DA
UN GIRO D'ISPEZIONE SULLA TERRA
Arrivo
davanti a te questa sera, o Signore, ed è come se
nei tuoi occhi sorprendessi una domanda: "Da dove vieni?".
"Da dove vieni?": avevi un giorno chiesto a satana.
Così è scritto nel libro di Giacobbe (1,7).
E lui: "Vengo da un giro d'ispezione sulla terra".
Sì, vengo anch'io questa sera da un giro di ispezione
sulla terra.
Sì, a volte, ho la sensazione di aver attraversato
in una giornata, da una mattina a una sera, la faccia della
terra.
E non si tratta già dell'attraversamento di uno spazio
fisico. Anzi ti dirò che qui, nella città,
succede meno di percorrere chilometri e chilometri: qui
le case sono a ridosso l'una dall'altra e gli appartamenti,
sacrificati dall'angustia del territorio, sembrano esplodere
verso l'alto.
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* *
Ma
accanto agli attraversamenti esteriori, accanto ai percorsi
delle strade, delle piazze, della metropolitana, ci sono
attraversamenti interiori, passaggi dell'invisibile, orizzonti
del cuore.
E ti può succedere in una sola giornata di passare
ripetutamente da un paese dello spirito a un altro.
Così, giunto alla sera, ti rimane in cuore la sensazione
di aver attraversato gran parte della terra: la terra della
credenza e della non credenza, la terra dello stupore e
la terra dello smarrimento, i luoghi dell'aridità
e i luoghi dell'infinito.
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* *
Di
ritorno da un giro d'ispezione, mi vai chiedendo che cosa
oggi ho notato sulla terra.
Ancor prima di risponderti vorrei dirti che a questa parola
"ispezione" desidererei fosse tolto ogni significato
che pur da lontano evocasse quell'occhio enorme, ciclopico,
che incuteva terrore dagli altari ai tempi della mia fanciullezza,
un occhio privo di tenerezza di un volto.
E alla parola "ispezione" vorrei invece fosse
restituito il significato delle origini che allude a un
contemplare prolungato, a un indugiare a leggere "dentro".
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* *
Ebbene
che cosa ho notato oggi nel mio viaggio sulla terra?
Ho contemplato questo strano rimescolarsi del paese della
credenza e della non credenza, del cielo della presenza
e dell'inferno dell'assenza.
Era come se persistentemente venissi messo in crisi nella
mia presunzione di catalogare situazioni, di scrivere parole
definite di appartenenza e non appartenenza, la presunzione
di verniciare una casa, una persona, una reazione con il
colore della fede e della non fede.
Messo a parte questa storia della gente, anche oggi, più
volte mi sono chiesto quanta luce ci fosse rimasta nell'intelligenza
e nel cuore per discernere quel tuo misterioso passare -il
passaggio della tua grazia- nell'intimo di ogni uomo.
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* *
"I
nostri amici, quelli più impegnati ecclesialmente"
-mi dicevano questa mattina due ragazzi, alla vigilia delle
loro nozze- "hanno criticato duramente, dall'alto della
loro sicurezza, la nostra decisione di sposarci in chiesa,
perchè non siamo dei fedeli osservanti. Ma per noi
c'è un salto di orizzonte da un matrimonio civile
a un matrimonio religioso e sposarci solo in Municipio sarebbe
stato come impoverire un gesto, non riconoscere una presenza
che lo riscatta della opacità di un semplice contratto,
non illuminarlo con un significato che va oltre".
E sembrava di capire, tra piega e piega del loro discorso,
la sofferenza e l'amarezza per quel duro e arcigno dei "credenti"
-"glielo abbiamo vietato, perché non era dei
nostri!" (Ma. 9,38)- volti e parole che spengono impietosamente
il lucignolo della fiamma smorta. E perché non avventurarsi
invece con maggior trepidazione nel cuore della gente?
Sbrigativo e anche comodo è dire un sì e un
no, definire in forza di una frequentazione e partecipazione
esteriore; più impegnativo ma anche più affascinante
è scrutare i segni di una frequentazione interiore
del mistero.
Facile e fin ovvio dirimere la questione in base a una porta
della chiesa -l'hai attraversata, sei salvo-; più
problematico, ma ma anche più suggestivo è
pensare che, dopo tutto, il nodo è -e rimane- l'apertura
di un cuore. E chi legge nel segreto, se non Dio solo?
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* *
Due
ragazzi alla vigilia di sposare: l'incontro del mattino.
Due sposi cui è nato un bambino: l'incontro di questa
sera.
E ancora una volta con stupore e gratitudine nella casa
dei cosiddetti "non praticanti", a parlare di
un sacramento, questa volta del Battesimo.
E poi uscire nella notte e non finire di stupirsi per come
viene vissuto il Battesimo di un figlio: padrino e madrina
chiamati da lontano a parlare con noi del sacramento e la
sera passata insieme a inseguire segni e a parlare di te,
Signore, del tuo volto ora contraffatto, ora terso e splendente,
pur nella penombra del mistero; e vivere il desiderio di
un Battesimo dove isegni non siano appiattiti nell'insignificanza,
ma riprendano la loro forza di evocare, con profondità
nuova.
E sentire che il bambino veniva messo al centro, come tu,
Signore, un giorno lo mettesti, convinti che un figlio non
è né sarà mai un vaso da riempire,
ma un evento, un dono, una parola da decifrare, un tuo evento,
un tuo dono, una tua parola, una tua luce che ci rimette
in cammino, sempre in cammino, verso un mistero che fa inquieto,
sempre nomade, il cuore dell'uomo.
Una mattina, una sera, una notte: questa mia notte, davanti
a te, Signore.
*
* *
E,
percorrendo le storie degli uomini, come non avvertire che
ci manca il segreto per parlare a questa generazione, dove
si vanno rimescolando i paesi della credenza e della non
credenza, dove i percorsi sono da inventare, come sui monti,
quando d'un tratto viene meno il rosso segnale delle tracce?
E insieme capire che potremmo riprendere tutti luce e coraggio,
ripercorrendo nella memoria le avventure -non sempre a lieto
fine, neppure le tue, Signore!- dei tuoi dialoghi imprevedibili
con l'uomo e la donna che incrociavi: non uno uguale all'altro,
e tu a inventare per ognuno una strada.
*
* *
Proprio
riflettendo su quei tuoi incontri affascinanti, il nostro
Arcivescovo ci invitava a "un tipo di dialogo che tenga
conto di ciò che la gente sente e, a partire dai
problemi, dalle confusioni anche terminologiche delle persone,
cerchi di sciogliere gradualmente, di incrociare il dono
della Parola con la fatica della ricerca umana.
Catechesi è sforzo di parlare a qualcuno partendo
magari dalla reazione istintiva, dalla reazione magari negativa
di distanza, di freddezza, di indifferenza.
"Mi sembra di trovare pochissimi esempi di una tale
capacità dialogica" (Collevalenza, 23 giugno
1987).
*
* *
Vengo
a te, questa sera, o Signore.
Vengo a te da un giro di ispezione sulla terra.
E per me, per i miei amici, per questa mia comunità
altro non so chiedere se non di farci esperti di quest'arte
-la tua arte- di "incrociare e far scaturire l'attesa
e la ricerca presenti nelle pieghe dell'animo umano".
Quest'arte che, al dire del nostro Arcivescovo ha pochissimo
seguito nella chiesa d'oggi.
Alla sera di ogni giornata, quando rientro, la tua voce:
"Da dove vieni?" sembra ricondurmi al cuore di
ogni cammino.
don
Angelo
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