Incontri
con Gesù
Mi è stato chiesto di raccontare perché
ho scritto "Incontri con Gesù"?
Per sincerità devo riconoscere che fu per un debito
di fascino. Affascinamento da Gesù.
Se
vado a scavare da dove e da quando il fascino, nella memoria
mi si accende una età della vita e un giorno.
Ricordo,
ero in terza liceo, da anni in Seminario. Quel giorno
venne a parlarci un professore di teologia, insegnava
teologia fondamentale, Don Corti, "il bello"
lo chiamavamo, per distinguerlo da un nostro professore
di greco, anche lui Corti, che chiamavamo "il brutto".
Ci parlò di Gesù, della sua calda umanità.
Rimasi affascinato. Segnato per sempre.
Quell'episodio,
perdonate il bisticcio delle parole, fu strappato alla
sua episodicità. Divenne come una parabola per
me. Vi chiederete perché? Perché mi raccontò
della possibilità di una chiesa dove si parla di
tutto fuorché di ciò per cui esiste. Cioè
di Gesù. Immaginate quanti discorsi ascetici mi
ero sorbito dai miei padri spirituali in quegli anni di
seminario: ogni giorno, uno al mattino e uno alla sera;
quanti insegnamenti dai miei superiori, e mai, quasi mai,
dal vangelo. Quell'episodio mi raccontò anche della
possibilità di una chiesa che dica Gesù,
ma un Gesù privato della sua calda umanità,
come fosse un mezzo uomo, o anche meno, asfittico. Con
la conseguenza straziante di ambienti asfittici.
Ora
quel ragazzo di terza liceo, voi lo sapete, è un
vecchio prete. Cui, è rimasto ancora per grazia,
la voglia di guardarsi intorno. E che cosa vede? Vede,
lo rilevava giorni fa un biblista, una chiesa che prevalentemente,
dico prevalentemente, per grazia non tutta, si configura
come una istituzione in cui "prendono corpo atti
di nervosismo e di paura: comportamenti generati spesso
più dall'istinto di conservazione che dallo Spirito
di Gesù che, come diciamo nel credo, è sempre
datore di vita
Con atteggiamenti difensivi rispetto
alla società moderna. Recentemente il vescovo francese
Claude Dagens, portavoce della Conferenza Episcopale Francese,
ha detto che a volte stiamo facendo della fede una controcultura
e della chiesa una contro società. Da questa posizione
è difficile, per non dire impossibile, annunciare
il Dio di Gesù come il miglior amico di ogni essere
umano" (José Antonio Pagola).
Si
svuotano le chiese, ci si sente assediati, si vanno a
studiare strategie pastorali, sempre più complicate.
Da ingenuo, vi dirò che si lascia abbandonata,
trascurata, in un angolo, la risorsa, la vera grande opportunità,
quella che è apparsa nella storia, Gesù
e il suo vangelo, lui il racconto luminoso del volto di
Dio e del volto dell'uomo come lo ha sognato Dio.
Ho
detto "Gesù e il suo vangelo", il Gesù
dei vangeli. Che di Dio ci ha parlato attraverso la sua
umanità. Disumanizzandolo da un lato abbiamo svuotato
la fede e dall'altro abbiamo ferito, ferito a morte, nel
più profondo, il fascino di Gesù.
Allontanandoci
dal Gesù dei vangeli siamo arrivati al rischio
di essere frequentatori delle chiese - io posso essere
uno di questi - che pur frequentandole assiduamente, non
confrontano mai i loro pensieri con i pensieri di Gesù,
il loro stare al mondo con lo stare al mondo di Gesù.
Voi mi capite, si proclama Gesù, ci si impanca
a difensori dei crocifissi di legno, sostenendo nella
vita semplicemente il contrario di quello per cui Gesù
è morto di croce. Ha scritto Adriana Zarri, un'amica
che ci ha lasciati da poco: "Noi diciamo: "Crocifisso,
crocifisso" e nel contempo crocifiggiamo Cristo,
presente nei fratelli, nei poveri, nei perseguitati e
negli infelici. Faremmo meglio a preferire ai crocifissi
di legno appesi alle pareti, i crocifissi di carne che
camminano per le nostre strade senza che noi li riconosciamo
e li degniamo di uno sguardo".
Ma,
rendendo evanescente, lontana dai vangeli la figura di
Gesù, vi dicevo, si ferisce a morte il suo fascino.
Che ancora oggi è enorme. Anche fuori dai confini.
Sto esagerando, forse più fuori che dentro i confini.
Perdonate questo accenno forse troppo personale. Qualche
settimana fa parlavo con un mio amico, che di mestiere
fa l'attore in una compagnia importante, che aveva in
quei giorni un suo spettacolo al Piccolo di Milano e mi
raccontava di aver regalato un mio libro alle sue sorelle,
che non appartengono certo alla categoria dei frequentanti,
mi diceva che Maddalena e Caterina ne erano rimaste affascinate.
Sì, disse: "affascinate". Gli chiesi:
"Quale libro? Forse "Ospitando libertà"?".
Lo pensavo un libro più laico. "No" mi
disse Giovanni "era esaurito. Ho regalato loro "Incontri
con Gesù". Sono rimaste affascinate. Mi hanno
detto che ti cercheranno".
Non
ci tocca che questo, capite: indicare lui. Come fece quel
giorno il Battista quando lo vide passare e lo indicò
a quei due lontani discepoli. E cominciò tutto
da lì. Gli chiesero: dove abiti? Ma a loro non
interessava tanto certo la casa, le pietre della casa,
a loro interessava vedere dove stava lui con i suoi pensieri,
con i suoi sogni, con le sue passioni. "Andarono"
è scritto nei vangeli " e videro". Semplice.
Non ci sono le nostre complicazioni, niente di organizzato,
non ci sono proclamazioni, non ci sono parole, strategie:
"andarono e videro". E non è detto neanche
che cosa videro. Provate a rileggere l'episodio, è
tutto giocato sugli sguardi e non sulle parole.
Qualcuno,
ditemelo voi, ci ha mai insegnato che la fede, la missione
è innanzitutto una questione di sguardi, sguardi
che hanno il dono di penetrare? E non di prediche.
Potessimo ritornare a quest'aria della casa e della strada,
in cui ci si racconta e ci si passa la memoria di Gesù.
Ora
che gli anni fanno peso sulle spalle, mi capita sempre
più spesso di pensarmi nell'immagine del vecchio
sacerdote Eli, che in tempi di visioni rare, nelle ombre
del tempio, viene interpellato da un ragazzo, Samuele,
che ode voci lontane nella notte Gli occhi del vecchio
sacerdote, come i miei, erano indeboliti dall'età,
ma forse anche dalla sua incapacità di smascherare
i figli, che per vile interesse si approfittavano della
fede. Della fede e della buona fede di coloro che ancora
frequentavano il tempio. Anche oggi per vile interesse
si tace su coloro che approfittano delle religione.
In
quel contesto di ombre mi colpiva, nel testo, l'accenno
alla lampada: "la lampada di Dio non era ancora spenta".
E nella mente mi immaginavo quel sacerdote, quel vecchio
sacerdote che in tempi di decadenza religiosa fedelmente,
oserei dire testardamente, teneva accesa la lampada del
tempio. Quasi a dire che Dio resiste, resiste anche nella
notte dei tempi. E anche la notte più fonda può
essere attraversata da voci.
Ebbene
io lo so che Gesù è fonte della luce, ma,
da quando è diventato uno di noi, può anche
passare inosservato, inghiottito dall'ombra. Può
succedere però che ancora si incroci qualcuno che
alzi un lume e la luce crei riverberi sul suo volto.
Di
tante cose più non sono capace, ma questa proprio
vorrei augurarmi mi rimanesse: accendere un lume all'icona
di Gesù.
Il
tuo profumo di vento
E
venendo da cenacoli chiusi
in prati d'erbe
smunte
senza refoli di vento
l'avventura dei tuoi passi
su erbe bagnate
colorate d'ignoto
da un oltre che segna
il tuo passaggio di silenzio.
Andavi per pareti di vento.
Ed io a inseguire,
per acuto di nostalgia il tuo
profumo di vento.
don
Angelo
(Da un incontro pubblico a Lecco, 25 marzo 2011)