LUNGO
I PERCORSI DEL CUORE
Mi sto caricando di anni, ma non finisco di incantarmi davanti
ai "percorsi del cuore". Davanti ai "percorsi
del cuore" mi sento ancora come un bambino. E continuo,
impenitente, a sognare una comunità che si incanti
davanti ai "percorsi del cuore".
Anche la fede, quella vera, il tesoro che ci è più
caro, appartiene a questi percorsi segreti. Se non entra
in questi spazi del cuore è, per lo più, frastuono
e blabla religioso: costretti a urlare la fede, quasi per
autoconvincersi di credere. I "percorsi del cuore"
sfuggono alle statistiche; rifuggono dalla nostra pretesa
di racchiudere in numeri e diagrammi anche il mistero.
Più che nella moltitudine delle parole li sorprendi
in un brivido degli occhi, nella tenerezza di una stretta
di mano.
Chiamo "percorsi del cuore" le emozioni , le intuizioni,
le riflessioni, gli smarrimenti e le aperture, i sussulti
e le decisioni: fanno la storia delle nostre giornate e
diventano cammino interiore, il nostro mondo segreto.
IMMAGINANDO L'INIMMAGINABILE
C'è
una condizione che ti introduce ai "percorsi del cuore"
e ti dà l'emozione di scoprirne o solo forse intuirne
le tracce.
La vorrei descrivere con alcune parole, purtroppo imprecise.
Condizione è "guardare l'altro immaginando l'inimmaginabile".
Oltre la superficialità, oltre i luoghi comuni, oltre
l'apparenza, immaginando dell'altro il cuore, la terra segreta.
A chi oggi parla di "percorsi del cuore" può
succedere - non è un mistero - di essere guardato
con sufficienza, quasi fosse uno "fuori", fuori
della realtà, impenitente sognatore.
Non devono aver guardato con occhi molto diversi, penso,
il Signore Gesù, quel mezzogiorno di grazia, al pozzo
di Sicar. Anche lui incantato davanti ai "percorsi
del cuore" di una donna samaritana. A tal punto preso,
che più non sentiva fame.
Parlava di campi biondeggianti e ancora mancavano quattro
mesi al tempo della mietitura: "Levate i vostri occhi
" - diceva - "guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura " (Giov. 4,35).
APRIRE
Ad
aprirti il cuore è infatti lo sguardo di chi immagina
l'inimmaginabile che è in te, lo sguardo di chi ti
accarezza "dentro", come ti accarezza Dio con
la sua luce e il suo calore.
"Non basta" - diceva Danilo qualche sera fa in
una riunione - "non basta aprire le finestre, accorre
aprire la porta".
La finestra aperta ti consente sì di osservare. Ma
dall'alto. E dall'alto giudicare.
Aprire la porta significa invece coinvolgersi. Anzi rimanere
porta aperta: la gente entra e esce, nel respiro della libertà.
Che cosa privilegiamo nella vita la finestra o la porta?
Come partecipiamo a un'Assemblea? Con quale spirito viviamo
un incontro? Osservando e giudicando , cioè stando
alla finestra, o immaginando che cosa vive dietro quel volto,
cioè aprendo la porta?
UOMINI E DONNE DELLA FINESTRA
Le
osservazioni di chi sta alla finestra per lo più
portano poco lontano, spesso sono di una monotonia e di
una ovvietà insopportabili: quanti inviti, quante
risposte; quanti credenti, quanti non credenti; che cosa
abbiamo detto, che cosa non abbiamo detto; quale l'organizzazione,
quali i risultati.
I risultati - quelli palpabili, quantificabili - sono l'ossessione,
la fissazione di coloro che stanno alla finestra.
Gli uomini e le donne della finestra passano al setaccio
minuziosamente ogni parola - per loro manca sempre qualcosa
all'ortodossia - ma sono sempre in ritardo all'appuntamento
con il cuore.
Raramente nei loro occhi cogli stupore: hanno immancabilmente
l'aria di chi ti dice: "Tutto qui?".
GLI
UOMINI E LE DONNE DELLA PORTA
Gli
uomini e le donne della porta si perdono dietro i percorsi
del cuore, si incantano per i minuscoli, impercettibili,
germogli. Si incantano dietro l'emozione di una voce. Basta
a incantarli - tanto sono sensibili - la nudità di
una presenza: che qualcuno abbia varcato una soglia, per
loro sa già di miracolo.
Gli uomini e le donne della porta vivono sì un'inquietudine:
li fa inquieti lo zelo - spesso in buona fede ma poco illuminato
- di chi si illude di aprire germogli rovesciando sui fiori
tinozze d'acqua.
Hanno da Dio un dono: quello di immaginare - tanta è
la familiarità - la misura d'acqua che aprirà,
senza soffocarli, i teneri germogli. Glielo va suggerendo
lo spirito, la fonte segreta del loro immaginare l'inimmaginabile.
Quanti i percorsi che potrei ricordare: ne accenno solo
alcuni, cosciente purtroppo che già il parlare ne
impoverisce l'emozione.
Ricorderò innanzitutto alcune voci dell'ultima nostra
assemblea, voci per timbro diverso, ma accomunate dall'unico
desiderio di schiudere una porta. Tenera e intensa quella
femminile, più concreta, quasi pragmatica quella
maschile.
Ricorderò poi alcuni percorsi del cuore, nati dalla
lettera che ci aveva invitati all'assemblea: "tracce
di una comunità desiderata".
don
Angelo
I percorsi di un'Assemblea
"UNO SPAZIO ANCHE PER ME"
"Non
so se quello che penso lo posso condividere anche con altri.
Magari sì. Ma questo non lo so.
Posso solo dire che questa iniziativa la trovo molto valida;
soprattutto ho apprezzato molto quello che ha scritto don
Angelo. Penso che la fatica che sta facendo arriverà
ad avere dei frutti. Anche perché questa volontà
di far entrare anche coloro che se ne stanno andando per
conto loro oppure che non fanno parte della parrocchia è
molto apprezzabile.
Quello che io posso dire è questo, per quello che
riguarda la mia esperienza: che non facendo parte di una
parrocchia, ho cercato da sola con molta calma di capire
che cosa voglio, soprattutto nel campo della fede; avendo
avuto un'educazione religiosa, poi mi sono staccata o ho
incominciato a pensare per conto mio.
Io ho incominciato a frequentare una parrocchia con don
Angelo, seguendo gli incontri del Card. Martini.
E ho capito che magari posso trovare in certe occasioni
uno spazio all'interno della parrocchia; uno spazio dove
mi trovo bene e soprattutto mi trovo a fare un cammino comune.
Questo soprattutto in un certo senso mi ha rasserenato e
mi ha fatto capire che forse posso trovare con altre persone
la possibilità di scoprire quello che voglio e dove
sto andando".
"I PROBLEMI SONO ESISTENZIALI"
"Chiedo
scusa, io sono forse l'ultimo ad avere motivi per parlare.
Sono parrocchiano solo per motivi geografici. Sono battezzato,
vivo qui nelle vicinanze. Geograficamente faccio parte della
parrocchia, però per tanti motivi personali e vicende
della vita non è che io partecipi alla vita della
parrocchia. Accompagno mia moglie qualche volta quando viene
a Messa, assisto, non dico partecipo, che già sarebbe
più impegnativo e ancora non me la sento.
Visto dall'esterno, ho letto il messaggio di Don Angelo
e penso di potermi immedesimare nei suoi problemi di parroco.
Ho letto il suo messaggio e mi riallaccio ai miei problemi
personali, che ho fatto presente a don Angelo come sfogo
personale quando sono entrato.
I problemi sono esistenziali. Il problema è di fondo
e mi riallaccio così ai problemi che penso siano
quelli di una comunità di una parrocchia.
Non faccio parte di una parrocchia perché religiosamente,
spiritualmente, sono ancora fuori, però tutti i problemi
umani mi interessano. Sono venuto non per curiosità,
ma perché tutto quello che è umano mi interessa.
I problemi della parrocchia penso siano più o meno
analoghi a quelli di ogni individuo, che penso abbiamo tutti.
Problemi esistenziali: perché siamo sulla faccia
della terra? Noi nella vita facciamo un sacco di cose, ma
perché le facciamo? Possiamo trovare un filo conduttore
comune?".
*
* *
I
percorsi di una letttera
STUPORE NELLA CASA
La
lettera nelle mani di una mamma.
Era
la prima volta che partecipava a un'assemblea parrocchiale.
Quella sera non ebbe il coraggio di parlare. E la domenica
successiva, dopo la Messa di mezzogiorno, venne a confidarmi
il suo rammarico per non aver parlato.
Avrebbe voluto dire a tutti che questo e non altro deve
essere oggi l'approccio di una comunità con chi più
non frequenta: lo spirito - diceva - che percorre tutta
la lettera.
Mi raccontava - e ancora gli occhi le brillavano d'emozione
- di aver ritirato in chiesa, la domenica precedente l'assemblea,
la lettera, lei l'unica in famiglia ad aver ripreso la ricerca
religiosa, l'unica a frequentare - il marito e i figli ora
non lo fanno.
Mi raccontò di essere ritornata a casa quella domenica
e di aver letto al marito e ai figli quella lettera, ancora
oggi colpita per lo stupore che quelle pagine avevano suscitato
in loro.
Sembrava leggere un segno di speranza.
IMMEDIATEZZA E TRASPARENZA
La
lettera nella mani di una ragazza.
Ha
gli occhi trasparenti. Come non pensare, fissandoli, all'imprevedibilità
dei percorsi del cuore?
E' a Messa, lei che osa definirsi "agnostica".
Da un mese, dopo anni e anni, ha deciso di riprendere un
contatto.
In settimana ha trovato tra la posta la lettera: "Mi
sono letta quella pagine" - mi ha detto - "e mi
è nato il desiderio di venire a parlarle. Ma come
fare?".
E' una domenica come le altre. A Messa, vicina a lei, siede
una ragazza più giovane.
C'è un attimo di sospensione per una persona che
sembra sentirsi male. Le due ragazze si parlano. La sintonia
è immediata. La ragazza "agnostica" ha
l'impressione che l'altra conosca più di lei la parrocchia
. Le confida il suo essere "agnostica" e insieme
il suo desiderio di confrontarsi con qualcuno.
E' un attimo, la fiducia è immediata. Forse quel
volto è per lei l'immagine di una fede che sfiora
la tenerezza.
Ti chiedi come possa avvenire che nel giro di pochi secondi
si accenda un incontro. Sono i percorsi del cuore. Sono
l'inimmaginabile.
Non mi stancherò di sognare queste creature, meno
preoccupate di rivendicare chissà quali appartenenze,
ma incantevolmemte attente ai "miracoli" del cuore.
don
Angelo
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