SIAMO
VIVI, FINCHÉ CI INTERROGHIAMO
L'estate
è alle spalle.
Alle spalle è anche il ricordo di questa mia città
deserta: i pochi, rimasta a vegliarla, quasi sembrano aver
preso un passo diverso, non quello frenetico e teso di chi
è sempre stato in ritardo e corre -ma verso dove?-
ma quello di chi cammina "normalmente" e ha tempo
-sembra incredibile!- di accorgersi che stai passando e
ti guarda -come è possibile?- negli occhi.
E anche il cuore, nella magia di quelle giornate, sembrava
aver preso un altro passo. Ricordo che una sera -era quasi
notte- sul terrazzo di una casa amica mi incantai a contemplare
un lembo di luna e quel suo silenzioso, quasi impercettibile
migrare nel cielo della città.
ORA
POPOLATA DI VOLTI
È
alle spalle il ricordo di una città dove respiravi
quasi fisicamente presenze e dimensioni ormai sconosciute,
ma insieme anche assenze: più i giorni passavano,
più sentivi crescere in cuore nostalgia dei volti:
volti che ti stanno diventando familiari, volti cui vorresti
dare la tenerezza di un nome.
Bella anche questa mia città ora popolata di volti.
E la nostalgia dei volti incrociava, quasi coincideva con
le riflessioni che presero gran parte delle sere d'estate,
le riflessioni sulle elezioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale,
fissate per gennaio, e sull'interrogativo che le precede
e le illumina: quale volto dare alla comunità?
Parliamo di volto, non di maschera: la maschera dice giustapposizione,
dice ipocrisia, dice facciata esteriore.
Le maschere se le possono mettere non solo le persone, ma
purtroppo anche le comunità. Ma prima o poi le maschere
cadono e, là dove ci si è preoccupati solamente
di apparire, svelano vuoti ed assenze allucinanti.
Il volto, al contrario, è la trasparenza dello spirito:
nulla di te potrò mai sapere, se non interrogando
profondamente, perdutamente, il tuo volto.
PARROCCHIA:
CHIESA TRA LA GENTE
Anche
la nostra parrocchia ha una sua visibilità: vive
di parole, di gesti, di incontri, vive di tradizioni e di
progetti. Viene spontaneo chiedersi che cosa traspare dalla
sua vita. Il volto di una "chiesa tra la gente"?
L'immagine di una parrocchia "chiesa tra la gente"
offrì all'Arcivescovo, nel marzo scorso, l'opportunità
di sottolineare, in una conversazione al Decanato di Cinisello,
due caratteristiche molto importanti: la parrocchia, segno
fra le case di una vicinanza indiscriminata; la parrocchia,
comunità in cui la gente diventa soggetto attivo.
UNA
VICINANZA SENZA DISCRIMINAZIONI
"Parrocchia
vuol dire proprio: chiesa nella vita quotidiana, presso
le case.
Non quindi una Chiesa elitaria, fatta per alcuni più
fortunati che hanno studiato o che hanno doti particolari,
bensì una Chiesa accessibile a tutti, capace di dialogare
con le esperienze vere della gente.
La parrocchia dice la possibilità della santità
popolare offerta a ciascuno e a tutti: anziani, giovani,
malati, intelligenti o meno, ricchi e poveri.
È un meraviglioso programma di vita cristiana e Giovanni
Paolo II l'ha efficacemente espresso , nell'ultima visita
ad limina dei Vescovi lombardi, là dove affermava
che la parrocchia è comunità cristiana presso
la gente, che si rivolge alla vita di ciascuno senza esclusioni
di sorta, rendendo a tutti possibile un cammino autentico
di umanità, di verità, di santità".
SOGGETTO
ATTIVO E OPERANTE
"C'è
ancora una sottolineatura del programma della parrocchia:
parrocchia significa Chiesa in cui la gente diventa soggetto
attivo, comunità che agisce in comune e in comunione.
(...) Mentre un tempo si soleva definirla come un gruppo
di fedeli, abitanti in un certo territorio, affidati alla
cura di un Parroco, oggi si dice che è una comunità,
un soggetto attivo operante, guidata da un presbitero; un
soggetto che testimonia e in cui ciascuno ha una sia corresponsabilità,
una sua funzione, pur semplicissima e però umile
e vera che gli prende tutta la vita.
Questo significa che la parrocchia, comunità attiva,
operante, testimoniante, deve avere gli strumenti per diventare
sempre meglio una comunità; deve avere un Consiglio
Pastorale funzionante che rappresenti l'insieme della parrocchia;
deve avere un presbitero che sappia presiede all'Eucaristia
e coordinare intorno ad essa, in unità, tutte le
vitalità e le vivacità presenti; deve avere
un unico fine. Il fine non è di fare semplicemente
un po' di bene, di dire qualche parola buona alla gente
che viene in chiesa e di offrire i sacramenti a chi li chiede.
Il fine di una parrocchia è la costruzione di una
comunità di credenti che sia sale della terra, luce
del mondo, città sul monte, lampada sul candelabro:
potete riconoscere in questa descrizione il programma che
la nostra Diocesi cerca di portare avanti attraverso le
varie iniziative che vogliono coinvolgere il più
grande numero di persone, ciascuno secondo il suo dono di
grazia, per edificare insieme un volto comune di Chiesa".
Mi si perdoni la lunga citazione, ma poche parole meglio
di queste saprebbero illuminare l'orizzonte nel quale iscrivere
l'elezione del nuovo Consiglio Pastorale.
ASSEMBLEA
COME OCCASIONE PER INTERROGARCI
Questa
è dunque un'occasione per interrogarci.
Mi sembra a volte di capire che ognuno di noi è vivo
finché gli rimane la capacità di interrogarsi
e muore il giorno stesso in cui perde questa capacità.
Questo non è solo il destino di ogni persona, ma
è anche il destino di ogni comunità.
Ecco perché vorremmo approfittare di questa occasione
favorevole per interrogarci sul volto della parrocchia,
chiedendo con fiducia aiuto, a chiunque sa apprezzare questo
anelito alla luce e alla trasparenza, che non percorre solo
il nostro cuore, ma anche il cuore di innumerevoli uomini
e donne del nostro tempo.
La traccia di riflessione che nei prossimi giorni verrà
recapitata in ogni casa custodisce questo desiderio e questo
anelito.
Ci auguriamo che possa essere stimolo a una riflessione
personale, così come ci auguriamo che la riflessione
personale possa sfociare in una verifica a più voci,
nell'assemblea aperta a tutti che terremo presso l'Istituto
delle Piccole Suore della Sacra Famiglia, venerdì
16 ottobre alle ore 20.30.
don
Angelo
|