L'ECO
VA OLTRE LA NOTTE
Esco di casa in fretta. È una sera umida di ottobre:
è indetta per questa sera l'assemblea parrocchiale.
Esco in fretta, con la sensazione vivissima di essere anch'io
un convocato: un parroco convoca l'assemblea dei fratelli
e delle sorelle, ma, nello stesso tempo, si sente, a sua
volta, convocato dal suo popolo. Dunque chiamato anch'io,
in mezzo a tutti, a scrutare che cosa oggi lo Spirito dice
alle chiese, a questa nostra chiesa.
È la mia prima assemblea parrocchiale a S. Giovanni
in Laterano.
La prima esperienza sempre ti incuriosisce, e ti segna di
speranze, di attese, di interrogativi.
Se le assemblee non sono precostituite, se non sono la copertura
di ciò che è stato precedentemente deciso,
se appartengono al numero dei segni che Dio dona al tuo
cammino, conservano in sé anche questa dimensione
di ignoto: ci vai con la sensazione, che possa succedere
qualcosa.
Ti vai chiedendo quanti saranno questa sera e quale sarà
il clima del nostro ritrovarci: clima di "ricerca"
o di "ripetizione"?
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Questa sera gentilmente ci ospitano nel loro salone di via
Nöe le Piccole Suore della Sacra Famiglia. Segno che
qualcuno di noi era convinto che non sarebbero bastate le
solite cinquanta sedie della nostra sala Manganini: "Allarga"
-è scritto nel rotolo di Isaia- "lo spazio della
tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza accorciare"
(Is. 54,2).
E leggi i segni, anche quelli che precedono l'apertura ufficiale
dell'incontro.
Segno commovente è la prima persona che mi succede
di incontrare: una persona anziana. Tu sai quanto a tutti
costi uscire di sera e come la paura quasi cresca geometricamente
con il passare degli anni.
Che cosa conta? il passo sì è lento e faticoso,
ma il cuore è ancora capace di interrogarsi e appassionarsi.
Si può avere vent'anni e aver già tirato -come
si suol dire- i remi in barca.
Non so quanti anni tu mi concederai, o Signore, ma fa' che
fino all'ultimo io sappia "uscire", come mi insegna
questa anziana sorella.
Come è "uscita", pur costretta in casa,
quell'altra parrocchiana che mi ha fatto recapitare oggi
una lettera commovente: è il suo modo di farsi sentire
qui presente, presente non con lamento o piagnistei, ma
con la sua fiducia serena nel futuro di questa parrocchia,
la fiducia di chi confida nello Spirito, così imprevedibile
nei suoi disegni.
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* *
Mi affaccio nel salone e lo trovo questa sera luminosissimo:
le luci sono quelle di sempre, ma queste sedie disposte
a larghi cerchi concentrici parlano con il loro segno al
cuore: sembrano quasi disegnare un abbraccio di fraternità,
un cerchio di amicizia, un anelito di accoglienza.
"E la sala" -è scritto nel Vangelo- "si
riempì di invitati".
"E la sala" -è ancora scritto- "si
riempì del profumo dell'unguento".
Sì, ora la sala è luminosa per i volti: è
lo splendore della fraternità:
"Ecco quanto è bello e quanto soave
che i fratelli abitino insieme.
È come olio prezioso sul capo..." (Sal 133).
Siamo qui a interrogarci sul volto della parrocchia. Interrogare
un volto chiede amore. Non è come interrogare le
cose. O forse sì, c'è un modo di interrogare
anche le cose, il modo della sapienza e dell'umiltà,
il solo che permette ai volti e alle cose di scoprirsi.
E nell'assemblea avverti questa passione per il volto presente
e futuro della nostra comunità, ma, insieme, per
i mille volti che la compongono, che attendono non già
di essere imprigionati o spenti, ma valorizzati ed esaltati
nella fraternità.
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Sta affiorando negli interventi il desiderio di superare
rigide separazioni fra gruppi per una più intensa
e fiduciosa comunicazione.
Il pericolo dell'"incasellamento", più
volte ripreso negli interventi, crea inesorabilmente separatezze
fra gruppi, soffoca la creatività dei singoli, spegne
la passione per gli altri.
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Che cosa attendiamo dalla comunità parrocchiale?
Sembra di capire -soprattutto dagli interventi degli adulti
(quella fascia di età di cui spesso viene segnalata
l'assenza, eppure così intensamente presente questa
sera)- che la nostalgia non va a un volto organizzativo
-la parrocchia dal taglio manageriale-; altro volto si sogna,
il volto dell'approfondimento della Parola e della riflessione
sulla vita, della preghiera e della ricerca, il volto di
chi privilegia l'ascolto di Cristo da cui attinge luce e
forza all'amore, il volto che possa aprire le strade e le
porte a chiunque, soprattutto a chi ricerca con cuore sincero.
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E affiora da parecchi interventi la passione per quelli
che troppo sbrigativamente chiamiamo "lontani",
la passione per "chiunque" al di là delle
appartenenze, la passione che non ha nulla da spartire né
mai si identificherà con il proselitismo. E insieme
affiora la gioia riconquistata di essere oggi nella parrocchia,
che non è casa di alcuni, ma di tutti, una comunità
dove nessuno mai ti chiederà una tessera di appartenenza,
per la quale non occorrono inviti.
Succede così che il volto del cosiddetto "lontano"
inesorabilmente chiami il mio volto: nelle sue lontananze
leggo in trasparenza le mie lontananze, nel cammino inquieto
della sua ricerca sono custoditi i segni della mia inquietudine:
"Il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il
tuo volto".
I segni del tuo Dio -se lo ricerchi- li potrai trovare tra
la gente che crede come tra la gente che non crede.
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Sta affiorando il volto di una parrocchia che non è
"uno stringersi insieme gli uni gli altri per far barricate"
(Card. Martini), bensì un momento di comunione -ancorarsi
alla Parola e nutrirsi al Pane spezzato- per poi uscire
fuori le mura, dove con tutti gli uomini -ognuno con la
luce che si ritrova nel cuore- vivere l'avventura dello
Spirito, nelle ore della storia -piccole o grandi che siano-,
costruttori appassionati e fiduciosi della città
dell'uomo.
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L'assemblea continua. È l'inizio di un cammino.
La riunione si scioglie, ma nonostante l'ora, ci si ferma
a commentare. I commenti ora sono nel buio della strada
vegliata da qualche opaco lampione. L'eco di alcune suggestioni
-è facile immaginare- oltrepasserà la notte.
don
Angelo
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