STORIE
DI NOVE MESI
Anche
per lei ci sarebbero voluti nove mesi. Nove mesi come per
tutte le donne. Nove mesi per metterlo alla luce. E già
si sentiva, dopo la voce, un po' gonfia, come una terra
quando il contadino vi mette un seme a dimora.
Nove mesi né uno più né uno meno anche
per lei. Non ci sono sconti. Anche se l'angelo le aveva
cambiato il nome, chiamandola "infinitamente amata",
"supergraziata".
E lei si andava chiedendo -il volto le si era fatto di fuoco-
perché la sua casa e non un'altra casa meno povera
della sua e perché il suo corpo e non un altro più
robusto del suo. Ma Dio -l'aveva capito leggendo le Scritture-
è per natura un sovversivo, rovescia i criteri mondani.
Nove mesi tutti. E glieli avrebbero contati i giorni negli
occhi, dalla luce dolce e strana degli occhi. Anche a volerlo
tenere nascosto, come farebbe ogni ragazza madre, avrebbero
indovinato il mistero dagli occhi, dalla loro dolcezza segreta,
occhi come di chi guarda dentro e non fuori.
E
accaddero, dopo l'annuncio, accaddero subito, i giorni della
visitazione. Il volto si sarebbe fatto alla donna, ancora
una volta, di fuoco, se un angelo le avesse svelato che
di quella visita, per lei normale, alla cugina, avrebbero
fatto memoria uomini e donne d'ogni dove, e non per secoli
ma per millenni.
Sono giorni che la memoria della visita di Maria nella casa
sui monti di Giuda mi ritorna insistente alla mente e al
cuore. Perché ritornino i pensieri per lo più
non sappiamo, ma spesso vanno là dove un'emozione
si è accesa.
Ora
che ci penso mi sembra di intuire: tutto viene da un'emozione
patita in questi mesi leggendo una poesia di Rainer Maria
Rilke. Appunto sulla visitazione. E io vado da un'immagine
a un'altra. La lettura non le consuma. Trascrivo qui la
poesia, come si fa per gli amici.
Visitazione
di Maria
Ancora
le era facile l'andare, al principio,
ma nella salita a volte lo avvertiva
il suo corpo miracoloso -
e si fermava, allora, respirando, sugli alti
monti
di Giuda. Non la terra, ma per lei
la sua pienezza intorno era distesa;
andando lo sentì: questa grandezza,
mai sarà varcata- questa, che ora percepiva.
E
la spingeva a posare la mano
sul grembo dell'altra, già più largo.
E barcollarono le donne l'una verso l'altra,
e capelli e vesti si toccarono.
Ciascuna,
colma del suo tempio,
nella compagna sua si riparava.
Ah, il Salvatore in lei -ancora in fiore;
ma il Battista in grembo alla cugina
ruppe la sua gioia dando guizzi.
Rimane
nei nostri occhi quell'andare, l'andare della donna di Nazaret,
in fretta, dice il Vangelo, per i monti di Giuda.
E all'inizio le era facile andare, ma poi, come accade a
tutte le donne abitate, abitate da un dolce peso, le toccava
di fermarsi a respirare in alto, per via del sentiero che
si era fatto tutto in salita.
Storia
di Maria, storia di tante donne che conosco: conosco il
loro andare leggero all'inizio, ma anche il fermarsi a respirare,
gravate da un peso che vive negli occhi.
Storia dei loro nove mesi, delle paure e delle sospensioni
del cuore che abitano i nove mesi, storia di corpi che per
il gonfiarsi si sono fatti quasi diafani, quasi in ostensione
di una vita.
Storia dell'andare leggero e del fermarsi a respirare. Storia
di Maria di Nazaret, storia di milioni di donne oggi nel
mondo.
E
sui monti, là dove per la fatica si era fatto corto
il respiro alla donna, là dove spesso in un silenzio
sospeso ti accade di abbracciare l'infinito, avvertì
con trasalimento che la grandezza vera era quell'"essere
abitati" e che,ancora una volta, Dio, per i suoi strani
giochi, aveva fatto cose "grandi" in una serva
"piccola", sovvertendo ancora una volta, impenitente
nella sovversione, gli abusati criteri di grandezza umana.
La grandezza, pensava la donna, dipende dall'essere abitati.
Dipende da chi e da che cosa ci abita.
Noi purtroppo persistiamo a tracciare righi di silenzio
sulle parole sovversive del Vangelo. Noi persistiamo a chiamare
"grandi" quelli che contano sulla terra: "A
Genova" -si dice- "si radunano i grandi
".
Costruiamo loro troni e poi, come se nulla fosse, cantiamo
nelle chiese, cantiamo, con la donna di Nazaret, che Dio
ha rovesciato i troni, ha rovesciato i potenti dai troni.
Riflessioni
le mie, queste, incrociate in modo inatteso dalle riflessioni
di un testimone al di sopra di ogni sospetto, l'Abbé
Pierre, apparse oggi in una sua intervista su un quotidiano:
"Gli 8 grandi? Ma qual è l'unità di misura
per stabilire questa loro grandezza? La ricchezza economica
e finanziaria delle rispettive nazioni? L'industrializzazione
realizzata al loro interno? Il loro potere militare? La
quantità di beni prodotti e consumati dalle rispettive
popolazioni? Basta tutto questo a far "grande"
una persona umana? Sinceramente, ho qualche dubbio. E questo
dubbio aumenta in me il dubbio sulla legittimità
di questo incontro. Per essere veramente grandi occorrono
altre qualità, occorrono vere qualità, veri
valori".
Noi oggi a decantare la nave dei grandi e non il grembo
abitato delle donne, di ogni donna. Ci stia a cuore ogni
grembo. E se c'è una passione segreta sia per quello
più piccolo, quello fatto stretto dalla fame e dalla
paura.
Il
Figlio di Dio, dobbiamo dirlo, oggi si è rinascosto.
Da quando è asceso al cielo vive nel segreto e nel
trasalimento del grembo, il grembo rigonfio della storia.
E beati coloro cui rimane un brivido di luce negli occhi,
per riconoscerlo, per non essere indotti nell'inganno, per
discernere tra rigonfiamento e rigonfiamento, tra il gonfiore
sterile dell'arroganza umana e il gonfiore tenero della
vita. E distinguere con nettezza, senza rimescolamenti,
tra ostentazione e ostensione, ostentazione urlata, ostensione
silenziosa.
E
l'incontro fu sull'uscio di casa. Incontro fra donne abitate.
Portava la cugina, lei pure, un figlio nel grembo in anticipo
sull'altro, in anticipo di sei mesi, secondo la parola dall'alto.
E Maria sentì che qualcosa
"la spingeva a posare la mano
sul grembo dell'altra, già più largo".
Fu
dunque abbraccio, fu barcollare dell'una sull'altra, fu
rimescolarsi di vesti e di capelli, fu sobbalzare di gioia
del bimbo nel grembo della donna, quella avanti negli anni,
quella data per sfiorita:
"ma il Battista in grembo alla cugina
ruppe la sua gioia dando guizzi".
La
storia di questa visitazione mi accompagna, dicevo, da giorni,
desta suggestioni, segnala sulle pareti della vita tracce
per itinerari possibili di vangelo.
La donna della visitazione sembra parlarci dalla sua storia.
Sembra parlare a tutti noi, a questa nostra chiesa che ascolta
annunci e rimane ferma, nella casa.
La storia della donna suona come un invito ai credenti,
così spesso fieri di essere abitati, abitati da Dio.
Esci. E che il Signore è nato in te, dillo visitando
la casa degli uomini. Dillo con la tua vicinanza a chi è
al sesto mese. Dillo tenendo la mano alla donna che trema
e suda per le doglie del parto. Dillo dando coraggio a tutto
ciò che sa d'inizio, sa di nascita, sa di piccolo
germoglio.
Inizia un amore, inizia un'esistenza, inizia un lavoro,
inizia un curriculum di studi, inizia una ricerca, inizia
un vangelo
È l'ora dell'inizio. La tua visita
faccia sussultare il bambino che abita ogni inizio.
Sta, chínati, dove c'è un inizio.
Vorrei
accennare, se rimane spazio, a due situazioni cui mi viene
spontaneo dare la figura dell' "inizio".
Le giovani coppie e la loro avventura. Spesso soli nella
grande città. A fronteggiare problemi quotidiani,
ritmi di vita convulsi. Soli a sperimentare la gioia ma
anche la fatica di comporre la diversità.
Ci fosse per loro una visitazione, di quelle che fanno sobbalzare
l'appena nato.
E
vorrei dire, ancora, del popolo di Seattle, piccolo Davide.
A confronto con la tracotanza dell'ingiustizia della terra:
non hanno mezzi, non hanno miliardi, non hanno imperi economici
alle spalle. Eppure il piccolo Davide, una fionda e cinque
sassi del torrente, è riuscito a mettere a tema un
problema, quello dell'ingiustizia.
Per merito del piccolo Davide abbiamo visto su giornali
e riviste le statistiche dell'ingiustizia e della povertà
che sempre erano state rimosse e occultate, abbiamo visto
i volti da sempre cancellati e negati.
E se fosse un inizio, piccolo inizio che spinge ad immaginare
qualcosa di diverso, qualcosa che rassomigli di più
al regno di Dio?
Due situazioni, tra mille e più di mille storie di
inizi portati in grembo, di sussulti e sobbalzi improvvisi.
Dio voglia sobbalzi di gioia.
E
se ci raccontassimo nelle nostre serate il mistero degli
"inizi"? Se li portassimo alla luce?
Il sobbalzare del bambino nel grembo dell'anziana divenne
racconto. E come sarebbe potuto finire nel vangelo, alle
prime pagine, se le due donne non si fossero raccontate
quel sobbalzare, se le due donne, ancora turbate dalla gioia,
non l'avessero confidato a qualcuno?
don
Angelo
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