LAMPI
DI PROFEZIA NELL'AFA DELL'ESTATE
Forse
a lungo ce ne rimarrà il ricordo. Il ricordo di questa
lunga interminabile estate e della fatica a resistere all'afa
che ti svuotava fisicamente e spiritualmente.
Stralunate anche le nostre celebrazioni. I sopravvissuti,
come alberi prosciugati, abbandonati, gli occhi allucinati
in liturgie quasi irreali.
I soli rimasti ad infiammare - si fa per dire - le celebrazioni
spente dell'estate - forse esagero - gli ubriachi. La loro
voce che si alza su tutte e il loro agitarsi scomposto che
crea riprovazione e sconcerto.
Anche gli ubriachi fanno tenerezza nei giorni d'estate,
loro, cui - dopo tutto - non manca un pizzico di cuore:
non se ne vanno se prima non ti hanno abbracciato e baciato
.E forse non è solo effetto del vino!
UBRIACHI DELLO SPIRITO
A
dire il vero non si trattò sempre e solo di ubriachi
di vino.
Ricordo una domenica sera - era inizio di luglio - e l'afa
quasi palpabile nella chiesa e noi già sbragati e
arresi. Ad infiammare la liturgia incolore dell'estate quella
sera non fu l'ubriaco di turno, ma - mi si perdoni l'immagine
- un ebbro dell'ebbrezza dello spirito, prete di fuoco eppure
tenerissimo, gesuita italiano in prestito al Brasile, lui
e i suoi dieci ragazzi brasiliani, meniños de rua.
Se li era portati con sé in Italia, perché
fossero protagonisti al "G7 dei poveri del mondo".
IMMOBILITA'
FORZATE
Entrarono
che la Messa era da poco iniziata. Ardevano gli occhi neri
su pelle scura e, di contagio in contagio, parvero accendersi
- o era solo illusione? - anche i nostri occhi, annegati
o quasi nella calura dell'estate. La lucentezza e la mobilità
dei loro occhi da un lato e dall'altro e la fatica - così
mi sembrò di capire - dell'immobilità cui
erano costretti dal nostro costume di celebrare: anche le
scarpe - dopo tutto - dovevano essere peso e imprigionamento
alla loro voglia di correre.
Le letture venivano proclamate in una lingua diversa dalla
loro, ma soprattutto - sembrava di capire - in un rito tanto
lontano dal loro.
PAROLE
INFIAMMATE
Noi
abbiamo presto imparato a edulcorare e anestetizzare la
Parola di Dio, siamo abili nell'attenuare la provocazione
e lo sconcerto del Vangelo, lo scandalo, quello patito nella
sinagoga di Nazaret; non era sorprendentemente proprio questo
il Vangelo di quella prima domenica di luglio? Lo sconcerto
per quel "figlio di un artigiano"!
Quando Padre Veo Piazza - era lui il gesuita - si avvicinò
al microfono e prese a parlare, fu come se il memoriale
del Signore riprendesse la sua forza, quella vera e la Parola
ritornasse a creare sconcerto, come nella sinagoga: questo
"santo bevitore" portava cifre, elencava problemi,
dei fenomeni indagava con precisione le cause, svelava le
compromissioni politiche: pane al pane e vino al vino, senza
veli.
Ascoltavo. Ascoltavo finalmente non le mie elucubrazioni
sul Vangelo, ma la vita, interpretata dal fuoco dell'evangelo.
E la gente, l'assemblea, per un attimo aveva, ai miei occhi,
perso l'aria sbragata, arresa: era "in piedi",
era tesa, conquistata, come quella della sinagoga di Nazaret.
IL
VERTICE DEI PICCOLI
La
Messa quella sera non finì. Ma continuò nella
casa paterna di Veo, in via Vanvitelli, una casa invasa
dall'allegria prorompente dei ragazzi brasiliani, che sembravano
sgusciare da ogni dove: perlustravano, scherzavano. giocavano,
mangiavano, danzavano.
Non sapevo che cosa più contemplare: se gli occhi
vivi intelligenti mobilissimi dei ragazzi o se quelli, segnati
da un'ombra di stanchezza, ma non meno felici di quel gesuita,
incontenibile nella sua lotta a difesa della loro dignità,
occhi che guardano lontano. Chi guarda lontano - diceva
Danilo Dolci - pianta uomini:
"Chi guarda avanti dieci anni
pianta alberi,
chi guarda avanti cento anni
pianta uomini
e chi guarda avanti solo dieci minuti
pianta grane".
Di lì a pochi giorni, dopo aver visitato mezza Italia,
i ragazzi sarebbero planati a Napoli, là dove si
erano dati convegno i grandi dell'economia.
Accanto al grande vertice, il piccolo, la veglia dei popoli
più bersagliati della terra. La loro presenza-simbolo
era nuda interrogazione: c'era posto anche per loro nei
grandi piani dell'economia del mondo? Le statistiche sembrano
dire il contrario. O per loro, come per quel lontano piccolo
Figlio dell'Uomo, appena nato, non c'era posto? Non entrano
nelle previsioni.
PERCHE'
RICORDARE
Perché
ricordare una domenica d'inizio luglio?
Lo confesso, a uno come me che di anni ormai sulle spalle
ne porta parecchi, per un attimo, quella domenica, sembrò
di rivivere l'aria tersa della primavera del Concilio, i
giorni in cui l'utopia ancora trovava ospitalità
nelle chiese e ospitalità trovava la razza dei profeti
e dei testimoni, allora venerati come dono preziosissimo.
Poco importava lo scotto da pagare: qualche prevedibile
accusa, qualche inevitabile sospetto. Non era - dopo tutto
- un gran prezzo!
LA
MODERNA " PRUDENZA "
Oggi
c'è prudenza. Anche i ragazzi si son fatti "prudenti".
Ma sarà la prudenza del Vangelo? Non avremo contrabbandato
per prudenza evangelica la nostra preoccupazione di "conservare
la vita?" Sta ancora scritto nel Vangelo che "Chi
vuol salvare la vita la perde e chi la perde per causa Sua
e del Vangelo la troverà?".
Si sente qua e là accusare di "pauperismo"
la chiesa dell'immediato dopo-Concilio. E a un Papa che
aveva chiesto alla chiesa una franca autocritica delle colpe
del passato si va opponendo qua e là che non c'è
nulla o quasi di cui chiedere perdono: l'Inquisizione -
si va dicendo - non fu inquisizione, le Crociate non furono
crociate, i roghi delle streghe e degli eretici non furono
roghi.
A dire il vero qualche voce qua e là , pur se minoritaria,
va segnalando il pericolo di un imborghesirsi della chiesa:
il pericolo di una chiesa che "parla" di povertà
ma nella quale solo raramente è dato rinvenire i
tratti del suo Signore umile e povero, senza potere, senza
pietra su cui posare il capo, una chiesa forse meno "prudente",
ma più evangelica.
Il passaggio di Padre Veo e dei suoi dieci meniños
de rua non è stato per noi solo occasione per chiederci
a che punto siamo per quanto riguarda l'iniziativa a sostegno
della parrocchia di S. Rocco Paraguaçao in Salvador
de Bahia. E' stato molto di più: fu occasione per
sentirci inquietati salutarmente nella falsa pace delle
nostre coscienze e per chiederci se abita ancora in mezzo
a noi la profezia del Vangelo .
don
Angelo
|