Le
«armi» nonviolente di un Dio nonviolento
Negli Stati Uniti, dopo qualche
tempo in cui erano state felicemente sospese, sono tristemente
ricominciate, con la loro lugubre liturgia di morte, le
esecuzioni capitali, che del resto, come sappiamo, sono
molto più frequenti in Cina e in molti altri paesi
(in particolare musulmani, ma non solo), malgrado la moratoria
internazionale decisa dallAssemblea generale dellOnu
alcuni mesi or sono. Ora la pena di morte è uno degli
aspetti più vistosi e drammatici di una violenza
distruttiva che alberga sia nei rapporti umani, come apprendiamo
dalle prime pagine della Bibbia (Caino e Abele), sia nelle
istituzioni pubbliche. Gesù ha indubbiamente fatto
un passo avanti sul terreno della nonviolenza. Ma dopo tanti
secoli di insegnamenti religiosi mi rendo conto che il problema
della violenza è rimasto insoluto, anzi è
peggiorato. Grazie anche al contributo di paesi che si richiamano
al cristianesimo, Caino primeggia, Abele soccombe. La parte
debole delle società moderne donne, bambini,
anziani, disabili, malati, precari, ecc. continua
a essere sottoposta alla prepotenza di Caino. Riusciremo
a diventare un mondo civile, anziché sprofondare
in un inferno malgrado il tanto proclamato cristianesimo?
Vincenzo Caratozzolo Messina
Il
nostro lettore ha sostanzialmente ragione quando dice: «Dopo
tanti secoli di insegnamenti religiosi il problema della
violenza è rimasto insoluto». È vero
che Caino continua a spadroneggiare e a seminare morte intorno
a sé. È vero che le religioni non lo hanno
convertito e neppure ammansito. È vero che il cristianesimo
non ha risolto il problema della violenza, e vedremo perché.
Forse però non è del tutto vera laltra
affermazione del nostro lettore, che la situazione sia oggi
peggiore di prima.
Prendiamo a esempio la pena di morte. È vero che
è ancora largamente praticata nel mondo, ma mentre
nei secoli passati tutti gli Stati, senza eccezione, ne
facevano uso, oggi molti paesi lhanno abolita. In
questo senso la situazione è migliorata, Non solo,
ma è cresciuto il numero delle legislazioni nazionali
che oggi riconoscono e fanno propri i diritti umani fondamentali,
tra i quali cè il diritto alla vita e allintegrità
fisica della persona, anche se spesso queste belle dichiarazioni
restano sulla carta, perché certi governi sono i
primi a non osservarle. Comunque, un miglioramento, almeno
legislativo, cè.
Così pure si devono ricordare le convenzioni internazionali
sottoscritte da molti Stati che vietano luso della
tortura e di altri trattamenti disumani. Insomma: passi
avanti se ne sono fatti. Resta però vero che il problema
della violenza rimane irrisolto e che nel nostro mondo la
violenza, con la sua carica disumanizzante, dilaga in mille
modi diversi su tutti i fronti, da quello militare a quello
verbale, da quello internazionale a quello domestico (quanta
violenza nelle famiglie!), da quello economico (la violenza
del mercato) e quello sportivo (la violenza negli stadi),
da quello delle istituzioni a quello delle singole persone.
Quando leggiamo nel libro della Genesi che nei primordi
della storia umana «la terra era piena di violenza»
(Genesi 6, 11), sembra di leggere un qualunque quotidiano
dei nostri giorni: i tempi sono diversi, ma la fotografia
è la stessa. Leggiamo anche, in quei primi capitoli
della Bibbia, che Dio non sopportò lo spettacolo
di una terra piena di violenza, e mandò il diluvio,
sperando che da Noé, «uomo giusto, integro»
(Genesi 6, 9), sarebbe nata unumanità diversa,
nuova. Speranza vana! La terra, ripopolandosi, è
presto ridiventata piena di violenza, come lo è oggi.
Non è servito il diluvio, non sono servite le leggi,
né le lezioni della storia, né le incalcolabili
sofferenze causate dalla violenza, e non sono servite neppure
le religioni, cristianesimo compreso.
Ora
il cristianesimo avrebbe potuto e dovuto essere una religione
nonviolenta. «Gesù ha indubbiamente fatto un
passo avanti sul terreno della nonviolenza», dice
il nostro lettore. No, di «passi avanti» Gesù
ne ha fatti molti di più di uno, li ha fatti tutti.
Profeta disarmato la cui unica arma è stata la parola,
ha incarnato la nonviolenza nella sua predicazione e nella
sua vita, è stato ed è nonviolenza personificata.«Beati
i mansueti, perché essi erediteranno la terra»
(Matteo 5, 5) la terra, si noti, non il cielo! «Beati
quelli che sadoperano per la pace, perché saranno
chiamati figli di Dio» (Matteo 5, 9). Dio infatti,
dopo il diluvio, massima iniziativa violenta, avendo constatato
che non serve a nulla combattere la violenza con una violenza
più grande, ha scelto un altro modo per combattere
la violenza: ha mandato la sua parola, e poi suo Figlio,
convertendosi se così si può dire
alla nonviolenza: ecco perché chi lavora per la pace
praticando la nonviolenza è chiamato figlio di Dio.
Ma
non cè solo questo. Cè la parola
sul «non resistere al malvagio» e sul «porgere
laltra guancia» allaggressore una
parola sulla quale in ogni tempo sè fatta ironia
a buon mercato: in realtà Gesù vuole illustrare
una verità sacrosanta, e cioè che lunico
modo efficace per spezzare la catena della violenza è
la nonviolenza. Ma cè di più: quando
i discepoli proposero a Gesù di far scendere «fuoco
dal cielo» su un villaggio samaritano che non li aveva
accolti, Gesù «li sgridò» (Luca
9, 55). E quando nel Getsemani un discepolo volle difendere
Gesù con la spada ferendo un ragazzo, Gesù
gli ordinò di riporre la spada nel fodero «perché
tutti quelli che prendono la spada, periscono per la spada»
(Matteo 26, 52).
Che cosa vuol dire ? Vuol dire che uccidere un altro è
anche sempre un po uccidere se stessi; chi uccide
un uomo, nega, cancellandola, la sua stessa umanità.
E quello che Gesù ha insegnato, lo ha anche vissuto
rifiutando le «dodici legioni di angeli» (Matteo
26, 53) che avrebbe potuto convocare in sua difesa, se avesse
voluto. Ma non ha voluto. Ha preferito restare fedele alla
scelta nonviolenta pur subendo ogni sorta di violenze: la
violenza del potere, che ha paura di questo profeta disarmato,
di questo re senza esercito, di questo Maestro tradito,
venduto e abbandonato dai suoi discepoli; la violenza della
folla cieca, che dopo aver gridato «Osanna!»,
ora grida «Crocifiggilo!»; la violenza della
legge che condanna a morte, dopo un processo sommario, un
presunto sovversivo. Gesù nonviolento soccombe sotto
il peso di tutte queste violenze, ma Dio lo ha risuscitato
e con lui ha risuscitato la nonviolenza.
Difatti il suo discepolo migliore, Paolo di Tarso, ha scritto
il più bellinno alla nonviolenza di tutta la
letteratura cristiana di ogni tempo. Si trova nella lettera
agli Efesini, al capitolo 6, ed è intitolato «Larmatura
di Dio». Potremmo anche intitolarlo «Lo striptease
del legionario romano». Paolo spoglia letteralmente
il legionario romano, togliendogli di dosso, uno dopo laltro,
tutti i pezzi che formano la sua armatura (cintura, spada,
corazza, elmo, scudo, calzari). Ora il legionario è
nudo! È anche lui disarmato. Allora Paolo lo riveste
con una nuova armatura, i cui pezzi hanno lo stesso nome
ma tuttaltro contenuto (verità, giustizia,
pace, fede, Parola, Spirito): queste armi non uccidono,
ma salvano, sono le «armi» nonviolente di un
Dio nonviolento.
Se
dunque il cristianesimo storico fosse stato fedele a Gesù
e a Paolo sarebbe stato una religione nonviolenta. Ma non
lo è stato. E non ha risolto il problema della violenza
nella società (neppure in quelle che ha contribuito
a plasmare), perché questo problema non lha
risolto neppure al suo interno. E perché non lha
risolto ? Essenzialmente per due motivi.
Il primo è stato, con leditto dellimperatore
Teodosio I, detto «il Grande», il 28 febbraio
380, che ha fatto del cristianesimo la religione dellimpero,
lunica ammessa, imposta a tutti i sudditi con la forza
della legge dello Stato e, se necessario, con la forza delle
armi. Il fatto di essere diventato religione imperiale ha
determinato, a mio avviso, una mutazione genetica del cristianesimo.
Il secondo motivo per cui il cristianesimo non è
diventato una religione nonviolenta è che Agostino,
per primo in casa cristiana, ha elaborato una teologia della
«guerra giusta», anziché elaborare una
teologia della pace. Da quel momento tutti gli Stati, anche
quelli influenzati dal cristianesimo, hanno considerato
«giuste» le loro guerre. Si noti: la dottrina
della «guerra giusta» rappresentava in un certo
senso un superamento della situazione precedente, in cui
non ci si poneva neppure il problema se una guerra fosse
o non fosse giusta: ogni guerra lo era! Agostino sperava,
con la sua dottrina, di arginare il fenomeno della guerra,
e non certo di giustificarlo. La storia però ha dimostrato
quanto vana, e in fondo ingenua, fosse quella speranza.
Ma il cristianesimo ha coltivato, con maggiore o minore
convinzione, la dottrina della guerra giusta quasi fino
ai nostri giorni. Solo dopo la seconda guerra mondiale si
è cominciato a metterla in questione.
Il
cristianesimo, non avendo risolto il problema della violenza
neppure al suo interno, non ha finora fatto molto per diminuire
il tasso di violenza presente in proporzioni allarmanti
nel mondo e anche nelle società tradizionalmente
considerate cristiane. Ma se è vero che lunica
forza capace di vincere la violenza è la nonviolenza,
allora il cristianesimo potrà contribuire a liberare
il mondo dal demone della violenza solo diventando quello
che finora non è stato, cioè una religione
nonviolenta. In realtà, è lumanità
che deve diventare nonviolenta, se vuole sopravvivere. La
grande svolta che le è richiesta e che dovrebbe caratterizzare
il millennio appena iniziato è forse proprio la conversione
alla nonviolenza.
Ma come possiamo pensare che questo accada, se la chiesa
stessa non ha ancora sposato la nonviolenza, malgrado lesempio
di Gesù e di Paolo e la bella testimonianza di gruppi
e movimenti cristiani nonviolenti, come i Mennoniti, i Quaccheri,
il Movimento Internazionale della Riconciliazione e altri
ancora? Uomini come Albert Schweitzer e Martin Luther King
(ma tanti altri nomi dovrebbero essere fatti) non sono forse
stati mandati da Dio alla nostra generazione proprio per
indicarci la via stretta ma giusta da percorrere per diventare,
come comunità cristiana, una fucina e una scuola
di nonviolenza? Non è anche questo un aspetto (uno
soltanto, ma quanto importante!) di quel «debito»
(Romani 1, 14) che come cristiani abbiamo nei confronti
dellumanità?
PAOLO
RICCA
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