DIFENDERE
IL SILENZIO
E LA CONTEMPLAZIONE
Di che cosa è segno o forse parabola?
Di che cosa è segno o forse parabola questa sensazione,
quasi fisica, di disagio che mi prende, da un po' di tempo
a questa parte, ogni volta che mi ritrovo a celebrare?
Mi capita da quando, all'avvicinarsi della calda stagione,
ad evitare malori di soffocamento, furono schiuse le finestre
della nostra chiesa.
Ed è come se di prepotenza via Nöe e via Pinturicchio
e piazza Bernini si fossero riversate all'interno della
chiesa, con la loro vita frenetica, con i loro rumori assordanti,
con le auto e gli autobus che ora frenano ora ripartono
bruscamente, con le moto dei ragazzi che sfrecciano al massimo
della loro potenza -forse è un nuovo modo di apparire
grandi?- con le autoambulanze che convulsamente chiedono
strada in un urlo disperante che trapassa il cuore...
LA
PAROLA IMPEDITA
E
la parola di Dio, quella che più conta - immensamente
più delle mie povere riflessioni -, la parola, ora
proclamata ora pregata nell'arco della celebrazione, quasi
sembra soffocare sotto ondate continue di rumori.
Vado, quasi per istinto, sognando spazi di silenzio; vado
sognando le mura antiche delle chiese che quasi proteggevano
il mistero dalle invadenze esteriori. Ora nelle mutate situazioni
la mente sembra deconcentrarsi per questo carosello assordante,
senza posa e senza ritegno.
Sarà -mi dico- questione di giorni: prima o poi mi
farò l'abitudine.
Ricordo che da ragazzo, quando, trascorsa l'estate nella
casa dei nonni in Brianza, si ritornava a settembre nella
casa di via Plinio 39, le prime notti si faticava non poco
a prendere sonno per via di quella fermata dell'autobus
-era la N- posta proprio accanto all'ingresso del portone
di casa; poi, man mano che i giorni passavano, si faceva
l'abitudine e i sonni non ne erano, più di tanto,
turbati.
Sarà. Ciò non toglie comunque che forse anche
in questo disagio di ritrovarsi d'improvviso in una chiesa
invasa da rumori ci sia dato un segno da leggere.
Quasi vai ravvisando un pericolo che sarebbe mortale: quello
che nella vita reale venissimo progressivamente defraudati
di ogni spazio di silenzio e lasciassimo crescere, quasi
imperversare, arrogantemente, frastuono, comizi e rumori,
e la Parola di Dio rimanesse inesorabilmente soffocata.
E guai poi se al chiasso facessimo l'abitudine e per disavventura
quasi non ne soffrisse più il cuore: la malattia
sarebbe mortale.
I
SOGNI DELL'ESTATE: QUASI UN TEST
Oso
proporre, senza presunzione, un debole test, pur riconoscendo
che mille altri -al fine di una tempestiva diagnosi del
male- sarebbero indubbiamente più affidabili e intelligenti.
Un test, piccolo ma rivelatore, potrebbero essere i sogni
dell'estate. A volte la si attende spasmodicamente, rincorrendola
nell'immaginazione lungo tutto l'arco dell'anno.
Ebbene, come la vado sognando? La percorro nella fantasia,
entusiasmandomi al pensiero che finalmente mi sarà
dato ritirarmi in qualche angolo di silenzio, dove ancora
sia possibile l'avventura, insolita ma affascinante di udire
la Voce?
Oppure a tal punto sono contagiato dalla frenesia delle
immagini da inseguire nell'immaginazione giornate tumultuose
in cui immergermi ancor più corposamente in esperienze
frenetiche e assordanti?
E non ci capiterà per disavventura di soffocare la
Parola?
La Parola che vive e cresce nel miracolo del silenzio, nel
segreto nascosto della coscienza, là dove ancora
rimanesse il coraggio di interrogare se stessi, i volti
e le situazioni, là dove ancora persistesse la franchezza
del pensare, a fronte del costume ormai dilagante di lasciarsi
acriticamente condurre da chi con slogans e immagini sa
sedurre da schermi e giornali: veniamo con tristezza da
una campagna elettorale dove il vuoto di senso, di programmi
e di pensiero, rivestito di parole e di immagini, hanno
dato ampiamente spettacolo.
DIFENDERE
LA NOSTRA VERA UMANITÀ
Ci
sarà -mi chiedo- un futuro per la Parola? La domanda
si muta in un'altra, ancor più inquietante: ci sarà
-mi chiedo- un futuro per l'uomo?
Scrive il Cardinal Martini, in "Cento parole di comunione":
"L'uomo, così come noi lo conosciamo, se taglia
ogni sua relazione con la Parola, diviene steppa arida,
torre di Babele.
Difendere il rapporto dell'uomo con la Parola è dunque
difendere semplicemente l'uomo, i suoi spazi di espressività
e di relazione autentica, i suoi orizzonti di senso...
La "contemplazione è la dimensione ideale e
necessaria per l'accoglienza della Parola: togliere i sassi,
le spine, la dissipazione".
Difendere il silenzio e la contemplazione -se ho ben capito-
significa difendere ancora una volta l'uomo.
Creare nelle vacanze opportunità di silenzio e di
contemplazione significa difendere la possibilità
di far ritorno nella vita, meno aridi e meno dispersi di
quando ne uscimmo.
CHE
SENSO HA ?
È
gioco forza che di questa stagione i rumori della strada
e della piazza abbiano la meglio sulla voce di chi nella
nostra chiesa legge la Parola di Dio; importante è
che non abbiano la meglio sulla Parola che risuona nel cuore.
Che senso ha -sembra dire il tumulto della vita, che entra
implacabile dai vetri socchiusi- che senso ha che voi siate
qui fermi e in ascolto, quando tutto è così
frenetico, quando tutto è dinamismo e movimento?
Che senso ha -sembra rispondere la Parola- che senso ha
questo correre senza pensiero e senza meta?
Che senso avrebbe per l'uomo guadagnare il mondo intero,
se poi perdesse l'"anima", se perdesse la luce
che dà significato ad ogni cosa?
don
Angelo
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