LA
STAZIONE, IL PROFUMO DELL'ERBA E LA LUNA
Sono
riuscito a difenderla.
Così come si difende un piccolo bambino, un tenero
germoglio. Così come vorresti difendere i fiori di
mandorlo, i primi a fiorire sull'improbabile terrazzo di
questa mia città.
Per me la veglia ecumenica di Pentecoste è come un
piccolo bambino, un tenero germoglio, è il mandorlo
in fiore.
Mentre il treno ci porta, veloce nella sera, verso la stazione
di Quarto Oggiaro, mi sento quasi "orgoglioso"
-tu, Dio, perdona!- di essere riuscito a difendere la veglia
ecumenica: a difenderla anche quest'anno dall'assedio dei
mille impegni. Come fossi riuscito a riconoscerne il primato.
Incrocio sulla piattaforma del treno lo sguardo di una giovane
coppia: gli occhi non sfuggono, indugiano, quasi si riconoscono.
Il cuore mi dice che li ritroverò lungo il cammino
questa sera: uomo e donna, forza e dolcezza dei volti.
SIATE
DI PASSAGGIO
Piazza
della stazione. Quarto Oggiaro. Il piazzale semivuoto. Arrivi
alla spicciolata. Lo sferragliare dei treni che se ne vanno
come se nulla fosse: non hanno il tempo di accorgersi.
I microfoni che, questa sera, fanno le bizze. I canti provati
e riprovati, le parti distribuite.
E nessuno che provi disagio per quest'aria di improvvisazione.
Sarà perché conosciamo fin troppo certe "perfezioni"
organizzative, così "perfette", da nascondere
a malapena il gelo del cuore.
Conosco chiese dove disturba il pianto di un bambino, il
singhiozzare di una donna.
Qui, sul piazzale, tutto è in divenire. Tutto da
costruire. Come le nostre case, come la nostra vita, come
l'ecumenismo.
Forse per questo qui mi sento di casa: sulla piazza c'è
il via vai dell'imperfezione, dei nostri limiti, una vita
più vera.
Vita è anche la voce di Lidia, la pastora, ora coperta
dal sibilo del treno. Vita è questo mettersi in cammino
senza troppe coreografie, un cammino normale, in una periferia
di città.
Piazza della stazione, dove mi risuona questa sera nel cuore,
in tutta la sua intensità, l'invito del Signore -un
invito poco osservato dai credenti- custodito in un vangelo
apocrifo: "Siate di passaggio".
QUARTIERI
IN ESILIO
Quarto
Oggiaro. Quartiere problematico. Quasi in esilio.
In esilio la giovinezza. Perché qui respiri un'aria
di novità, forse quella che hai respirato un giorno,
visitando paesi del terzo mondo, certo più poveri,
ma più vivi.
Don Sandro racconta come la chiesa abbia messo radici in
questo quartiere, riconciliando le diversità tra
immigrati del sud e del nord, tra piccoli, giovani, adulti
e anziani.
I bambini qui sempre hanno giocato senza far distinzione
tra bambini del nord e bambini del sud. Ora giocano senza
fare distinzione tra bambini europei e bambini extraeuropei:
piccoli passi verso l'accoglienza delle diversità.
Ti sembra di ripercorrere le orme di questi piccoli passi:
sostiamo presso i campi da gioco dei bambini, camminiamo
sotto gli alberi frondosi del parco, sui viottoli che odorano
di erba. È profumata l'erba della sera.
Lungo il viottolo che odora, ormai, di notte e di erbe,
si alternano preghiere, canti, riflessioni: voci della riforma,
dell'ortodossia, del cattolicesimo; voci di uomini e voci
di donne: le donne, che parlano ancora così poco
nelle nostre chiese cattoliche!
C'È
UNA FINESTRA?
Siamo
in vista dei grandi alveari umani. Sbucano nella notte:
qualche finestra si illumina, sembra aprirsi alle voci dal
parco. Già ti sembra un segno, uno dei piccoli passi.
Ma gli occhi puntano più su, la preghiera ora sembra
puntare più su: sarà illuminata la finestra
del cielo? Qualcuno -ti chiedi- si affaccerà?
È scritto nel salmo:
"Misericordia e verità si incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
La verità germoglierà dalla terra,
la giustizia si affaccerà dal cielo".
(Sl.85,11-12)
Si cammina per viottoli d'erba. La veglia, nel suo tratto
più suggestivo, è lungo i viottoli d'ombra.
Mi cammina a fianco -i suoi occhi sono come sempre un brivido
di gioia- Catharina Hess, pastora della Chiesa Cristiana
Svizzera, un'amica. Mi parla sottovoce.
Domani -penso- lei presiederà il culto della Pentecoste
nella sua chiesa, io presiederò l'Eucarestia nella
mia. Ma il vero miracolo forse è qui: Pentecoste
non è là dove diritto di parola ha una sola
lingua, là dove tacciono le altre lingue, diverse
dalla tua.
Pentecoste è il miracolo delle lingue che rimangono
diverse, eppure si comprendono.
La verità che germoglia dalla terra e la giustizia
che si affaccia dal cielo non potranno mai essere trattenute,
imprigionate, da una sola lingua umana, fosse pure religiosa.
LA
LUNA PIENA
Il
viottolo di ombre sta per finire. Lascia spazio a un breve
tratto di sentiero sterrato. Più in là l'asfalto.
Catharina mi invita, sorpresa, a guardare la luna. Luna
piena, che ora sbuca tra le fronde degli alberi, gli ultimi
del parco.
Mi parla di un suo insegnamento sulla luna: tu vedi una
faccia sola, l'altra ti è nascosta. La vede l'altro,
che sta dalla parte opposta. Così succede della grande
rivelazione di Dio.
Piccoli, ma non troppo, passi verso la riconciliazione avvengono,
là dove si liberano gli occhi e il cuore dalla pretesa
di essere noi il metro della verità, là dove
si toglie alle nostre parole l'arroganza della definizione.
Qualcuno vede l'altra faccia della luna.
Cancellando la diversità -tra uomo e donna, tra cultura
e cultura, tra religione e religione- abbiamo maldestramente
cancellato l'altra faccia della luna.
IL
CANESTRO VUOTO
Dopo
l'asfalto, la chiesa: chiesa parrocchiale cattolica della
Pentecoste.
Lo confesso: qui faccio più fatica. Certamente è
un mio limite. Forse perché c'è troppa luce
e a me si addicono le ombre della sera. O forse perché
mi incanta il camminare, e qui invece sediamo.
L'ultimo segno che mi rimane della veglia -e ora ne scrivo-
è fuori. È nell'ombra della notte, fuori la
chiesa.
Ultimo segno sono i dolci, offerti con discrezione ai partecipanti,
all'uscita. Anche questo un segno, perché -come ha
spiegato don Sandro- sono dolci tipici delle diverse regioni
d'Italia rappresentate nel quartiere.
Qualche ragazza qua e là offre dolci nei canestri.
Con discrezione, sorridendo.
Ho visto un canestro vuoto. Ma la sensazione era che ancora
profumasse. Come l'ombra dei viottoli, in questo quartiere
chiamato Quarto Oggiaro.
don
Angelo
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