Settimana
unità dei cristiani 2014
CRISTO
NON È DIVISO
CHIESA EVANGELICA METODISTA
Via
Porro Lambertenghi 28 Milano
Un
primo sentimento che vorrei confidarvi, un sentimento
che abita il mio cuore ma anche il cuore delle sorelle
e dei fratelli della chiesa cattolica che oggi sono qui
con noi, è un sentimento di gioia ma insieme anche
di emozione per questo gesto€ di invitarci, gesto
con cui ci avete aperto affettuosamente le porte e ci
avete accolto al culto del Battesimo nella vostra chiesa.
Noi lo viviamo non come un atto formale, scontato. Ci
abita un'emozione, nel sentirci tra queste pareti. Con
Eliana, la vostra pastora, un'amica e con tutti voi convocati
nello spirito. Che non significa una comunione scolorita
o evanescente, ma una comunione nella concretezza della
carne, dei corpi, dei visi, delle voci, i nostri che incontrano
i nostri, lontani dunque dal rischio di una comunione
che a tal punto è disincarnata da diventare un
puro nome, un nome vuoto.
E
dopo aver ringraziato voi del calore dell'amicizia, vorrei
ringraziare le sorelle e i fratelli del Canada che, a
partire dalla loro esperienza, hanno proposto il tema
di questa settimana dell'unità tra i credenti in
Cristo: "Cristo non può essere diviso".
È questa la forte affermazione dell'apostolo Paolo
che i fratelli e le sorelle canadesi pongono alla nostra
riflessione per la preghiera comune di quest'anno. E l'hanno
accompagnata con una lettera giunta fino a noi. Una lettera!
Lontani dunque dalla pesantezza, cui difficilmente sfuggono
le proclamazioni dei nostri documenti, che per lo più
piovono dall'alto. La lettera - che bello! - viene dal
basso, una lettera in cui dei credenti raccontano la loro
fede ma insieme raccontano i problemi, le sfide, le attese
del loro paese.
E
a partire dalla loro esperienza, meditando la Parola della
lettera ai Corinti ci rimandano il il monito: "Cristo
non può essere diviso!". Forse sto sconfinando,
con queste mie premesse, o forse no. Mi chiedo, non è
anche questo un modo per superare i muri e le divisioni?
Scriverci lettere! Mi chiedo, se riprendessimo la tradizione
di scrivere lettere, tra chiese e chiese, tra comunità
e comunità. Come succedeva agli inizi. Per raccontare
ciò che Dio attraverso il suo Spirito opera, nelle
nostre storie. Anche tra chiese di tradizioni diverse!
Sarei tentato di chiamarle encicliche, dal basso, come
forse suggerisce la parola enciclica, cioè lettera
in giro, lettera che circola. Da persona a persona, lettere
che vengono dalla carne viva della storia, vengono dalle
nostre giornate, con il linguaggio delle nostre giornate.
Per noi è una enciclica la lettera dei fratelli
e delle sorelle canadesi, come una lettera per noi è
il culto della celebrazione del Battesimo in cui ci state
accogliendo. Voi ci parlate concretamente con la vostra
celebrazione.
Il
cammino verso l'unità, come sembra suggerire Paolo,
inizia non dal mettere l'accento sulle divisioni ma dal
riconoscere il positivo, i doni che ci abitano, forse
dovrei dire i doni che abitano gli uni e gli altri. Iniziamo
con una benedizione anche questa mattina. Una benedizione
a Dio per voi, per voi che siete una benedizione. Sia
benedetto Dio, noi lo ringraziamo, con tutta la sincerità
del nostro cuore, per voi. Scrive Paolo e le parole potrebbero
essere le nostre nei vostri confronti: "Ringrazio
sempre il mio Dio per voi, perché vi ha dato la
sua grazia per mezzo di Cristo Gesù: attraverso
di lui vi ha arricchito con tutti i suoi doni: tutta la
predicazione e tutta la conoscenza. Il Cristo che vi ho
annunziato è diventato il solido fondamento della
vostra vita. Perciò non vi manca nessuno dei doni
di Dio mentre aspettate il ritorno di Gesù Cristo,
nostro Signore".
Ma
ecco la domanda: come riconoscere i doni di Dio nell'altro,
sfuggendo così a una logica di contrapposizione?
Se si rimane distanti, crescono i preconcetti, nascono
e prosperano i fraintendimenti. Solo entrando nella casa
dell'altro. L'occasione di questa mattina potremmo vederla
dunque come una icona: siamo entrati. Solo entrando nella
casa dell'altro posso riconoscere e diventare riconoscente.
Pietro, entrando nella casa del pagano Cornelio, riconosce
che ciò che dall'esterno chiamava impuro, è
sacro. Il soffio di Dio abita la casa dell'altro. "Onorare
i doni degli altri" ci dice la lettera della comunità
canadese "ci rende più vicini, nella fede
e nella missione, e ci conduce verso quell'unità,
nel rispetto dell'autentica diversità nel culto
e nella vita, per la quale Cristo ha pregato".
Penso
che questa sia la sfida che oggi ci tocca: la comunione
tra i diversi. Che tristezza se per ecumenismo intendessimo
ritrovarci cancellando le diversità! Ditemi voi,
che notizia buona sarebbe pensare di volersi bene mettendo
in atto una sorta di processo di omologazione? Amarsi
tra uguali è la cosa più ovvia, ma anche
la più impoverente. Potremmo farlo anche senza
chiamare in causa Dio. La notizia buona ci viene da quelle
case, da quelle chiese
ove
amore non è
essere l'uno
immagine dell'altro,
ma sfidare
perdutamente
la diversità.
E'
così che diamo visibilità a Dio. Altrimenti
lo feriamo. Dividiamo Cristo nella sua carne visibile,
che oggi è la chiesa, l'umanità.
Chiudo
ricordando ciò che mi capitò di ascoltare
da un amico, Padre David Maria Turoldo. Ricordava che
un giorno, quando lui era un ragazzo, qualcuno venuto
a far visita in casa si azzardò a dire di lui che
era, fatto e spaccato, l'immagine di suo. Suo padre fermò
l'interlocutore, chiamò a sé i suoi figli,
i suoi nove figli. E disse: "No, per fare la mia
immagine non ne basta uno, ci vogliono tutti, diversi
come sono". Noi tutti insieme siamo l'immagine di
Dio. Come non pensare che questa mattina il vostro invito
e la vostra accoglienza abbiano fatto splendere dì
qualche luce in più il volto di Dio sulla terra?
Angelo Casati