STAI
IN ASCOLTO DEL TUO POZZO. LI' TROVERAI DIO
L'
"alfabeto" di don Angelo Casati: "Stai in ascolto del tuo
pozzo. Lì troverai Dio"
Erede della forza morale di David Maria Turoldo e don Milani,
don Angelo Casati pubblica l'"Alfabeto di Dio". E parla
del suo rapporto con la vita e la morte, i soldi, l'amore
e la sua città, Milano
Don
Angelo Casati, classe 1931, poeta, scrittore, sacerdote
e innamorato di Dio.
Si
sente tale?
"Innamorato
di Gesù, mi è arrivato il suo racconto. Ricordo che in una
vecchia versione degli Atti degli Apostoli i cristiani venivano
chiamati "quelli della dottrina". Ora una traduzione più
corretta li chiama "quelli della via". La differenza è enorme?
Puoi forse innamorarti di una dottrina? Io no. Di una persona
sì. Puoi rincorrerla. Magari da lontano. Sono innamorato
delle tracce, delle orme, che Gesù ha lasciato sulla terra".
Nell'ultimo
libro, "L'alfabeto di Dio" (il Saggiatore), lei
scruta le persone, le cose attorno a sé. E vi vede la presenza
di Dio. È così?
"Mi
ha spesso colpito e, insieme, interrogato, una strana contraddizione
che si vive in non pochi dei nostri ambienti ecclesiastici.
Nelle liturgie cantiamo: "Del tuo spirito, Signore, è piena
la terra" e poi viviamo come presi dal risentimento verso
la terra, verso il nostro tempo, denunciando una totale
assenza di Dio. Teorizziamo che il vivere nel mondo ci svuota
di Dio. Io mi sento debitore: le tracce di Dio le ho sorprese
nelle pagine sacre della Scrittura, ma altrettanto nelle
pagine, per me sacre, della storia di ogni persona, nelle
cronache della vita".
Anzitutto,
chi è Dio per lei?
"Mi
sento come abitato dal suo soffio, lo Spirito. Con la sensazione
che se mi mancasse, ricadrei nel nulla. Mi dà la forza di
agire e la grazia di vivere. E se sto in ascolto mi porta
al largo, fuori dalle strettoie codificate. Quasi fossi
sospinto a volte dal vento. Gesù diceva che è come il vento,
non sai di dove viene e dove va. Così è di coloro che sono
nati dallo Spirito. Dove c'è troppo immobilismo, troppa
rigidità, dove manca la fantasia, non c'è Dio per me. Vorrei
aggiungere che - per come me ne ha fatto il racconto Gesù
- Dio per me è tenerezza. È il pastore che rallenta il suo
passo su una pecora che va a rilento, come sono io".
Dov'è?
"Di
Francesco di Assisi si racconta che raccoglieva da terra
ogni pezzetto di carta scritto. Diceva che in esso poteva
esserci il nome di Dio e perciò non lo si poteva distruggere.
Ma si comportava così anche con gli scritti pagani. E quando
qualcuno gli faceva notare che lì sicuramente il nome di
Dio non era scritto, dichiarava che vi erano pur sempre
presenti le lettere, con cui si poteva comporre il nome
di Dio".
Più
volte lei ha citato Etty Hillesum. Disse che occorre disseppellire
il Dio che sta dentro i cuori devastati. Come si fa?
"Che
devasta i cuori è la sfiducia, è la rassegnazione al piccolo
cabotaggio depredato da ogni anelito di sconfinamento. Etty
ne vedeva il pericolo in coloro che vivevano con lei nelle
baracche del campo di concentramento. Diceva: 'Esistono
persone che all'ultimo momento si preoccupano di mettere
in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d'argento,
invece di salvare te, mio Dio'.
Vorrei usare un immagine. 'Disseppellire Dio' invitando
chiunque a mettersi in ascolto dell'acqua che gorgoglia
nel suo pozzo, voce sottile che l'ingombro delle pietre
non riusciranno mai del tutto a soffocare. Sta in ascolto
del tuo pozzo".
A
chi non ha fede come parla di Dio?
"Parlo
di Gesù, che è il racconto di Dio in una lingua umana, la
lingua di tutti. Ma che sia il Gesù dei vangeli! Non quello
pallido delle nostre immaginette, non quello spento dei
nostri documenti o di liturgie asfittiche. In lui ritrovo
il volto di un Dio difensore della nostra libertà, di uno
che ha pagato a caro prezzo la difesa della nostra libertà
e della nostra dignità, di uno che ci chiama a difendere
e a restituire a ognuno dignità e libertà. Non a parole
ma con i fatti".
Ha
mai immaginato il momento della sua morte? Come lo immagina?
Cosa accadrà?
"Se
penso alle modalità della mia morte, confesso che non riesco
a immaginarla. Anche se ci penso ogni sera quando chiudo
la porta e lascio le chiavi in posizione che non si debba
sfondarla per aprirla. A volte mi succede di sognare che
qualcuno di coloro che mi amano mi tenga la mano, perché
la morte è sorella, ma è anche lacerazione. Confesso che
ringrazio Gesù per il fatto che non ha affrontato la morte
con l'aria spavalda dell'eroe, ma provando tristezza e sgomento
prima di abbandonarsi. Questo mi rincuora, perché mi sento
un debole, un fragile".
Cosa accadrà?
"Ho passato una vita a cercare volti e me ne sono anche
innamorato. Con i salmi ho pregato: 'Il tuo volto, Signore
io cerco'. Troverò volti. E non solo quello di Dio. Anche
i volti dei miei amici. Penso che la morte non sia il fine
corsa ma l'introduzione. Ricordo di aver scritto: 'E dimora
/ all'infinito migrare / una tenda: / ombre segrete, / parole
dissepolte, / luce / che trema / sui volti'".
Se
pensa alla sua vita, qual è stata la figura che più l'ha
segnata e perché?
"Faccio
fatica a dare una preminenza. La domanda mi riporta ad amicizie.
Alcune hanno un nome conosciuto, penso a padre David Maria
Turoldo, penso al cardinale Carlo Maria Martini, penso al
priore di Bose, Enzo Bianchi. Ma poi il pensiero rincorre
volti meno conosciuti. Io non sarei per esempio quello che
sono se non fosse per le ragazze e i ragazzi che ho incontrato
al Liceo negli anni di vento del sessantotto".
Cosa
significa per lei innamorarsi?
"Come
dice la parola, è un amore che ti porta fuori. Verso. Un
perdersi dietro immagini di persone o di cose. Che è poi
anche un ritrovarsi. Sto pensando alla sventura di una versione
opaca della vita - anche della vita di fede - privata di
ogni sussulto, ridotta a un 'sopravvivere'. Tengo care le
parole di un teologo grecoortodosso Christos Jannaras, che
scrive: 'Se ti sei innamorato una volta, sai ormai distinguere
la vita dalla sopravvivenza. Sai che la sopravvivenza significa
vita senza senso e sensibilità, una morte strisciante… Se
però l'amato è accanto a te, tutto, improvvisamente, risorge,
e la vita ti inonda con tale forza che ritieni il vaso di
argilla della tua esistenza incapace a sostenerla'. E questa
esperienza, conclude Jannaras, 'non è privilegio né dei
virtuosi né dei saggi, è offerta a tutti, con pari possibilità.
Ed è la sola pregustazione del regno, il solo reale superamento
della morte. Perché solo se esci dal tuo io, sia pure per
gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio e
perché corri dietro di Lui'".
Cos'è
il silenzio?
"È
una terra non invasa, la terra dove odi il fruscio delle
presenze, un luogo dove sorprendentemente trova eco ogni
cosa, è una terra dentro di noi. Quando passo giorni senza
silenzio, mi sento come fuori paese, la sensazione è di
spaesamento".
I
soldi sono lo sterco del demonio?
"Non
li giudico tali. Penso alla parabola dei vignaioli chiamati
nella vigna a diverse ore della giornata. A tutti, la sera,
viene consegnato un denaro. Non è lo sterco del demonio,
quel denaro è la possibilità di una vita dignitosa, la possibilità
di una vita che sia vita. Sterco è l'eccesso, è vendere
l'anima al denaro, la vera idolatria".
Una
parola su Milano. Che città è oggi?
"Ha
le sue maledizioni e le sue benedizioni come ogni città.
Ha bisogno di essere amata. Ha bisogno di bellezza. A cominciare
dalle sue periferie. Vorrei usare un'immagine - evidentemente
è solo un'immagine - e dire che sogno una città con piazze,
dopo troppi marciapiedi luogo di passaggi frenetici e convulsi,
piazze come luogo del convenire, del raccontarsi, del progettare.
Luoghi - direbbe papa Francesco - che non siano un mero
spazio "di transito ma un'estensione della propria casa,
un luogo dove generare vincoli con il vicinato. Quanto sono
belle le città che superano la sfiducia malsana e che integrano
i diversi e fanno di questa integrazione un nuovo fattore
di sviluppo! Quanto sono belle le città che, anche nel loro
disegno architettonico, sono piene di spazi che uniscono,
relazionano, favoriscono il riconoscimento dell'altro!".
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