UNA
VITA E UNA MORTE "FUORI"
È
morto fuori.
L'hanno ucciso fuori. Fuori della città. E l'hanno
deposto in fretta dalla croce. Era vicina la festa, la più
grande delle feste e non sarebbe stato un buon spettacolo
vedere un uomo impalato alla croce.
Una
morte fuori e una sepoltura di nascosto, nella fretta. E
che la città non venisse sporcata dalla visione,
dall'eterodossia dell'uomo di Galilea. La notte, la notte
e il suo silenzio avrebbero inghiottito tutto. Una grotta,
una pietra, la notte. Notte del Venerdì Santo.
Ora
che ritorna fra noi la memoria di quella morte "fuori",
mi viene spontaneo ricordare che anche la sua nascita avvenne
fuori. "Fuori", un destino che avrebbe segnato
la sua vita, fin dall'"in principio".
Fin da quando ancora era chiuso nell'ombra del grembo. Strana
assonanza tra la nascita di Gesù e la sua morte.
Anche nel suo venire alla luce, "fuori". Fuori
dal suo paese, fuori dalla città delle origini, fuori
dall'albergo dei pellegrini: non c'era posto.
Una nascita trafugata come la sua morte. E ancora una grotta.
E ancora il buio della notte. Rigato, ma per poco, da una
luce e da un coro di angeli.
"Fuori". Lo cacciarono fuori dalla sinagoga. Eppure
era il suo paese. Lo cacciarono fuori dal territorio: portava
male, liberava l'ossesso ma a prezzo di migliaia di porci
finiti nel lago. Lo cacciarono fuori dal tempio: presero
le pietre per cacciarlo.
Era troppo diverso: aveva la pretesa d'inaugurare non mostre,
non chiese, non campi sportivi, ma di inaugurare un inizio
di regno di Dio sulla terra, un inizio del sogno di Dio.
E che ci potesse essere una speranza per tutti, anche per
i peccatori e i disperati, per i poveri e per i gravati.
E
lo giudicarono "fuori", fuori di testa, anche
quelli di casa, proprio i suoi, è scritto: "Uscirono
per andare a prenderlo, poiché dicevano: è
fuori di sé" (Mc. 4, 21).
Vallo a capire uno che non trova neanche il tempo per mangiare.
E non per far soldi. Se fosse per far soldi lo capiresti.
Ma per stare con la gente, dentro un'umanità dolente
e in attesa.
Così
per tutta la vita. Fuori dal comune modo di sentire.
Fuori testa anche per i suoi amici. E Pietro non glielo
mandò a dire, lo tirò in disparte per dirgliene
quattro il giorno in cui si azzardò a fare le previsioni,
non del futuro del tempo, ma del suo futuro di Croce.
E lui dovette sentirsi sempre un po' straniero, anche in
mezzo ai suoi. Anche qualche giorno prima della morte di
croce, quando nella sala del banchetto i suoi amici, proprio
i suoi, fecero un gran chiacchierare sulla donna che gli
aveva profumato, accarezzato il corpo e asciugato coi capelli
i piedi. Alla vigilia, i piedi, del grande viaggio. E non
fu l'unica donna che lo unse. Per loro non era fuori testa,
era l'uomo dei sogni, del sogno di Dio.
Così
fuori, forse sempre.
Straniero anche oggi, se metto la sua immagine, non quella
artefatta dei nostri documenti, ma quella viva, precisa
dei Vangeli, nella carrellata dei volti che dominano dai
nostri schermi.
È tornato straniero. E oggi, nel mese che odora di
Pasqua, sento come una paura al cuore: che si senta straniero,
"fuori", anche accanto a me.
Come se dicesse cose che non capisco, come se osasse orizzonti
che neppure in sogno oso sfiorare, terre non inghiottite
dal vuoto, terre non lacerate dall'arroganza, dalla competizione,
dal mercato. Oggi che tutto è mercato. E non ce ne
rendiamo conto.
Una
notizia colta come di lontano alla televisione, e dunque
non so quanto vera, parla di una regione di questo nostro
paese, dove, se c'è un malato in un ospedale e sente
il bisogno di un prete, d'ora in poi lo paghiamo, perché
sì, anche quella è una "prestazione".
C'è da essere indignati!
È tornato straniero il Signore, il rabbi di Nazaret
che cacciava i mercanti dal tempio. Ci guarda straniero
nella terra del mercato. Il grande mercato.
sento
-ti dirò- un bisogno di purificazione. E che a lavarmi
sia lo "spettacolo" della Croce. Spettacolo, così
lo chiama il Vangelo di Luca: "le folle che erano accorse
a questo spettacolo" (Lc. 23, 48).
Spettacolo di verità, spettacolo di un uomo fuori,
uomo Dio, perciò fuori, fuori misura, il fuori misura
dell'amore.
Spettacolo che cancella lo spettacolo a non finire di salvatori
del mondo che salvano solo se stessi.
E
starò presso la Croce, come le donne stanno. E guarderò
in silenzio. Il Dio fuori. Lo guarderò con l'intenerimento
delle donne, non con lo sguardo assente dell'uomo del mercato.
Mi ritorna negli occhi uno schizzo, quasi prove di crocifissioni,
che un ragazzo del mio liceo, il liceo artistico di Busto
Arsizio in cui allora insegnavo, mi regalò un giorno.
Dopo trent'anni ricordo il nome. Era un ragazzo non credente,
mio amico: negli occhi gli era rimasto il brivido della
crocifissione, un uomo -un Dio?- fuori misura.
Sono ritornato oggi a guardare le prove di crocifissione
di Roberto: un Gesù che porta la croce, ma un Gesù
fatto di tutti poveri cristi della terra e la croce -come
pesante!- fatta di tutta la gente per bene della terra.
Sul foglio anche una crocifissione e non so dirti se più
mi emozione il Signore abbandonato al legno o l'uomo pasciuto,
le mani strette dietro la schiena, gli occhi lontani nel
nulla. Per lui non succede nulla. Non è spettacolo.
Ha ben altro da guardare.
Non sarò io, Signore? Io, così poco "fuori
di testa"?
don
Angelo
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