi fosse esaurita la grazia di Dio.
Ebbene
la tentazione in agguato è quella della fuga dalle strade,
per difenderci in spazi protetti, in cenacoli chiusi. Cenacoli
chiusi a volte sono anche le nostre mentalità chiuse. C'è
sempre incombente questa tentazione della fuga, del tenere
le distanze. La fuga per diffidenza, per sfiducia. Convinti,
come Giona, della indifferenza al bene della città. Se nei
nostri occhi abita questa sfiducia verso l'altro, l'esito
è che lo costringiamo a rintanarsi. E' la fiducia, che abita
i tuoi occhi, a stimolare l'altro a uscire. A condividere
con te le domande che lo abitano.
C'è,
vedete, un sommerso che non appare. Un sommerso di bene,
di sacrificio, di generosità, di fatica quotidiana, di passione,
di ricerca, di attesa che non appare. Bisogna avere occhi
per scoprire dove abita oggi lo Spirito, oggi più di ieri.
Quello che vi dico potrà sembrare a qualcuno di voi discutibile,
ma a me sembra che oggi un luogo dello Spirito sia la domanda.
L'uomo e la donna rimangono, anche nelle nostre città, e
forse anche perché vivono nella grande città, quasi per
reazione, aperti alla domanda.
Alla
domanda, non alle definizioni. Il cammino della fede nella
città non inizia mai, o quasi mai, dalle definizioni o dalle
proclamazioni, inizia come quello di Emmaus dalla condivisione
di un viaggio e da una domanda: "Di che cosa state discorrendo
lungo il cammino?". Fatti compagno, compagna, di viaggio
e chiedi: "Di che cosa state discorrendo lungo il cammino?".
La strada delle nostre città, proprio perché terre di pluralismo,
è luogo delle domande: quelle serie, quelle della vita,
così diverse dalle domande coltivate in laboratorio!
Di
qui l'urgenza di essere, come Gesù, là dove nasce la domanda.
E la domanda nasce spesso fuori dalle chiese, nasce per
le strade e nelle case: là dove accade una nascita, una
malattia, una morte, là dove ci si innamora o ci si sposa,
là dove si legge una luce negli occhi dei figli o si legge
il baratro di un disagio, il vuoto della delusione o della
droga, là dove ogni giorno è la fatica di vivere, in faccia
a se stessi e al mondo.
Tutto
questo ci porta a pensare che la spiritualità dell'alleanza
è una spiritualità dell'ascolto. Dell'ascolto delle domande,
delle domande e dei pensieri. Prima ascolta. Noi parliamo.
Chiamiamo a raccolta e subito parliamo. Parliamo noi, nelle
case come nelle chiese. Parliamo: quanto si parla! E non
raramente a vuoto, perché il parlare, se prima non si è
ascoltato, è un parlare a vuoto. Un parlare che non fa alleanza
perché è unilaterale, sporcato dalla pretesa che
tutti rientrino nei nostri principi, nelle nostre codificazioni.
Quasi chiedessimo come preliminare una condizione di appartenenza,
mentre Dio non parte dalle appartenenze.
Gesù
amico di pubblicani e peccatori insegna. Ebbene se oggi
stiamo assistendo a una fuga, dalle chiese, delle donne
e dei giovani, uno dei motivi, e non credo sia l'ultimo,
penso sia questo: che non si sentono ascoltati, si sentono
guardati, vasi vuoi da riempire. Stiamo davanti a loro come
fossimo davanti a una assenza e non a una presenza. Una
presenza significativa per me. E quindi da ascoltare. Ricordo
la sensazione di disagio che pativo anni fa con i miei confratelli
preti quando, parlando di fidanzati, dicevano: "Arrivano
che in chiesa non ci mettono piede da dieci e più anni?
Ebbene si beccano un bel catechismo!".
Vasi
vuoti, da riempire. Mi permettevo di dire loro che era semplicemente
il contrario. E che Dio nelle Scritture sacre si era raccontato
proprio usando l'immagine di un uomo e di una donna che
si amano e che stessimo a guardare loro, i fidanzati, perché
proprio dal loro amore avremmo potuto capire qualcosa di
Dio. Qualcuno di voi forse potrà pensare che sto esagerando
e che inverto le parti.
Ebbene
ho trovato la stessa indicazione anni fa leggendo il libro
"Conversazioni notturne a Gerusalemme" del card. Martini.
Anni fa Georg Sporschill, un gesuita, che lavora con i bambini
di strada e con i minori abbandonati, realizzò un'intervista
al Cardinale Martini. Nel corso dell'intervista pose una
domanda al Cardinale: "Invece di essere lei a predicare,
lei lascia che sia la gioventù a illuminarla. Un nuovo principio
pastorale?". Rispose il Cardinale: "Nella gioventù ho trovato
la più valida conferma di tale principio pastorale, sempre
che di questo si tratti. Nella Chiesa nessuno è nostro oggetto,
un caso o un paziente da curare, tanto meno i giovani. Perciò
non ha senso sedere a tavolino e riflettere su come conquistarli
o su come creare fiducia: deve essere un dono. Sono soggetti
che stanno di fronte a noi, con cui cerchiamo una collaborazione
e uno scambio. I giovani hanno qualcosa da dirci. Essi sono
Chiesa, a prescindere dal fatto che concordino o meno con
il nostro pensiero e le nostre idee o con i precetti ecclesiastici.
Questo dialogo alla pari, e non da superiore a inferiore
o viceversa, garantisce dinamismo alla Chiesa: In tal modo
l'affannosa ricerca di risposte ai problemi dell'uomo moderno
si svolge al cuore della Chiesa" (Carlo Maria Martini, Conversazioni
notturne a Gerusalemme, Mondadori, 2008, pag. 47).
La
spiritualità dell'alleanza è una spiritualità dell'attesa
perché riposa non sui risultati, ma sulla fiducia nel seme
gettato, conosce la gradualità, conosce che cosa può aiutare
a crescere e che cosa può provocare la morte del seme. Occorre
discernimento. Potrei dirvelo con una storia. Tre anni fa
mi arriva la telefonata di una donna, mi chiede di potermi
parlare. Mi trovo davanti agli occhi una donna che si dice
non credente, mi confida che i medici, quelli più ottimisti,
non le danno molto tempo, al massimo un anno, per vivere.
Mi
dice che un'amica le ha passato il mo nome. L'amica, il
giorno del suo funerale, mi confidò che quando le passò
il mio nome, Daniela le disse: "Ma non sarà uno che vuole
vuole convertirmi". L'amica le replicò che non avrei, mai
e poi mai, preteso di convertirla. Ebbene che cosa avrei
potuto suggerire alla sua ricerca se non il vangelo? Leggemmo
il vangelo di Luca. Ci vedevamo quasi tutte le settimane.
Tra
chemio e pallide speranze la vedevo scavarsi nel fisico,
settimana dopo settimana. Ma ancor più la vedevo scavare
tesori nel vangelo, tesori non solo a lei, ma anche a me
sconosciuti. La figlia, non battezzata, la vedeva come illuminarsi.
Sul principio aveva teneramente scherzato con la mamma chiedendole
se la sua non fosse una infatuazione mistica. Poi s'accorse
che era ben altro. Era un viaggio. Così lo chiamò, il viaggio
della sua mamma.
Che
era dopo mesi approdata anche all'eucaristia. Viaggio con
tappa al funerale, solo una tappa e non un finecorsa, perché
in lei era nato un amore per Gesù, che conviveva con tutti
i suoi dubbi, i nostri dubbi, ma più forte dei suoi e dei
nostri dubbi. Che cos'è la città? Una chiesa affollata al
suo funerale, un silenzio, intenso, palpabile, commovente
di amiche ed amici, che per lo più non hanno buona frequentazione
di chiese. E alla fine anche una ferita. Si può tessere
un'alleanza o la si può anche ferire.
Chiedono
al parroco la possibilità che la figlia e la nipotina possano
dare voce ad alcuni sentimenti per la mamma, per la nonna.
Dice di no, che lo facciano, ma non in chiesa, quasi il
farlo la sconsacrasse, ma sulla porta. Alla porta della
chiesa, prima di uscire, la bambina, con voce che tremava,
lesse una lettera alla sua nonna. La figlia chiede di poter
aggiungere la sua voce, il parroco reagisce con un gesto
deciso, qualcuno lo chiamò rozzo: "Fuori, Fuori!".
Nemmeno
sulla porta della chiesa. Un colpo al cuore. Fuori la figlia
legge - quasi la voce non si sente, fuori - legge davanti
al carro funebre. Sotto il sole, all'aperto. Dio benediceva.
Faceva alleanza fuori della chiesa. Qualcuno l'aveva rotta
nella chiesa. Vorrei finire, sono solo accenni. E finisco
dicendo che l'alleanza di Dio , come ci dice così frequentemente
il vescovo di Roma, ci spinge nelle periferie.
Non
possiamo più pensare che l'alleanza sia ristretta alla frequentazione
delle chiese. E le periferie possono essere i luoghi dove
l'alleanza di Dio la puoi svelare prendendoti tu cura della
povertà dell'altro, con la partecipazione ai momenti e ai
luoghi dove si progetta un mondo in cui sia più riconoscibile
l'alleanza di Dio con il suo popolo, soprattutto per quelli
che sono ritenuti lo scarto dell'umanità e proprio per questo
hanno la preferenza di Dio.
Sulla
strada che scende da Gerusalemme va celebrata l'alleanza,
alla periferia del tempio di Gerusalemme. Sacerdote e levita
hanno tradito l'alleanza. Il samaritano eretico l'ha onorata.
Stare nelle periferie per tessere alleanze. Vorrei fare
un ultimo cenno alle periferie dello spirito che incrociamo
fuori delle chiese. Periferie che a volte ci sgomentano
perché passano oggi vicino a noi, anche nelle nostre case,
dove l'immagine antica di credente sembra messa in questione.
E'
lì che siamo chiamati, non possiamo chiuderci - e già ve
lo dicevo - nelle chiese, ma stare, oserei dire, nei luoghi
più impropri. Finisco con un racconto che forse può dire
quello che sto pensando. Ho un carissimo amico, una persona
giovane, che unisce profondità del credere e "stravaganza",
affascinante, lettore infaticabile di libri religiosi, anche
di mistici e nello stesso tempo stravagante, come lo possono
essere - lui è uno di questi - i parrucchieri dell'alta
moda.
Si
è sposato due anni fa. Sua moglie, una bellissima ragazza,
lavora come fotografa e da poco hanno una bellissima bambina,
che hanno chiamato Francesca, come il Papa. Qualche giorno
fa mi hanno raccontato che una top model, mentre la stavano
preparando, è scoppiata a piangere: "Mi chiedono di essere
diversa da come sono, non ci sto dentro" dice loro. Quella
giovane donna, poco più che ventenne, si stava perdendo.
E
si è sfogata con il mio amico e con sua moglie, proprio
mentre la preparavano per un ritratto. Probabilmente si
è sentita accolta e ascoltata. Oggi il posto dei cristiani
veri non è tanto nelle Chiese, nelle celebrazioni, nei monasteri,
ma ai crocicchi delle strade. Sta nella vita. L'alleanza
passa nei luoghi della vita. Non perdete il passaggio. Nella
vita.
|