SPETTACOLO
E SACRAMENTI: A QUALE PREZZO ?
C'è qualcosa che non mi convince.
E se queste saranno le strade del futuro, ti confesso che
mi ritroverò, penso, solitario, ai margini, come
uno che non ha il dono di capire questa "modernità".
Ci sono troppi segnali inquietanti nell'aria che mi fanno
temere che, al di là delle cose dette, si stia imboccando
- anche in campo ecclesiale - la via della spettacolarità.
Anche a proposito di sacramenti!
Ci è consentito - mi chiedo - impunemente svenderli,
dandoli in pasto allo spettacolo?
E a quale prezzo, se in qualche misura non torneremo a onorare
la disciplina dell'arcano che un tempo proteggeva il sacramento
dagli occhi indiscreti, dalla curiosità malsana,
dal pettegolezzo mondano?
Evocare il sacramento non significa forse evocare una terra
sacra, fatta di silenzi? E tu che indugi sulla soglia, con
il fiato sospeso. E la voce che ammonisce: "Togliti
i sandali dai piedi perché il luogo dove stai è
una terra santa" (Es. 3,5).
UNA
SENSIBILITA' MALATA ?
La
mia - lo confesso - sarà una sensibilità eccessiva
o malata, ma è - a mio avviso - nell'aria qualche
segnale che ci potrebbe rendere preoccupati della deriva
cui sembra giungere il sacramento.
La mia sarà indubbiamente una sensibilità
malata, ma oggi, giorno della Liberazione, non posso non
provare disagio all'annuncio che un capo-partito organizza
una Messa con i "suoi", quasi a benedizione delle
sue idee circa la liberazione o, peggio ancora, che un altro
si procura una Messa nella cappella della sua villa (sic)
per ricordare "in famiglia" i morti della liberazione.
Nella mia fantasia, certo malata, rivivono d'un tratto vecchi
fantasmi, che ritenevo seppelliti per sempre, figure di
cappellanie e di cappellani di corte, che pensavo definitivamente
scomparse!
E mi chiedo quale immagine di Messa e di sacramenti in chi
ne leggerà notizia sui quotidiani.
E la risposta, forse severa, è che nei più
"vicini" si va a perpetuare l'immagine di un sacramento
con cui si è soliti benedire quanto abbiamo deciso
noi o quanto a noi sembra; nei più "lontani"
la fuga da questa teatralità che suona così
distante da un mistero, da un "oltre", che ancora
inquieta e seduce il loro cuore.
Non dovremo ritornare a proteggere il sacramento da un eccesso
di esteriorità, pena il tradirlo nell'avvilimento
e nell'insignificanza?
CRONACA
DALLA BASILICA
Me
lo sono chiesto, leggendo - ti dirò: con un certo
disagio - sui giornali, in particolare sul quotidiano dei
cattolici, la cronaca del Papa sceso a confessare il Venerdì
santo nella Basilica vaticana "dalle 12.10" -
è scritto - "alle ore 13.25" (sic!).
Questo cronometrare il sacramento questo rastrellare nomi
e cognomi di chi si era confessato dal Papa! E l'"arte"
di convogliare dal Papa confessore - quasi fosse un privilegio
- coppie programmate di sposi, perché - già
- questo è l'anno internazionale della famiglia!
Fino a riportare, quasi divertiti, la battuta del Papa sulla
lunga coda dei penitenti: "Siete troppi? Ci vorrebbe
un anno per confessarvi tutti!"
tutto questo
- forse è ora che ce lo diciamo con franchezza -
è il contrario, esattamente il contrario, di ciò
che noi chiamiamo il cammino del sacramento della penitenza,
il contrario, esattamente il contrario, dell'umile sforzo
di una chiesa che desidera risignificare questo, che, tra
i sacramenti, è uno tra i più difficili forse
da ridisegnare.
LA
MATERIA PIÙ UMILE
Non
è forse vero che il Signore Gesù - forse anche
a salvaguardare l'evento sacramentale da ogni spettacolarità
- ha scelto come luogo dell'accadimento la materia più
ordinaria, la più umile: il pane, l'olio, l'acqua,
la parola del perdono, il gesto dell'amore
quasi a
dire che la cosa di cui stupirsi, la materia che si fa lembo
del mantello del Signore, il corpo dove arde lo Spirito
non ha nulla di eccezionale nel senso della curiosità
mondana.
Eccezionale è il silenzio, in cui stupirsi di un
Dio, che ama, per il sacramento come per l'incarnazione,
la strada delle cose umili e povere, quelle che, dopo tutto,
fanno il pane vero della nostra vita.
E dunque il silenzio come terra che protegge il sacramento,
come passaggio ineludibile per ogni accadimento vero, cioè
del cuore.
Il resto è eccezionalità vuota, assenze e
vanità: di celebrazioni degli uomini - specie se
potenti e importanti - è piena la terra. Non è
certamente questo che si va a chiedere a una chiesa. Guai
se, varcandone la soglia, ritrovassimo le stesse cose che
fanno disagio nella vita quotidiana e non invece la luce
e la forza per cambiarne le insensatezze.
IN
UN ANGOLO
Per
questo, se le scelte del futuro andranno sempre più
per le strade del "suonare la tromba", anche attorno
ai sacramenti, me ne starò - Dio mi perdoni - un
poco in disparte, come uno fuori del tempo, in un angolo
della chiesa, dove per fortuna non c'è pericolo entrino
cantastorie o fotografi, magari in un confessionale un poco
scomodo, ad ascoltare, trasalendo, il passaggio di Dio,
più vero di quanto comunemente si pensi, nelle storie
degli uomini e delle donne del mio tempo a ridire con loro,
nel silenzio, la sorpresa per un Dio, più grande
del cuore che ci accusa
don
Angelo
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