"NON
SAI DI DOVE VIENE E DOVE VA"
lettera aperta a un amico
Caro Paolo,
questa mia lettera viene dopo otto anni, quasi, dopo un'altra
lettera, anche quella aperta, che ti scrissi all'indomani
del vostro matrimonio. E' stata la visita di Francesca a
dilatare ancor più la nostalgia di vederti e ad accendere
il desiderio di scriverti: la sua visita fu un dono, inatteso
come un brandello di cielo azzurro, poco più di uno
squarcio, in un infinito fluire di nubi, che appesantiscono
il cuore.
La settimana, che ho lasciato alle spalle, non fu una settimana
facile. Tu che ami la fotografia e che della fotografia
hai fatto il tuo lavoro oltre che la tua passione. forse
puoi capire. Erano sì giornate di sole; ma era come
se la luce per qualche ragione fosse velata. E a velare
la luce - tu lo sai - spesso è ciò che ti
porti nel cuore.
HO ATTRAVERSATO LA MORTE
Ho
attraversato la scorsa settimana sette volte la morte: sette
volte la morte a segnare le nostre case. E, anche quando
era una morte annunciata, mi sentivo quasi soffocato, braccato,
quasi fossimo in stato d'assedio.
Ricordo un pomeriggio. Calava il sole nel cielo. Ero stato
improvvisamente chiamato a pregare accanto a un papà
che moriva.
In altri giorni i giochi dei raggi di sole che disegnano
arabeschi di fuoco sulle case mi avrebbero condotto di stupore
in stupore. Le cinque rampe di scale che in altri giorni
avrei salito festosamente, le salivo ora d'un fiato, ma
come portando sulle spalle un peso troppo grave.
La fede - è vero - diceva risurrezione; ma il cuore
portava nel segreto tristezze raccolte nel profondo degli
occhi.
FRANCESCA
E I BAMBINI
E
in una settimana come questa, da poco alle spalle, la visita
di Francesca e dei vostri due bambini: Arianna - la vostra
- e il piccolo Rudy, occhi neri e pelle scura, che avete
adottato.
E la casa si riempì del loro profumo, il profumo
della gioia. Era come un tuffo in immagini di vita: i bambini
si rincorrevano per il corridoio e io mi perdevo negli occhi
di Francesca, nella sua dolce serenità.
Di lì a poco saremmo discesi lungo lo scivolo della
casa, sulla strada: per bambini che dimorano in un casolare,
nelle piane di Orvieto, a cielo aperto, un appartamento
di città, per grande che sia, sa comunque di prigione
e in una parrocchia senz'alberi dare la scalata ai cancelli
o correre lungo la ringhiera diventa la cosa più
normale.
QUASI
UNA CORRISPONDENZA
E
a stupirmi era ancora una volta la tenera quiete di Francesca
da un lato e il movimento irrefrenabile dei bambini dall'altro.
Mi ritornarono d'istinto al cuore scene da un matrimonio,
il vostro, quasi otto anni fa, in una piccola chiesa, a
Castello sopra Lecco.
Mi ritornarono alla mente ed era come se ritrovassi una
"corrispondenza".
Ricordai anche di aver scritto allora di quel vostro matrimonio,
che agli occhi di qualcuno forse sembrava non rispettare
alla lettera i "sacri" canoni dell'ufficialità.
Andai a rileggermi, incuriosito, quello scritto, che ora
ti trascrivo.
Nel desiderio di riassaporare, nella loro bellezza, cose
lontane.
Forse
per altri il tuo era un matrimonio anomalo o, se vuoi, percorso
da una ventata di stranezza
Anche se poi ci sarebbe
da discutere a non finire su che cosa è strano o
non strano, su che cosa è nella norma e che cosa
fuori della norma.
Certo il tuo non era un matrimonio secondo i canoni rigorosi
che fanno ormai i matrimoni tutti uguali: perfino i fotografi
al di là di qualche inattesa eccezione ripetono un
rito dove le pose sembrano essere l'immagine della fissità
e della immobilità.
Ti confesso che per un attimo, mentre si leggeva al tuo
matrimonio la Parola di Dio, mi sono incantato a contemplare
quella sposa che improvvisamente si era trovata in braccio,
accoccolati come cuccioli, due bambine, figlie di un'amica.
Non era - bisogna pur dirlo - un gesto canonico: tra le
innumerevoli fotografie di matrimonio non mi era mai capitato
di vederne una, dove una sposa fosse ritratta con due bambini
che le si precipitano in braccio.
Era fuori norma. Ma chissà che ci sia pure una norma
del Vangelo.
E se c'è - come io credo - sarà più
secondo le indicazioni del Vangelo un matrimonio dove l'ufficialità
misura e irrigidisce ogni gesto, dove preti, invitati e
sposi hanno l'aria compassata e gelida dei manichini o questo
matrimonio - il tuo - dove ai bambini è consentito
di volare in braccio durante il rito a una sposa?
Dicevo del matrimonio anomalo. E forse veramente anomalo
era quel matrimonio - il tuo - dove uno sposo alla fine
del rito ti fa scivolare tra le mani un biglietto, un pezzettino
di carta con poche righe, che avrei poco dopo letto nel
silenzio.
E le parole erano di quelle che non finisci di sentirti
risussurrare nel cuore: forse perché non te le meriti
o forse perché disegnano con limpidezza quello che
da sempre tu vorresti essere o forse per l'amicizia che
le illumina.
Le leggi e le rileggi con un nodo di commozione alla gola
e, per le suggestioni che evocano, ti verrebbe voglia di
trascriverle, ma a caratteri cubitali, sulle pareti del
tuo studio. "Caro Angelo
felice di averti incontrato
in una delle mille strade che si percorrono ogni giorno
col cuore in gola
ma
con le antenne sempre
in funzione, pronte a riconoscere sguardi lucidi e vivaci.
Un abbraccio"
Sulle strade che si percorrono ogni giorno con il cuore
in gola quando le creature che sono in attesa di uno sguardo
e altro non trovano che gesti spenti e annoiati, il mio
sguardo spento e annoiato. Forse ci voleva questo matrimonio
- il tuo - a ricordarmelo. Te ne ringrazio.
RIPRODUZIONE
O INVENZIONE ?
Dopo
quasi otto anni, contemplando gli occhi di Francesca e sognando
il tuo volto, godevo come di una "corrispondenza",
di una fedeltà al sogno degli inizi, quasi avvertissi
una sintonia tra i fotogrammi di quelle lontane scene da
un matrimonio e le immagini che ora avevo sotto gli occhi.
Presto Arianna e Rudy avranno un fratellino che arriverà
dal Nepal! Il vento soffia dove vuole
Non si tratta certo di canonizzare le vostre scelte, quasi
fossero un assoluto; si tratta invece - questo è
il punto - di non imprigionare l'immaginazione, l'invenzione,
l'essere portati dal vento.
"Il vento soffia dove vuole e ne ascolti la voce, ma
non sai di dove viene e dove va: così è di
chiunque è nato dallo spirito" (Gv. 3,8).
I nostri giorni, più che i tempi dell'invenzione,
sembrano prefigurarsi come i tempi della programmazione.
E non sarà che un eccesso di programmazione possa
contaminare e togliere alla fin fine, respiro anche al matrimonio?
C'è ancora spazio per il movimento, per l'inedito
o siamo nei giorni della fredda e inerte riproduzione, dove
a imperare è il "già visto", dove
tiene banco la fotocopia, non l'originale?
La visita di Francesca, la tenerezza dell'amicizia e un
matrimonio che custodisce il vento dell'inimmaginabile!
Tra poco è Pentecoste, Paolo, e mi ritrovo a invocare
la fedeltà al vento nuovo per te e Francesca, per
me, per questa chiesa tentata di calcolare, per questo paese
che, oggi più di ieri, attende di essere investito,
come vela, dal vento. Ed essere portati al largo!
don
Angelo
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