AGLI
UOMINI E ALLE DONNE DEI SOGNI
Mi
perdonino i liturgisti. Mi perdonino se oso dire che per
me l'Epifania, festa che cade all'inizio di un anno, quando
l'anno non ha ancora sette giorni di vita, è festa
di augurio. Per tutto l'anno.
È augurio ad avere -e non per un giorno solo, ma
per tutto l'anno- occhi smisurati, occhi dilatati, occhi
penetranti. Perché nei cieli, anche nei più
lontani, può apparire una stella.
L'Epifania è una questione di occhi: "Giunsero
da Oriente a Gerusalemme... dissero: abbiamo visto sorgere
una stella".
Immaginate la reazione da parte dei custodi degli assetti
tradizionali, gli uomini dell'apparato religioso, culturale,
politico.
"Ci mancavano" -avranno pensato- "proprio
i sognatori! quelli che vedono le stelle!".
Arrivavano
da Oriente. Parola che evoca lontananze, mondi misteriosi,
paesaggi non visitati, terre sconosciute.
Là, nel buio più buio di una notte avevano
visto sorgere una stella.
Come a dire che stelle, stelle di Dio, sono disseminate
per tutti i cieli, anche quelli più lontani: le religioni
più lontane, le culture più lontane, i paesi
più lontani.
E così il racconto silenziosamente, senza che tu
te ne accorga, infrange un mito, quello secondo il quale
"lontano" è sinonimo di "senza stelle".
Forse non ci azzardiamo a dirlo dei cieli fisici, ma dei
cieli morali sì.
E infrange un altro convincimento -non espresso verbalmente,
ma vissuto concretamente- quello secondo il quale stella
per il cammino degli altri siamo noi o, se non proprio noi,
la Chiesa.
Le stelle per fortuna brillano lontano, anche senza di noi.
Forse stella potremmo chiamare anche la voce dello Spirito,
di cui il cardinal Martini dice nei suoi racconti: "C'è
e sta operando. Arriva prima di noi, lavora più di
noi e meglio di noi, a noi non tocca né seminarlo
né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo,
assecondarlo, fargli strada, andargli dietro" ("Tre
racconti dello Spirito", pag. 11).
Come
è bello pensare che anche oggi i cieli sono disseminati
di stelle. E dietro le stelle uomini e donne in cammino.
Lunghi cammini: ci dicono i Magi. E dunque rispetta i cammini.
Per lo più noi apparteniamo alla razza dei "controllori",
i controllori del traguardo. Siamo quelli della porta d'arrivo:
gli altri per noi esistono quando attraversavano il traguardo.
Più rara la razza di coloro che sono lungo il cammino.
Lungo il cammino a sostenere, a dare speranza, a incoraggiare.
Forse non ci si rende ancora conto di quanto bisogno oggi
ci sia non tanto di controllori, quanto di uomini e donne
del cammino.
Luoghi
della notte, luoghi visitati dalle stelle, non sono solo
i luoghi fisici, paesi e città delle nostre cartine
geografiche, ma luoghi anche più interiori: notti
segrete e bagliori improvvisi accadono nel cuore di ciascuno.
"Tutto l'incanto del cuore" -scrive E. Drewermann-
"comincia col ricercare in noi stessi quale desiderio
ci sorregge, quale aspettativa ci pervade, quali segrete
speranze ci guidano. E a un certo punto, nel mezzo dell'oscurità
della notte, della solitudine, spesso dello smarrimento
e della disperazione, è possibile scorgere una stella
che si alza come fosse all'altra estremità del mondo,
una luce non appariscente che tuttavia forse oseremo seguire
(...). Nel cuore di ogni uomo è scritta la verità
che vorrebbe vivere in lui. Come su vecchi fogli ingialliti,
nel cuore è tracciato un messaggio che parla della
sua verità, della realtà della sua felicità,
di ciò che deve attendere per obbedire alla sua vocazione".
Dio accende stelle dunque non solo fuori di noi, ma anche
dentro di noi. Occorre scrutare questi cieli profondi.
Hai una percezione, sottile come un filo di luce, e per
te è come un segnale. Senti di doverti mettere in
cammino.
Può
avvenire allora che chi ti vede partire -l'uomo del "realismo"-
ti guardi con occhi di ironia: "Ma come! Tu credi a
queste percezioni? Credi ingenuamente che una luce possa
abitare anche i desideri, i sogni, le attese del cuore?".
Sto immaginando, forse era l'ironia di chi vedeva partire
da Oriente i Magi.
Andiamo adagio a cancellare i sogni: il pericolo è
quello di cancellare le stelle che li abitano. Andiamo adagio
a censurare i desideri, il pericolo è quello di spegnere
un grembo in cui dimorano le stelle.
Quelli che vedono partire i Magi e fanno dell'ironia assomigliano
molto agli uomini dell'apparato che li vedono arrivare a
Gerusalemme.
Consultano... ma non ci credono più di tanto. Sono
loro i padroni delle stelle, sono loro a seminarle sul cammino
degli altri, loro le guide.
Chissà quanta ironia in cuor loro su quei Magi, gente
strana, gente esaltata. "Figuriamoci" -avranno
detto- "se non lo sappiamo noi... !".
È la gente che cancella con una risata i sogni, fa
dell'ironia sui sentimenti, spegne i sussulti delle coscienze,
spegne l'immaginazione. Loro non si lasciano andare. Infatti
rimangono a Gerusalemme.
Certo
non è un cammino facile star dietro le stelle. Star
dietro gli inviti segreti dello Spirito. A volte sembra
proprio di non vedere più nulla: È capitato
anche ai Magi.
E c'è subito qualcuno pronto a dire: "Hai visto?
Ecco dove è arrivato l'uomo, la donna dei sogni;
ecco dove è arrivato l'uomo, la donna che crede ai
sentimenti, l'uomo, la donna che segue la voce del cuore,
la voce dello Spirito!".
Sii fedele -dice il racconto- all'intuizione delle origini,
anche quando ti sembra di brancolare nel buio. La stella
riappare. Riappare quando esci dalla casa degli uomini dell'apparato,
uomini che leggono immobili i libri, che danno indicazioni
ma non le seguono.
La stella riappare. È una questione di occhi. Di
occhi capaci di intuire l'invisibile, di occhi capaci di
vedere le cose nascoste, di occhi capaci di seguire tracce
segrete, le tracce di Dio.
C'è, per grazia, chi è capace di scorgere
tracce segrete anche quando alle spalle si chiude la porta
di un luogo che qualcuno chiamerebbe inferno.
Giorni fa al telefono mi colpì una confidenza di
Alda Merini: i suoi libri di poesia hanno ottenuto grandi
riconoscimenti, premi letterari. Mi diceva: "E forse
qualcuno non ha capito che anche all'interno del manicomio
si può andare così lontano fino a raggiungere
il cielo".
Certo gli uomini del realismo -del freddo opaco realismo-
avrebbero fatto chissà quale ironia sui Magi, se
li avessero visti, alla fine del cammino, davanti a quella
casa di poveri, a Betlemme.
"Ecco l'uomo dei sogni" -avrebbero detto- "ecco
l'uomo delle stelle. Ecco l'uomo che cerca l'infinito. Guardatelo!
Adora un bambino".
Gli uomini del grigio realismo hanno occhi ma non vedono.
L'Epifania è proprio una questione di occhi: è
vedere l'infinito in un bambino.
Auguriamoci -e non per un giorno solo, ma per tutto l'anno!-,
gli occhi smisurati, gli occhi dilatati, gli occhi penetranti
dei Magi.
don
Angelo
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