"TI
HO CONDOTTO PER QUARANT'ANNI"
Sulla
mia agenda, compagna inseparabile ora che la memoria, con
il passare degli anni lascia vuoti incolmabili, avevo fissato
per le ore 21 del 27 giugno una riunione di commissione.
Nelle previsioni la riunione non si presentava come una
delle più entusiasmanti: si sarebbe dovuto parlare
prevalentemente di fatti organizzativi; la serata ci avrebbe
visti occupati a discutere di adempimenti statutari in vista
del prossimo rinnovo del Consiglio Pastorale Parrocchiale.
A dire il vero, nei giorni precedenti, mi era capitato di
cogliere qualche movimento in più nei dintorni della
sagrestia, e quel parlottare segreto, e, soprattutto, -
ora che ci penso - una luce incredibile negli occhi.
Mettevo - come sono solito fare - tutto nel conto: nel conto
di una parrocchia, dove, al di là delle cose codificate,
c'è un andirivieni informale e spontaneo: succedono
più cose di quelle che solitamente hai preventivato.
UN
PASSAPAROLA SEGRETO
Ma
che cosa stesse per succedere la sera del 27 giugno, quando
scesi dall'automobile, ero ben lontano dall'immaginare.
Venivo dall'aver celebrato l'Eucarestia in un piccolo appartamento
con alcune sorelle, condotte dallo Spirito a vivere sorprendentemente
l'avventura del Carmelo nel cuore di questa città,
in una casa qualunque.
Sceso di macchina, un amico mi prese sottobraccio e mi disse
che la riunione di commissione quella sera la si era voluta
"allargare" e dunque si era pensato alla chiesa.
Fu questione di un attimo: il portone fu aperto e, nella
semioscurità, l'illuminarsi - come scintille nel
vecchio camino - di centinaia e centinaia di volti; e la
gioia moltiplicata!
Un tam-tam segreto, un passaparola incontenibile, avevano
miracolosamente convocato dai più lontani nel tempo
ai più vicini: una congiura dolce di silenzio, che
non poteva non avere, come contraccolpo non voluto, che
a qualcuno che avrebbe desiderato esserci non giungesse
la notizia.
L'INNO
DELLA GRATITUDINE
E,
nella festa dei volti, l'inno della gratitudine.
Tacciono gli applausi, tacciono le parole, tace la lettera
del Cardinale. E ti porta al largo la musica: il cuore ricorda
e prega.
Tra le musiche di J.S. Bach, di F: Mendelssohn, di S. Karg-Elert,
interpretate all'organo con passione da Franco Santini e
i concerti di A.Vivaldi e G.F. Händel, mirabilmente
diretti da Franco Monego, due testi di preghiera tengono
tutto lo spazio del cuore.
L'uno di un corale di Bach:
Amato
Gesù, siamo qui
ad ascoltare te e la tua parola:
guida il nostro animo e i nostri desideri
ai dolci insegnamenti del cielo,
affinché i cuori degli uomini
siano tutti tesi verso di te.
L'altro
mutuato dal libro del Siracide:
Ora
ringraziamo tutti il Dio dell'universo
che compie in ogni luogo grandi cose,
che ha esaltato i nostri giorni
fin dalla nascita,
che ha agito con noi
secondo la sua misericordia.
Ci conceda la gioia del cuore
e ci dia pace nei nostri giorni.
(Sir. 50,22-23)
LA
FESTA DEI VOLTI
Poi
è la festa. I volti che brillavano all'unisono, ora
brillavano ad uno ad uno. E, dietro ad ogni volto, una storia,
una storia che Dio ha dato al tuo cammino
Ad uno ad uno. E non soli! Perché anche questa è
nota costante ed emozionante di questi quarant'anni: un
volto ha chiamato un altro. E la storia incredibilmente
si ripete.
Il volto di Franco Santini chiamato tempo fa da un amico
morto nel giorno del suo funerale, il volto di Franco Monego
chiamato da un'amica: ricordo l'emozione patita mesi fa
in S. Celso ad una delle prove generali dell'Orchestra "Filarmonica".
E volto chiama volto. Storia di questi anni: e sono quaranta.
Storia che si ripete. Sorprendentemente. Sì, la sorpresa
e la dismisura.
LA
SORPRESA
Vorrei
qui ripetere a tutti coloro che in qualche modo sono diventati
parte della storia di questo povero prete le due parole
che mi vennero spontanee al cuore la sera del 27 giugno.
Alludono ai sentimenti che più indugiano nel cuore
in questi giorni.
La sorpresa: avete voluto la mia festa come una sorpresa.
Sapevate che, per come sono fatto - forse male - non avrei
sopportato, o forse a fatica, le celebrazioni programmate,
declamate, dove l'enfasi prevale sul cuore. E perché
non fuggissi, la sorpresa.
E, nella sorpresa, l'incandescenza di un segno.
La sorpresa, per come l'avete programmata, non era semplicemente
un espediente: la sorpresa è bella in se stessa,
per il riverbero che ha sul cuore. Fa parte dell'incantarsi
di Dio, che, dopo aver creato - dice la Bibbia - vide la
bellezza delle cose e si incantò a contemplarle.
La sorpresa - lo capii con immediatezza e intensità
la sera del 27 giugno - è una delle chiavi di interpretazione,
una cifra con cui leggere in profondità il lungo
cammino di quarant'anni.
Un lungo cammino: dopo quarant'anni sei in vista della terra
promessa!
Ora se io ripercorro questi quarant'anni - non sempre facili,
spesso segnati dal mio limite - di una cosa su tutte mi
sento di ringraziare Dio: del senso della sorpresa.
Starei per dire che ogni giorno Dio mi ha visitato con una
sorpresa. Ogni giorno accadeva qualcosa. Ogni giorno accadeva
un volto. Ogni giorno accadeva la grazia.
Sì, ringrazio Dio per la sorpresa quotidiana del
Suo volto e dei vostri volti: una sorpresa continua, una
ricchezza inesauribile.
LA
SPROPORZIONE
Il
secondo sentimento che mi prende il cuore è quello
della dismisura o sproporzione. La festa del 27 giugno lo
richiamava intensamente: una festa - a dir poco - "sproporzionata"
nella dismisura dell'amore.
Quarant'anni! Ce n'è d'avanzo per toccare con mano
il tuo limite, il tuo peccato, la tua debolezza, la tua
piccolezza, l'inadeguatezza, l'essere strumento povero e
servo inutile del vangelo!
E vieni "ripagato" - perdonate il verbo - con
una festa inimmaginabile, oltre ogni pensiero e ogni attesa:
la dismisura!
Vieni "ripagato" - e questa è sensibilità,
acutezza, intuizione del cuore - con il dono dei volti.
Voi mi capite: il dono materiale più prezioso che
cosa sarebbe a fronte dell'intensità di un volto?
un conto è far festa con le cose, un conto è
Dire con gli occhi: siamo noi la tua festa.
Festa di volti. Volti in cui abitano le memorie.
Certo si possono fare mille feste diverse. Ma non c'è
proporzione: quando la festa è dei volti, senti la
dismisura. Smisuratamente amato: da Dio e da un numero sconfinato
di fratelli e di sorelle.
E la nostalgia da sempre mi accompagnerà - come una
meta che insonnemente mi seduce -: essere nel mondo un piccolo
testimone della "dismisura".
Come era alluso in un mio testo riportato sull'invito:
E non sarà l'abisso
della mia lontananza
a sfiorare il tuo manto
Signore?
Dal profondo ho toccato
tremando
la tua tenerezza.
Di questo
e null'altro
essere memoria
vivente sulla terra
don
Angelo
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