AGLI
AMICI, PER UN BISOGNO DI CONFIDARSI I PENSIERI
IN ORE DIVERSE DI UNO STESSO GIORNO
9
febbraio ore 18
Che cos'è questa apparente contraddizione che mi
segna dolorosamente da giorni? Da un lato una repulsione,
un disgusto per le parole che senza il minimo pudore, spudorate,
stanno violando il mistero che avvolge la vita di Eluana.
Repulsione, disgusto per le parole e bisogno incontenibile
di silenzio.
Ho
letto nella Bibbia ciò che è bene. Ho letto:
"E' bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore".
Poi ho visto credenti non aspettare in silenzio. Loro non
aspettano. Loro non hanno niente da aspettare. Loro sanno.
Bisogno
incontenibile di silenzio e paradossalmente bisogno di parole
che abbiano il sapore buono del pane, da spartire con gli
amici. Con gli amici e con la cerchia sconfinata di coloro
che ancora aspettano la salvezza: non l'hanno imprigionata
nei loro fantasmi, dando ad essi il nome di verità.
Piccola sorella verità, piccola mia sorella, dissacrata
come Eluana.
Bisogno
dunque di altre parole, di parole impastate paradossalmente
di silenzio, il silenzio del confidarsi. Il bisogno di sentire
una voce, prima ancora e più ancora che sentire parole.
Quasi per un bisogno di sentire di esistere, dentro il vuoto.
Un bisogno di sostenersi gli uni gli altri, dentro la depravazione.
Mi colpì in questi giorni un amico. Squilla il telefono,
mi dice: "Sentivo il bisogno della tua voce".
Sono, questi, giorni in cui sentiamo il bisogno di voci,
il timbro della voce.
Da
povero uomo come sono, da povero cristiano in avventura,
dentro l'avventura della vita, mi sono dato un punto di
discernimento. Discutibile fin che vuoi, ma in qualche misura,
penso, efficace. Non dico "infallibile", ma "efficace".
Mi sono detto: "quando parlano, osservali, capirai
dalla loro voce, capirai dai loro occhi capirai. Capirai
dove vanno i pensieri che li muovono. Dal tono della loro
voce, dalla piega dei loro occhi, capirai ciò che
veramente sta loro a cuore".
Ti
dirò di più: anche le pagine scritte, se le
ascolti svelano la voce e gli occhi. Li ho sorpresi in alcuni
scritti in questi giorni. Ma se non trovi pietà,
un'umana pietà, né nella voce né negli
occhi, non indugiare, cerca altrove.
Mi
sono guardato intorno in questi giorni e mi sono ricordato
di Gesù, vangelo di Giovanni. Era il giorno in cui
aveva rischiato le pietre, le aveva rischiate, dentro lo
spazio sacro del tempio, le aveva rischiate dagli uomini
della religione, quelli che la fede l'avviliscono al rango
grigio di un prontuario di norme. "Uscì dal
tempio" è scritto, quasi a dire che quando la
religione subisce un tale avvilimento, devi uscire. Cercare
altrove.
E
il racconto, il racconto della vita, continua per le strade:
"e mentre passava, vide un uomo cieco dalla nascita.
E i suoi discepoli lo interrogarono dicendo: Rabbi, chi
ha peccato, lui o i suoi genitori perché nascesse
cieco?" (Gv 9,1-2). Il verbo "vedere" è
al singolare. Giusto il singolare! Gesù lo vede.
Non ditemi che i discepoli lo "videro".Quel povero
cieco per loro era un caso, un caso su cui discutere. Nessuno
di loro a misurare quel dolore degli occhi spenti, un dolore
che aveva il tempo di una vita: dalla nascita. E lui Gesù,
infastidito dalle discussioni teologiche, in cui Dio è
assente, perché Dio o è il Dio della compassione
o non è! Loro discutevano il caso. Lui guardava il
cieco con compassione, quella che ti prende per fremito
alle viscere.
Ti
dirò che ho sentito in questi giorno uomini politici
e uomini di chiesa parlare come quei discepoli: Eluana per
loro è un caso, una bandiera senz'anima, senza più
colori. Guardali, ascoltali: parlano con gli occhi asciutti.
I teoremi contano più del dolore. Si permettono -e
dovremmo tutti insorgere per sacra indignazione- parole
oscene, dentro l'abisso del dolore. Parole che feriscono,
come lama, il cuore. Parlano senza sapere, senza il vero
sapere che o è sposato alla vita, quella reale o
non è. O è sposato alla compassione o non
è. Parlano da fuori, dai palazzi, come nei giorni
di Welby, senza aver visitato, senza essersi seduti ad ascoltare.
Non conoscono case, inseguono disegni, i loro, difendono
se stessi con la più spudorata delle menzogne. Agitano
bandiere, senza colore, perché se una donna o un
uomo li defraudi della libertà di decidere, hai tolto
tu loro ogni goccia di sangue, ogni colore, hai tolto loro
il sangue e il colore della vita. Mi è capitato spesso
di chiedermi, in giorni come questi che ci tocca di vivere,
se, in assenza di certezze assolute, non dovremmo tutti
batterci, come fa con spirito indomito - faccio un nome
tra i tanti - un'amica Roberta De Monticelli, perché
almeno sia salva quest'ultima e prima istanza, quella della
libertà, senza la quale non si è viventi,
ma manichini, in mano ai poteri e ai loro disegni, fantasmi
e cortigiani del nulla.
Ho
sentito parole oscene, ma ho anche visto immagini per me,
dico per me, oscene. Ho negli occhi da giorni l'immagine
di un'autolettiga che esce da una clinica, presa quasi d'assalto,
quasi si trattasse di una preda da conquistare. Guardavo
gli occhi erano induriti dal livore, ho cercato invano segni
di una umana pietà. Si mescolano rosari a urla minacciose,
una pietà senza pietà e dunque spietata. Non
ho visto silenzio di pianto. Ho visto difesa di bandiere.
Ho sentito rabbrividendo parole infami, come quelle di chi
gridava: "lasciatela a noi" quasi si parlasse
di una cosa da tenere, come se Eluana non avesse né
padre né madre, come se toccasse ad altri un possesso,
per disconoscimento di padre e di madre. Le grida mi parvero
per un attimo oscene. Dopo tanti discorsi tesi a rivalutare
la famiglia, ora siamo giunti all'esproprio. E, ancora una
volta, a chiedermi che cosa sia mai accaduto per renderci
maledettamente senza pietà.
9
febbraio, ore 21
Il
conduttore del telegiornale ha dato la notizia: "Eluana
è morta". Ho visto una piega di dolore nei suoi
occhi... Ha chiuso la trasmissione. Beppino Englaro chiede
il silenzio. Il capo dello stato chiede il silenzio. La
Bibbia nel libro delle Lamentazioni (3,26) chiede il silenzio:
"E' bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore".
Gli occhi sono sul Parlamento, il Senato è in presa
diretta. Ha un'occasione di ultima dignità. Che sia
nell'orizzonte, invocato da molti, il minuto di silenzio
che viene chiesto ai senatori? Non fu vero silenzio. Un'occasione
di dignità perduta. Perdonate, ma io non credo al
silenzio di chi tace per il breve spazio di un minuto e
poi violenta, né credo alla preghiera di chi mormora
al suo Dio e immediatamente dopo insulta. E' anche vero
che non tutti hanno dato questo squallido esempio. Ma rimane
lo spettacolo indecoroso.
Mi ritiro. Nel silenzio.
Ora mi chiedo perché, pensando a Eluana, nella mente
mi ritrovi la preghiera di Adriana Zarri:
EPIGRAFE
Non
mi vestite di nero:
è triste e funebre.
Non mi vestite di bianco:
è superbo e retorico.
Vestitemi
a fiori gialli e rossi
e con ali di uccelli.
E tu, Signore, guarda le mie mani.
Forse c'è una corona.
Forse
ci hanno messo una croce.
Hanno sbagliato.
In mano ho foglie verdi
e sulla croce,
la tua resurrezione.
E, sulla tomba,
non mi mettete marmo freddo
con sopra le solite bugie
che consolano i vivi.
Lasciate solo la terra
che scriva, a primavera,
un'epigrafe d'erba.
E dirà
che ho vissuto,
che attendo.
E scriverà il mio nome e il tuo,
uniti come due bocche di papaveri.
P.S. Ho sentito qualcuno
dire che dobbiamo gratitudine a Eluana perchè con
i suoi diciassette anni di coma in stato vegetativo ci ha
indotti a riflettere su temi essenziali come la vita, la
morte, la sofferenza, la natura, la scienza, la libertà,
la coscienza
Mi è venuto spontaneo pensare
che destinatari della gratitudine fossero altri, fossero
in verità Beppino Englaro e sua moglie. Senza il
loro coraggio, la loro forza, la loro integrità e
la loro lotta avremmo ancora a lungo allontanati temi di
grande rilievo. Anche questo dobbiamo loro. La gratitudine
va a loro. Però è anche bello pensare che
in questa gratitudine sia accomunata loro figlia con cui
hanno condiviso pensieri e sogni.
don
Angelo
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