DOVE
ABITA LA DIGNITA'
Siamo
chiamati, nella Liturgia della 32a domenica dell'anno B,
prima, con il racconto del libro dei Re, ad entrare in una
casa, poi, con il racconto di Luca a entrare nel tempio
di Gerusalemme. Chiamati a guardare che cosa succede. Nella
casa e nel tempio. Veniamo al racconto di Elia. Di lui finora
è detto poco nel libro, come uscisse dal nulla. Elia, il
tesbita, è andato alla corte del re, e, dicendo di parlare
a nome del Signore, ha giurato giorni senza rugiada e senza
pioggia. La parola del Signore lo spinge ora a ripararsi
presso il torrente Kerit, dove a farsi per lui commessi
di pane e di carne, a nome di Dio, saranno i corvi del cielo.
Ma
proprio al torrente Elia vedrà come ritorcersi sulla sua
pelle il suo giuramento, per l'inaridirsi triste delle acque
del torrente. Il comando di Dio spinge allora Elia altrove.
Ma verso dove? Verso dove non ce lo aspetteremmo. Verso
dove lui non se l'aspettava. Verso Sarepta, una città fuori
dal territorio di Israele. Dove, a nutrirlo, dopo i corvi,
a nutrirlo in nome di Dio, sarà una donna, per di più straniera,
vedova e quindi senza sostegno, in tempo di esaurimento
di cibo e di vita.
C'è
da allargare gli occhi. Chi ti nutre alla fine, dico anche
spiritualmente, secondo la Parola di Dio, può essere uno
o una che non appartiene al tuo territorio o alla tua religione,
come la vedova di Sarepta. Dove abita la dignità? Anche
fuori dai nostri confini. L'ordine era di andare a Sarepta,
e Elia ci va. Ma io mi chiedo, perdonate questo mio azzardo,
se veramente fosse ordine di Dio, se corrispondesse alla
parola di Dio, quanto Elia, diciamolo, un po' arrogantemente,
egoisticamente pretende dalla donna.
Che
diventa la vera protagonista del racconto, e noi a schierarci
più dalla sua parte che non dalla parte di Elia. Lei a raccontare
che le rimane solamente un pugno di farina nella giara e
un po' di olio nell'orcio, lei in cerca di due legni per
cuocerli. E poi le rimane, rimane a lei e al suo figlio,
solo di morire. E il profeta che pretende una precedenza!
"Prima" le dice "prepara una piccola focaccia per me e portamela…".
Questo gli aveva detto Dio? Questa precedenza? La sua persona
conta di più degli altri? Un sovrappiù di dignità per i
maschi? Un'altra concessione al maschilismo?
Anche
Elia dovrà fare un cammino nel suo itinerario verso una
fede più pura. E così, lasciatemi dire, in cattedra, cattedra
degli umili e dei senza difesa, cattedra senza predelle,
cattedra del quotidiano, sale la donna di Sarepta, la vedova
senza titoli. Sale con la sua ospitalità, senza precedenze.
Avrebbe avuto più di una ragione per contrastare le parole
un po' arroganti di un uomo che apparteneva a un'altra fede.
E invece no. E' lei a fare un atto di fiducia estremo, a
compiere un gesto dell'estrema fiducia, dell'estrema fede:
"La farina nella giara non si esaurirà, e l'orcio dell'olio
non si svuoterà finché il Signore farà piovere sulla terra".
Siamo
stati a guardare con gli occhi di Dio in una casa, ora siamo
chiamati nel tempio, quello di Gerusalemme, a guardare con
gli occhi di Gesù. Cosa guardare e che cosa non guardare,
a che cosa dare importanza dignità e a che cosa non dare
importanza, non dare colore di dignità? "Guardatevi dagli
scribi e dai farisei" dice Gesù, cioè cancellate la loro
idea di dignità. Dove la mettono la loro presunta dignità?
La mettono nell'esteriorità, nel loro ruolo: "Diceva loro
nel suo insegnamento: "Guardatevi dagli scribi, che amano
passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze,
avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei
banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo
per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa".
Oggi
se guardiamo dentro di noi, se guardiamo nella nostra società
e nella chiesa stessa non vediamo forse riprodursi le stesse
dinamiche: vesti, palchi, spettacolarità, rapina del bene
comune per strappare benefici e opportunità per sé,
per il proprio gruppo sociale, ecclesiale. Gli stessi meccanismi
all'interno del mondo ecclesiastico! Brutto septtacolo,
e adagiandoci nello stesso modello, diventiamo ovvietà,
facciamo quello che fanno tutti, diventiamo inutili nel
mondo, sale insipido, che gli altri giustamente si sentono
autorizzati a calpestare, a scartare.
Ci
sono dignità nascoste. Queste vanno portate agli occhi,
negli occhi dei discepoli. Una dignità da onorare. Perché
la dignità non sta nell'esteriorità e nemmeno nel ruolo
che occupi. Non misurare alla maniera del mondo. Misura
secondo gli occhi di Gesù: "osserva" è scritto. E' un guardare
più attento, non superficiale, il suo, è un guardare dentro:
"Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che
fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli,
disse loro: "In verità io vi dico: questa vedova, così povera,
ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti
hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella
sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto
quanto aveva per vivere".
La
dignità dove riposa, per Gesù? La dignità riposa nel cuore,
sta nel cuore. Non so se qulache volta avete indugiato a
pensare. Lo sguardo di Gesù fa essere una povera donna che
passava inosservata, resa invisibile da quel mondo, il mondo
religioso, siamo in uno spazio sacro. E ci sono degli invisibili
anche oggi. Cui è tolta dignità. Mi ha molto colpito una
riflessione di Padre Timothy Radcliffe. Padre Timothy Radcliffe,
che fu per anni guida illuminata dell'Ordine dei Domenicani,
lo scorso anno, in un suo commento su come vanno le cose
oggi, scrisse: "Tutte le società rendono visibili certe
persone e ne fanno scomparire altre. Nella nostra società
sono ben visibili i politici e le star del cinema, i cantanti
e i calciatori, che si presentano continuamente in pubblico,
sui cartelli pubblicitari e sugli schermi televisivi. Ma
rendiamo invisibili i poveri. Essi non compaiono nelle liste
elettorali. Non hanno volto né voce. Nemmeno gli immigrati
illegali possono permettersi visibilità: se non hanno i
documenti a posto, devono cercare di non dare nell'occhio.
Devono apprendere l'arte di mimetizzarsi.
Quando
il papa andò a visitare la Repubblica Dominicana, il governo
fece costruire un muro lungo il tragitto, dall'aeroporto
al centro città, per impedirgli di vedere le baracche dove
vivevano i poveri. La gente adesso lo chiama "il muro della
vergogna". E noi, abbiamo il coraggio di guardare i nostri
poveri e di lasciarci commuovere da loro? Quali muri della
vergogna costruiamo nella nostra società per nascondere
i poveri?".
Dare
dignità significa togliere qualcuno da dietro i muri, portarlo
sul proscenio della vita e della storia e farlo parlare
con la sua vita, far parlare i muti. Gesù ha fatto parlare
quella donna, la vita di quella donna, non più oggetto ma
protagonista. Non so se vi è capitato di indugiare a pensarlo.
Vi confesso che quando lo penso un po' mi commuovo, mi commuove
pensare che oggi parliamo di lei dopo duemila anni.
A
tal punto Gesù diede dignità a quella donna, una donna in
carne ed ossa, che noi oggi dopo duemila anni la pensiamo,
la togliamo dall invisibilità, la facciamo essere, in tutta
la sua dignità. Dignità di testimone, testimone di vita,
testimone di vangelo. Che dono le scritture sacre che ci
hanno permesso di entrare nella casa di Sarepta, nel tempio
di Gerusalemme. E di guardare.
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