UOMINI
E DONNE DI FRONTIERA
ovvero "QUELLI DELLA STRADA"
Quelli
della strada.
Quando mi capita di riandare nel pensiero a questa antica
definizione dei cristiani, custodita nelle Scritture - "quelli
della strada" - mi prende al cuore un'emozione profondissima,
ma, subito dopo, la sensazione di una distanza.
Perché l'emozione? Forse perché nel più
profondo ognuno di noi è e rimane un ribelle: ribelle
a tutto ciò che sa di immobilismo e di chiusura.
Anche la casa più cara e il tempio più devoto,
se non hanno porte e finestre, sono, nonostante tutto, poco
o tanto, prigioni dorate.
La strada al contrario evoca il vento della libertà:
terra aperta al cammino e all'incontro, luogo dell'imprevedibilità
e dell'universalità.
Forse anche per questo non può non lasciarci in qualche
misura sgomenti lo spettacolo delle strade moderne, diventate,
per una sorta di dissacrazione, luoghi della paura, della
pirateria, della prepotenza.
IL
MAESTRO E IL VENTO
Quelli
della strada, i cristiani.
E nel ricordarcelo patiamo anche in cuore la distanza, cioè
la sensazione di esserci di molto allontanati da quella
antica immagine, quasi si fossero prese le distanze dalle
origini.
Alle origini c'era un Maestro e il vento.
Il Maestro: che ancora oggi il Vangelo ricorda come Rabbì
della strada.
Forse molti di noi ancora ricordano - tanta fù l'emozione
- un film di Pasolini, "Il Vangelo secondo Matteo"
e quell'incontenibile andare del Rabbì di Nazaret
lungo le strade. L'incontenibile andare è scritto,
a memoria perenne, nei Vangeli.
All'origine c'era anche il vento. Il vento dello Spirito
a schiudere le porte e a spingere, inarrestabili, su tutte
le strade.
E non sarà che oggi "quelli della strada"
si siano trasformati in "quelli dell'istituzione"
e che il verbo andare - "andate" - affascinante
per la sua ampiezza, tesa a evocare sconfinamenti continui,
sino agli estremi confini della terra, sia stato sostituito
dal verbo rimanere - "rimanete"? - Proprio quando
il "rimanere" della Bibbia segnava un indugio
solo temporaneo nella città: "Restate in città,
finchè non siate rivestiti di potenza dall'alto"
(Lc. 24,49).
LE
NUOVE TERRE
L'"andate",
senza preclusioni del Maestro sembra additare non solo terre
segnalate ai punti estremi sulle nostre carte geografiche
, ma, ancor più, terre dello spirito.
A volte nei nostri ambienti ci si comporta come se i panorami
della religiosità fossero ancora quelli della nostra
infanzia o giovinezza.
Andate nelle terre nuove: nelle nuove mutate abitazioni.
Nuove, eppure così vicine.
Quelle terre che con acutezza e amorevolezza il nostro Arcivescovo
ha cercato di segnalare a una pratica pastorale - la nostra
- spesso sorpresa da miopia.
"E' una realtà che mette alla prova la nostra
speranza. Specialmente nel contesto attuale della città,
essa è una lotta continua tra luce e tenebre, tra
amore e pigrizia, tra dono gratuito e ripiegamento su di
sé. Non c'è da aspettare per lo più
successi clamorosi o conversioni in massa. Ma sono molti
oggi a Milano coloro che ogni giorno, silenziosamente passano
l'arduo confine tra l'oscurità e la luce. tra la
penombra e il calore del sole, come tanti sono quelli che
nello stesso tempo passano silenziosamente la frontiera
tra la verità e il buio, tra la certezza e l'incertezza,
il dubbio, la sfiducia.
La presenza di molte e volonterose guide, preti e laici,
attenti alle frontiere della fede, scoprirà questi
sconfinamenti frequenti, aiuterà i dubbiosi, consiglierà
gli smarriti, conforterà gli sfiduciati. Sui confini
tra fede e incredulità si può attuare uno
straordinario apostolato del dialogo, del confronto, dell'esempio"
("Alzati, va a Ninive, la grande città",
pp. 13-14).
Chiamati ad essere uomini e donne di frontiera non possiamo
fare come se la città fosse diversa e chiudere gli
occhi davanti alla realtà.
Con gli occhi chiusi non potremo mai essere uomini e donne
del cammino. Solo potremo sedere ai margini della storia,
a lamentarci e a mendicare, come Bartimeo il cieco del Vangelo.
Gli uomini e le donne della strada ogni giorno chiedono
al Signore il dono di vedere: che si aprano gli occhi e
che sia dato loro di leggere quanto stà accadendo
e di interpretare, sia pure auroralmente, i segni dei tempi
nuovi.
Purtroppo alla nostra consumata abilità a celebrare
i funerali del passato - del comunismo, e del post-comunismo,
ad esempio - non sembra corrispondere una uguale prontezza
a cogliere lucidamente i segni di ciò che si profila
al vicino orizzonte.
QUELLI
DEL SEGUITO
A
chi legge attentamente l'episodio del cieco di Gerico un
altro pericolo viene segnalato, un male dal quale nemmeno
oggi siano sempre immuni. Alludo a un certo "movimentismo",
l'atteggiamento cioè di "quelli del seguito".
Camminavano al seguito di Gesù e facevano di tutto
per far tacere il grido del cieco: forse disturbava la loro
"perfetta" sequela.
Quando questo è l'atteggiamento, quando si è
risucchiati nelle proprie folgoranti appartenenze, quando
questo succede, è come se non si fosse sulla strada,
come se non si incontrasse veramente nessuno: esistono solo
quelli del seguito o solo quelli che prima o poi verranno
a ingrossare le fila del seguito.
L'appartenenza al Signore Gesù, quando è vera,
ci fa sensibili e attenti, capaci di percepire il benchè
minimo grido della strada
Una attenzione, una sensibilità, una capacità
di ascolto, che non possono essere equivocate: non hanno
nulla da spartire con il pettegolezzo o con la superficialità
della strada, sono precisamente il contrario: il contrario
della condizione del seme evangelico caduto lungo la strada:
caduto nell'ottusità, nella durezza, nella distrazione.
"Alzati, va a Ninive, la grande città"
può allora significare anche: percorrine le strade,
senza preclusioni, il cuore libero e gli occhi aperti a
sorprendere il passaggio dello Spirito.
"Bisogna imparare a leggere la città con occhio
caritatevole, paziente, misericordioso, amico, propositivo,
cordiale. Bisogna riconoscere il bene profondo che c'è
nel cuore di tanta gente della città e l'ansia o
il bisogno di Dio che consciamente o inconsciamente sono
in molti. "Io ho un popolo numeroso in questa città"
(At. 18,10). Bisogna sentire l'azione dello Spirito in ogni
angolo della città e in ogni volto anonimo che incontriamo"
("Alzati, va a Ninive, la grande città",
p. 30).
ALZATI
E CAMMINA
Una
icona della strada mi è cara e vorrei qui ricordare,
chiudendo questa riflessione: quella del diacono Filippo
e del carro dell'eunuco, evocata nel libro degli Atti.
"Un angelo del Signore così parlò a Filippo:
"Alzati e cammina verso mezzogiorno, lungo la strada
che scende da Gerusalemme a Gaza: essa è deserta".
E alzatosi si pose in cammino" (At. 8,26-27).
La strada dunque nell'ora meno frequentata, quando nessuno
si mette in cammino, sembra una sfida.
Quanti di noi all'angelo del Signore, allo Spirito avrebbero
obiettato che in situazioni simili non succede nulla: quante
situazioni date per aride come il deserto, strade senza
uscita, impermeabili alla grazia, quasi perdute.
E lo Spirito ti conduce là dove passa un carro e
sul carro un Etiope, che, venuto a Gerusalemme per fare
adorazione, se ne sta tornando e sul carro legge il profeta
Isaia.
AVVICINATI
E ACCOMPAGNATI
"Lo
Spirito disse a Filippo: " avvicinati e accompagnati
a quel carro ". Filippo si mise a correre e, sentendo
che quello leggeva il profeta Isaia, disse: "Capisci
quello che leggi?". E quegli rispose: "Come potrei,
se nessuno mi fa da guida?". E pregò Filippo
di salire e di sedersi accanto a lui.".
Se "alzati e cammina" è il primo invito,
"avvicinati e accompagnati" è quello che
lo segue immediatamente.
Non rimanere indietro, non pretendere di dialogare a distanza,
non temere le distanze.
Avvicinati. Accompagnati. Sali sul carro. Siedi accanto.
Sul carro dell'altro, seduto accanto, nella consapevolezza
che ci accomuna l'interrogazione ultima, quella che riguarda
il senso: il senso del libro, il libro delle Scritture e
il libro della vita.
Sul carro a raccontare di Gesù, la notizia buona,
che schiude la comprensione del libro. Lui solo, non noi,
la strada.
Questo i veri credenti sanno: che Lui solo è la Strada
don
Angelo
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