MALEDETTA
O BENEDETTA CITTA'?
"Questa nostra benedetta maledetta città"
è la provocazione che fa da tema alla VIII Sessione
della "Cattedra dei non credenti" promossa in
questi giorni dal nostro Arcivescovo.
Il Cardinale ha chiesto a Don Angelo una sua testimonianze
sulla città , nella prima sera della "Cattedra",
che vide l'intervento del teologo, pastore battista, Harvey
Cox.
Qui di seguito il testo del contributo offerto da Don Angelo
la sera del 19 ottobre, nell'Aula Magna dell'Università
Statale degli Studi di Milano.
Introduco
la mia riflessione , confessando un certo timore.
L'intervento del Dr. Harvey Cox, che ha spaziato su orizzonti
di grande respiro, ricco di suggestioni, di inquietudini
e di speranze, meriterebbe il silenzio di chi pensa e si
interroga.
Il mio intervento non ha l'audacia delle elaborazioni e
delle sintesi teologiche, si colloca, come un frammento,
nello spazio di un osservatorio feriale, per di più
limitato: quello di un parroco. E può sortire l'effetto,
anche se non voluto, di distrarre, - sia pure per poco -
dalla grande, avvincente, sfida che ci è stata proposta.
Vorrei partire dall'interrogazione di questa sessione della
Cattedra dei non credenti: " Benedetta o maledetta
questa città?".
Maledetta o benedetta città?
Forse lo puoi leggere come un giorno di maledizione il giorno
in cui il Vescovo ti chiama e chiede a te, parroco a Lecco,
di andare parroco a Milano, la grande città.
Puoi sentirla come una "maledizione", tu che ogni
mattina apri la finestra e ti perdi a misurare il crescendo
della luce sulle pareti bianche e grigie della Medale o
rincorri, da lontano, il baluginare di scaglie di lago tra
casa e casa o ti incanti per l'intenerirsi dei germogli
della vite a primavera, negli orti accanto alla casa.
Ti verrebbe voglia di resistere, come ad una maledizione,
all'invito del Cardinale, che sembra evocare altro invito,
ben più noto - quello rivolto a Giona - : "Alzati
e và a Ninive, la grande città".
E ti senti Giona. E non solo per un giorno. Tentato di preferire
il caldo ventre del pesce, grembo che, alla fin fine, ti
protegge, allo scomodo essere "vomitato" sulle
strade della grande città.
Ricordo il disagio della "strada". E non solo
nei primi giorni. Le strade del passo affrettato, del traffico
convulso, strade simbolo dell'inquietudine umana.
La strada mi apparve, e ancora oggi mi appare, quasi cifra
della città, quasi luogo dei "senza dimora",
luogo di tutti e di nessuno, luogo della non appartenenza
e della non protezione.
Eppure nell'inconscio del cuore dimorava silenziosa la memoria
di un Vescovo - il nostro - che nella città era entrato
camminando per le strade: che fosse un segno da leggere?
STRADE
DEI MAGI, DI EMMAUS
Cominciai
a interpretare il mio essere parroco a Milano come un essere
mandato sulla strada. Sulla strada e non solo nel tempio.
Dico: mentalmente.
Nel tempio - poco o tanto - ci si sente troppo padroni:
ci sono gli orari, il rito è stabilito, i ruoli sono
quelli codificati da sempre.
La strada è di tutti. Regno del rumore, ma anche
della sorpresa. Gli incontri imprevisti. A volte brevi,
ma non per questo insignificanti.
Strada dei Magi e strada di Emmaus. Strade della ricerca:
i Magi! E strade di accompagnamenti invisibili: Emmaus!
Così ho incominciato a interpretare la città.
La città secondo i Magi. Come è bello- mi
dissi - pensare che i cieli sono i cieli di tutti e che
le stelle sono le stelle di tutti e che le strade sono le
strade di tutti e che nessuna istituzione, nemmeno quella
religiosa, le possa espropriare o sequestrare.
E persistere a credere che ci siano segni, in questo libro
di tutti, per queste strade di tutti, e che il segno possa,
per grazia, rivelarsi anche là dove la tradizione
religiosa nutre un sospetto, vede un pericolo. Come per
i Magi: l'astrologia, il ricorso ai movimenti degli astri,
o ai sogni, non erano forse guardati con sospetto? E proprio
là si accese il segno.
E non ci sarà anche oggi - me lo chiedevo e me lo
chiedo, perché Dio non cambia stile - qualche cielo,
qualche stella o qualche sogno, qualche esperienza che forse
guardiamo con sufficienza o sospetto, eppure attraversata
da un segno?
ANCHE
OGGI PARLANO I CIELI
Giorno
dopo giorno, dalla cronaca - quella che solo impropriamente
chiamiamo "minore" - ricevevo conferma del riaccendersi,
nel cuore di questa generazione, del cammino insonne dei
Magi: anche oggi parlano i cieli. Piccoli scampoli di cielo,
ritagliati tra casa e casa, custodiscono segni.
Potrei dare a questa ricerca tanti volti
e nomi::
volti e nomi che il cuore di un pastore ripete con emozione
nella notte.
Voi perdonerete se oso dare la preferenza, quasi fosse un
simbolo, a un volto di bambina.
Quando, tre anni fa, la vidi arrivare, aveva otto anni,
seconda elementare.
Anna, la mamma, mi disse: "Don Angelo, questa bambina
desidera il Battesimo. Noi avremmo preferito che la scelta
fosse rimandata a un'età più matura. Ma questo
suo desiderio non ci sembra un capriccio. E' molto determinata.
Se la vuole ascoltare..".
Incontrai Viola più volte, Un pomeriggio, in cui
si parlava di Dio, Viola disse: "Dio è padre
di tutti, dei buoni e dei cattivi". Le dissi: "Ti
leggerò un brano del Vangelo, dove Gesù racconta
di Dio, che fa sorgere il sole sul campo dei buoni e su
quello dei cattivi e fa piovere sul campo dei giusti e degli
ingiusti".
Mi disse: "Qualcosa del Vangelo conosco
".
Rimasi stupito. Viola si avvaleva dell'esonero dall'ora
di religione. Le chiesi come fosse possibile. Rispose: "Sai,
io, la domenica, mi alzo presto, ho trovato nella casa una
vecchia Bibbia. Mi sono messa a inserirla nel computer.
Mi è venuto il desideri di Dio e del Battesimo. Per
questo sono qui". La città che, a uno sguardo
affrettato, può sembrare sorde e indifferente, lascia
nonostante tutto, fessure, anche nelle muraglie all'apparenza
impenetrabili, anche nei vicoli della quotidianità.
LA
DOMANDA, NON LE DEFINIZIONI
L'uomo
e la donna rimangono, quasi per reazione, aperti alla domanda.
Alla domanda, non alle definizioni.
Il cammino della fede nella città non inizia mai,
o quasi mai, dalle definizioni o dalle proclamazioni, inizia
con quello di Emmaus da una domanda: "Di che cosa state
discorrendo lungo il cammino?"
La strada della città, proprio perché terra
di pluralismo, è luogo delle domande: quelle serie,
quelle della vita, così diverse dalle domande coltivate
in laboratorio!
Di qui l'urgenza di essere come Cristo là dove nasce
la domanda. E la domanda nasce spesso fuori dalle chiese,
nasce per le strade e nelle case: là dove accade
una nascita, una malattia, una morte, là dove ci
si innamora o ci si sposa, là dove si legge una luce
negli occhi dei figli o si legge il baratro di un disagio,
il vuoto della delusione o della droga, là dove ogni
giorno è la fatica di vivere in faccia a se stessi
e al mondo.
Dentro queste domande - come sulla strada di Emmaus - capita
di sentirsi sfiorati da una presenza.
SFIORATI,
NON ASSEDIATI
Essere
sfiorati, senza l'invadenza della apparizione. Sfiorati
come sulla soglia.
Vicini a un riconoscimento, che non annulla il mistero.
Perché sembra essere nello stile di Dio quello di
non imporsi: spesso il passaggio avviene nel sonno: la donna
te la trovi accanto nel sonno, come Adamo. E Dio non c'è;
non si è fermato a farsi ringraziare. Quel volto
però è il segno che ti è passato accanto.
E' bastato quel baluginare dell'infinito, quella luce impigliata
nel pane spezzato di ogni giorno e soprattutto la memoria
delle Scritture a rompere la tristezza delle strade, a fermare
la fuga: ritorni alla città, alle cose di ogni giorno.
Ma è come se in esse fosse impigliata una luce.
Anche le chiese diventano luogo ricercato se, in qualche
misura, diventano strada, se puoi entrare senza sentirti
censurato nella domanda o nel grido, senza sentirti assediato
da curiosità e da intrusioni clericali, se l'accesso
è liberato da presenze ingombranti alle quali giustificare
il tuo essere qui oggi o il tuo non esserci domani.
C'è un anonimato da temere; ma forse c'è anche
un "anonimato" - un andare nella notte - come
Nicodemo, da rispettare, da salvare. E dunque spazi dove
nessuno sia costretto o violentato, ma semplicemente accolto
e non trattenuto.
Mi diceva alcuni mesi fa una ragazza " E' dai tempi
di Don Giancarlo e quindi da più di dieci anni, che
non metto piede in parrocchia. Forse vuol sapere perché
sono qui oggi. E' curioso, ma sono qui per un'immagine che
ho ritrovato in suo scritto, là dove lei parla di
un albero, quello del Vangelo, che dà ospitalità
agli uccelli del cielo, senza chiedere da che cielo vengano,
senza pretendere tessere di riconoscimento e senza trattenere.
Ho sempre avuto paura di essere trattenuta" .
Nella città - forse più che altrove - avverti
questo venire e questo andare, che può anche lasciare
un senso di disagio in noi che, poco o tanto, vorremmo trattenere,
definire, contare: "contare il gregge" o misurare
i passi dello Spirito.
Anche i Magi scompaiono dietro le ultime case di Betlemme,
anche pastori dietro le dune del deserto, occasioni mancate
per una certa categoria di pastoralisti, per chi vorrebbe
pragmaticamente misurare anche l'intensità di un
incontro.
Accettare la città significa accettare che le strade
scompaiano oltre, oltre la tua casa, verso un "Altro"
e augurarti nel cuore che si sia accesa una luce.
STRADA
DEL "PASSA PAROLA"
Strade della città, strade del pettegolezzo vano,
della chiacchiera vuota, del rumore infinito, ma anche strada
del passa-parola, della notizia portata di bocca in bocca,
una notizia fuori la casa e quindi affidata al vento, al
vento dello spirito: molti di noi qui, questa sera, per
questo "passa-parola".!
Essere parroco nella grande città significa anche
stupirsi - e più di una volta - per questo comunicarsi
sottovoce la scoperta di luoghi della domanda e della libertà
della condivisione. E insieme la sorpresa che spesso a raccontare
l'emozione siano i cosiddetti "lontani", loro
a portare notizia nei luoghi più impensati.
Maledetta o benedetta città? Maledetta città
dove il lavoro si fa sempre più tiranno esigente
e va ad occupare sempre più dispoticamente il tempo,
dove a tarda sera vedi gente a rientrare, a testa bassa,
rasente i muri delle case.
E forse benedetta città che per contrasto, per un
soprassalto di umanità, sa godere, ancor più,
di luoghi dove riposare il cuore, di luoghi dove le parole
sono spoglie di fronzoli vani e custodiscono l'emozione
della poesia o l'incanto di un'immagine, dove non finisce
di stupire l'attenzione alla Parola che è sopra tutte
le parole.
LA
CONVERSIONE DEL PASTORE
Maledetta,
no, benedetta città! Città come Ninive, la
grande, dove tu, pastore, vai toccando con mano che Dio
si è scelto un popolo numeroso e che la visita, quella
di Dio, è già in atto. Città come Ninive
da convertire, eppure città, come Ninive, meno impenetrabile
- di quanto si pensi - alla parola di Dio.
Quanto interesse per questa Parola e quanta disaffezione,
per contrasto, per le parole ecclesiastiche!
Città, al di là dell'apparenza, pronta a riconoscere,
capace di mutamenti del cuore, purché non ne andiamo
noi presuntuosamente prefigurando i tempi e le modalità.
Purché Giona la percorra, amandone le strade: anche
questo uno dei nodi decisivi.
Città, dove, dopo tanto andare, - sono nove anni
che succede di pensare che nodo vero, questione decisiva,
come allora, è la conversione di Giona, la conversione
del profeta, del pastore, dove problema vero è la
mia conversione.
Benedetta questa città che ogni giorno mi chiama
a conversione: a passare da un Giona, profeta irritato,
uomo indispettito, uomo del malumore, facile a deplorare
e a condannare, indispettito nei confronti di Dio e della
misericordia a uomo testimone della tenerezza di Dio, sorpreso
dal suo passaggio silenzioso, affascinato dal suo venire
e scompartire. Gratuitamente.
don
Angelo
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