TORNINO
I VOLTI
E che cosa sarebbe, mio Signore, una giornata senza volti?
Senza volti fissati perdutamente negli occhi o dolcemente
accarezzati nel cuore?
Niente più che il regno del vuoto più raggelante.
Sono essi lo spazio e l'attesa della vita.
E per che cosa dopo tutto viviamo? Quale la meta verso cui
aneliamo se non il mistero di un volto? "Il tuo volto,
Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto".
E quale benedizione per una vita, benedizione sognata e
pregata nel salmo, se non che un Dio faccia risplendere
su di noi il suo volto, perché si conosca sulla terra
la sua via?
Sotto
il segno dei volti esco a vivere ogni mattina e sotto il
loro segno rientro ogni sera.
Tu forse dirai che è poco - troppo poco - questo
mio misurare le giornate dal balenare dei volti: volti che
l'incontro ha acceso e che ora stento ad addormentare -
come potrei ucciderli? - nel buio della notte: spengo la
luce, ma non se ne spegne il ricordo.
E
TOCCHI IL CUORE DELLE COSE
Qualcuno
potrebbe anche giudicare idilliaca, disincarnata o quanto
meno riduttiva questa visione della vita che la va interpretando
sotto il segno dei volti.
Come se non vi fossero cose più grandi cui aprirsi.
Ma le cose più "grandi" in funzione di
chi o di che cosa vengono sognate, immaginate e rincorse?
Forse che non racchiude un senso il fatto che Dio, l'Invisibile,
lui stesso abbia preso figura e volto come il nostro? Quasi
a significare che non avrebbe senso la sua vita - mi si
perdoni l'espressione che sfiora l'eresia - se il suo essere
Dio fosse privo dell'avventura di essere contemplato, toccato,
accarezzato, baciato, profumato: "Simone, tu non mi
hai dato un bacio
tu non mi hai cosparso il capo di
olio profumato
".
Questo
ora sento, dopo anni, con lucidità e dolcezza: che
la mia vita sono i volti; di essi mi nutro e respiro.
Ricercarli perdutamente e farne tenera memoria ogni sera
non è - come ingenuamente si potrebbe credere - cedere
a vuoti sentimentalismi. Al contrario è toccare il
cuore delle cose.
È salvezza dall'assurda disavventura di una vita
dove succede che, per l'impallidire dei volti, l'organizzazione
conti ormai più della persona, il sabato più
dell'uomo, "dove l'individuo, ogni tu e ogni io, viene
sacrificato sull'altare delle totalità generali,
che finiscono nelle esperienze totalitarie e nelle logiche
della guerra" (Italo Mancini).
LA
POTENZA INERME DI UN VOLTO
"Tornino
i volti": così ha titolato un suo saggio il
filosofo Italo Mancini. E la parola suona come un invito
ad abbandonare vecchie e astratte definizioni dell'uomo,
quelle definizioni che, nella loro fredda logicità,
non seppero fermare le più assurde aberrazioni, le
più efferate violazioni dell'immagine dell'uomo sulla
terra.
Tornino i volti: "un volto da stabilire in sede teorica,
da rispettare in sede morale, da accarezzare in sede affettiva".
Che cosa può un volto?
In questi giorni di un maggio e giugno incendiati, fino
agli estremi confini della terra, dal sogno incandescente,
acceso dagli studenti cinesi nella piazza Tien An Men, quante
volte mi sono sorpreso a rivivere negli occhi l'emozione
di una sequenza televisiva: una fra le tante.
La telecamera inquadrava la grande piazza, ove da giorni
ormai batteva e trepidava il cuore del mondo: la fendeva,
minaccioso e imperturbabile un carro armato.
Ed ecco un piccolo uomo resistergli nel tentativo quasi
folle di sbarrarne il passo.
Una sfida quasi biblica. Il carro armato, simbolo di una
brutalità senza cuore e il piccolo uomo, simbolo
di un sogno senza violenza: l'uno di fronte all'altro.
E non era forse pura follia pensare di opporsi a tanta tracotanza
del potere con il niente o quasi niente di due esili braccia
alzate?
Ma a un tratto il puntare duro e minaccioso del carro armato
ebbe un sussulto, s'inceppò: lo vedemmo arrestarsi
e arretrare, operando nella grande piazza una inattesa inversione
di rotta.
FORSE
NON SIAMO LONTANI DAL VERO
Forse
non siamo lontani dal vero a immaginare che gli occhi di
chi conduceva quell'ordigno di morte abbiano per un attimo
fissato un volto, il volto di quel piccolo uomo, solo e
inerme nella grande piazza. Con che cuore distruggere un
volto?
Forse non siamo lontani dal vero a pensare che non abbiano
il coraggio di fissare i volti coloro che, in questi giorni
di una primavera tradita, vanno condannando a morte decine
di studenti, finendoli con un colpo alla nuca, quasi a sfuggire
l'interrogazione inquietante di un volto.
E non è forse la stessa logica - la caduta cioè
dell'attenzione e del rispetto dei volti - quella che spiega
l'allungarsi di altri massacri, anche questi inquietanti
e non meno barbari, massacri che disonorano altre piazze,
a noi vicine, dove sprangati e uccisi si è, in un
pomeriggio qualunque, per un assurdo e folle odio sportivo?
CUSTODENDO
IL MISTERO
Ritornino
i volti.
Poche cose sono sacre quante un volto. Tant'è che
in giorni lontani Dio proibì espressamente di raffigurare
il suo volto, di farne immagine.
La sua immagine, quella viva, era già nella storia:
erano l'uomo e la donna, creati nel segno della sua somiglianza.
Quello era il volto da amare e da onorare.
Ritorniamo
a contemplare i volti. Quelli vicini e quelli lontani, quelli
di casa e quelli fuori casa, quelli sereni e, ancor più,
quelli segnati da fatica e preoccupazione.
Ritorniamo a contemplare i volti in silenzio, a lungo, perdutamente.
Senza definirli, senza possederli, adorandone il mistero.
Ritorniamo a contemplarli, ad accarezzarli nella tenerezza
dei gesti e nella dolcezza della memoria.
Un giorno scopriremo, non senza emozione, di aver sfiorato,
accarezzandoli, il volto di Dio.
don
Angelo
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