A
PASSO DI DANZA E CON FANTASIA
E' stato un attimo. Un attimo breve, lo spazio di pochi
secondi: quanto occorre per prendere il piccolo pezzo di
pane bianco dell'Eucarestia e metterlo nel piccolo e fragile
cavo di una mano.
Incroci tanti volti, quando alla Comunione distribuisci,
non senza emozione, il pane del Signore. Incroci la profondità
e l'intensità degli occhi, incroci il desiderio delle
mani e delle labbra.
L'attimo è breve. E' subito un altro volto. E poi
un altro ancora. E nella fila, nella lunga fila, ecco Gloria.
PERCHE'
GLORIA?
Perché
Gloria? Perché proprio il suo volto mi sorprende
ogni volta dolcemente e poi mi accompagna per giorni? Come
il motivo musicale con cui a volte ti svegli al mattino:
passano le ore e ti fa compagnia.
Perché Gloria? Gloria è una ragazzina, undici
anni o giù di lì. Un viso simpatico e fresco,
due occhi vivi.
Mi sorprende perché ogni volta che tende il piccolo
cavo della mano a ricevere l'Eucaristia, accenna con grazia
a un inchino e a una mezza genuflessione, con la dolcezza
di chi si avvicina e chiede l'onore di una danza. Sì,
è come se ricevesse l'Eucaristia danzando.
A volte penso alla fortuna che mi è toccata come
prete di vedere alla Comunione i volti, di fissare l'emozione,
di osservare i passi di danza.
Gloria, con la sua sorellina, Alessandra, è per me
l'immagine della bellezza.
Della bellezza portata nella Liturgia:
"Lodatelo
col suono del corno" - è scritto nel salmo 150
-
"Lodatelo con l'arpa e la cetra,
Lodatelo col timpano e con la danza,
Lodatelo sulle corde e coi flauti,
Lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti"
Gloria
è per me l'immagine di chi si avvicina a Dio con
passo di danza.
ALLA
RICERCA DELLA BELLEZZA
Chissà
che non sia vero per la Liturgia quello che P. David Maria
Turoldo diceva della città: la città brutta,
la città abbruttisce! E la Liturgia brutta?
E' in agguato nella vita, dappertutto, il periodo della
volgarità. In agguato anche nelle chiese: - nel canto,
nella recitazione dei testi, nello sfinimento delle omelie
e delle preghiere, nello spegnimento dei volti, nell'assenza
degli occhi.
La bellezza e la poesia hanno il dono invece di accendere.
Dovremmo dunque spendere immensamente di più in bellezza
e poesia.
"Se hai due pezzi di pane" - insegna un testo
della sapienza indù - "danne uno ai poveri.
Vendi l'altro e compera due giacinti per nutrire la tua
anima".
IL
PROFUMO
C'è
chi anche oggi scambia per bellezza nella Liturgia l'imponenza
e aggiunge fasto a fasto nel rito. Un'operazione poco avveduta,
che richiama alla mente l'imperizia di alcuni restauri del
passato, quando ci si illudeva di restituire splendore ad
un'opera d'arte aggiungendo vernice a vernice. Se mai era
scrostando che ci si risarebbe avvicinati al miracolo del
colore.
La bellezza mi richiama da vicino l'olio profumato di Maria
di Betania: sprecare in profumo lo stipendio di un anno
era parso esagerazione e follia agli occhi di chi sa fare
quattro conti. Forse non agli occhi degli innamorati. Gesù
difese la sua amica. E la casa fu piena del profumo dell'unguento.
Il passo di danza di Gloria, ovvero la bellezza, il profumo.
Ogni gesto di bellezza e poesia nella celebrazione è
come profumo prezioso: va a profumare la chiesa e il cuore.
Ricordo una preghiera bellissima di una mistica del nostro
tempo, Madeleine Delbrel:
"Penso, o Signore, che tu forse ne hai abbastanza della
gente che sempre parla di servirti con piglio di condottieri,
di conoscerti con aria di professori, di raggiungerti con
regole sportive, di amarti come si ama in un matrimonio
invecchiato. Un giorno in cui avevi voglia di altro, hai
inventato S: Francesco e ne hai fatto il tuo giullare; lascia
che noi inventiamo qualcosa per essere gente lieta che danza
la propria vita con te".
SPAZI DI CREATIVITA'
Brividi
di bellezza, ma anche brividi di fantasia.
La liturgia è regola, è misura, è armonia
che non consente di essere violata.
Eppure consente, anzi auspica spazi, se pur ridotti, di
creatività. Uno di questi spazi è quello cui
diamo comunemente il nome di "preghiera dei fedeli".
Ci è capitato . se pur raramente - di ascoltare un
lamento, dovuto al fatto che nella nostra parrocchia, al
momento della preghiera dei fedeli, solitamente si abbandona
il testo già preconfezionato sul foglietto, per leggerne
uno composto nella comunità. Quasi fosse una stranezza,
una stravaganza.
Forse non tutti sanno che questa preghiera, proprio come
recita il nome, è lasciata alla creatività
e alla libertà dei fedeli.
E dunque la sorpresa avrebbe ragion d'essere - se mai -
nel caso opposto, proprio là dove non si inventasse
nulla, là dove si fosse soliti rifugiarsi pigramente
nel già scritto.
Meravigliarsi della creatività dei fedeli sarebbe
come meravigliarsi dei ragazzi che a scuola proprio non
si rassegnano a copiare, preferiscono inventare.
CANCELLARE
LE MEMORIE?
E' anche vero - e dobbiamo riconoscerlo - che, proprio perché
creata da noi, la preghiera dei fedeli porta il segno della
nostra misura e opinabilità. Guai se la contrabbandassimo
come "parola di Dio"!
Dopo tanti anni di consenso e di lode per questi testi di
preghiera - ci è stato persino suggerito di metterli
a disposizione della comunità durante la settimana!
- l'ultima domenica di aprile, qualcuno - e come non ammirarne
la franchezza? - venne a significare il suo dissenso su
un testo letto quella domenica, che suonava così:
"Ritorna in questi giorni, Signore, la memoria della
nostra liberazione. Non permettere che ricadiamo schiavi.
Rendici intensamente liberi e forti. Capaci di resistere
a ogni seduzione dello spirito e a ogni inganno dell'intelligenza".
"Perché" - si diceva - "ritornare,
dopo cinquant'anni, a far memoria, a riaprire ferite".
E' forse meglio passare sotto silenzio?
Perché gli ebrei ogni anno, a Pasqua, fanno memoria
della loro liberazione dall'Egitto? "E oggi" -
si dicono l'un l'altro - "Dio libera noi".
Perché da duemila anni fare memoria del Signore crocifisso?
Che cosa ci deve fare più paura? La memoria o la
smemoratezza?
A nostro avviso - ci sembra - la smemoratezza. La sera,
sfogliando le pagine del giornale, ci parve di essere -
dopo tutto - in buona compagnia. Il giornale portava brani
di un intervento del nostro Arcivescovo:
"Mi pare giusto che oggi i giovani possano essere chiamati
a ricordare le figure di questi eroi e militanti della Resistenza,
perché dal loro sacrificio ci viene la libertà
di cui, malgrado i tanti problemi, gode l'Europa.
E' giusto ricordare nell'imminenza del 25 Aprile, che la
libertà di cui godiamo non è ovvia, che è
stata pagata dal sacrificio di coscienze nette e coerenti
e che perciò va pagata sempre con l'impegno di coerenza
e dirittura morale".
A passo di danza e con fantasia.
don
Angelo
|