FA'
DI ME, O SIGNORE, UN PARROCO PASTORE
Omelia di don Angelo nel giorno della sua venuta tra noi
Da una parrocchia all'altra, uniti nella stessa attesa.
Con questa Messa inizia il ministero in mezzo a voi. Quali
sono i sentimenti del cuore?
Vorrei fare mie le parole di S. Paolo: "Sono venuto
tra voi con tremore e trepidazione".
Con il timore di chi si sente piccolo e inadeguato, uomo
dai pensieri fragili e dalle riflessioni incerte, ma uomo
che ha più volte sperimentato che Dio ama servirsi
anche di strumenti umanamente poveri, anche di ciò
che non è niente, perché, una volta ancora
di più, appaia che tutto è grazia, tutto è
dono del suo Spirito.
Vengo con tremore: il tremore di chi si vede affidare un
deposito meraviglioso da custodire, un tesoro cui attingere
cose nuove e cose antiche. E mi occorre la saggezza dello
scriba evangelico: una sapienza che non ho, che scende dall'alto.
Possa la vostra preghiera , perché io possa attingere
a questo tesoro.
Tesoro è la Parola, tesoro è il Pane spezzato,
tesoro cui attingere è il popolo di Dio: sì
voi la lettera del Signore che mi viene affidata, lettera
da leggere con gratitudine e trepidazione, voi la comunità
di S. Giovanni in Laterano, così come per me lettera
del Signore è stata la comunità di S. Giovanni
in Lecco, lettera per la mia vita, lettera di Dio.
Dunque tesoro a me affidato è la Parola di Dio: non
è "mia"; devo essere servo, non padrone
della Parola, senza la pretesa di chiudere il Vangelo, il
mistero di Dio, nelle mie in certe riflessioni.
Servo, non padrone, dell'Eucaristia, che non è un
sacramento scontato da "amministrare", ma è
una tenerezza da scoprire e dalla quale lasciarsi conquistare
e afferrare.
Servo, non padrone del popolo di Dio, della comunità
parrocchiale, che non è tuo "possesso",
non sarà mai tuo possesso! Pensate alla suggestione
ambigua di alcune parole e di alcune tradizioni che chiamavano
questo giorno di ingresso del nuovo parroco con il termine
sporco di fraintendimenti di "presa di possesso".
No,
voi siete e sarete solo possesso del Signore. Guai se io
avessi la presunzione o la pretesa di farvi diventare mio
possesso. Che cosa sono io?
"Nessuno si faccia chiamare maestro" -ricordate
il Vangelo?- "perché uno solo è il Maestro,
il Cristo, e nessuno si faccia chiamare Signore, perché
uno solo è il Signore, il Signore Gesù, e
tutti voi siete solo fratelli". Dunque non uno in alto
e gli altri in basso: in alto è solo il Signore.
Ecco io vorrei così venire e così rimanere
in mezzo a voi: non con il cuore del padrone per il quale
tutto è scontato, tutto gli appartiene, tutto gli
è dovuto, non con il cuore del mercenario -direbbe
il Vangelo di Giovanni-, ma con il cuore del pastore che
conosce -è un compito immane!- una ad una le pecore,
le chiama per nome, ne riconosce la voce ed è riconosciuto
per la voce.
Fuori di questo "riconoscersi", fuori di questo
mutuo e libero appartenersi, fuori di questo camminare insieme
dividendo i giorni e le notti, le albe inquiete e le sere
struggenti, fuori di questa comunione che ci fa l'unico
gregge dell'unico Pastore, Cristo, anche la parrocchia dalle
strutture più sofisticate e prestigiose, diventerebbe
gelida istituzione, ordinaria amministrazione.
Con questo anelito a Cristo, a reincarnare nel presente
la sua tenerezza di Pastore, la nostra vita e la nostra
comunità diventano invece "tenda del Signore",
umile fontana del villaggio, casa accogliente per ogni fratello
-come amava dire Papa Giovanni-, uno dei luoghi della venuta
del Signore.
Ecco io vorrei leggere in questa luce le letture di questa
Messa d'Avvento, che invitano ad essere "gente che
veglia": non gente per la quale tutto è scontato,
niente fa più stupore, gente svuotata dall'indifferenza
o spenta dal torpore, travolta dagli avvenimenti perché
incapace di leggere alla luce della Parola quanto sta per
accadere.
Fa' di noi, o Signore, una comunità che fa memoria
con gratitudine della tua umile venuta nella pienezza dei
tempi, fa' di noi una comunità protesa verso il tuo
ritorno, fa' di noi tutti una comunità che "oggi"
scopre con emozione e trepidazione i segni della tua venuta
in mezzo a noi.
Fa' di me, o Signore, un parroco pastore, di nient'altro
preoccupato se non che tu cresca e che cresca in me, in
questi miei fratelli e sorelle, un anelito insonne per te.
Tienimi lontano da ogni forma di frastuono, anche da ogni
forma di frastuono religioso.
Fammi capace di sostare in silenzio, con stupore e venerazione,
davanti al mistero custodito in questa comunità che
ora mi viene affidata, davanti al mistero di tanti uomini
e di tante donne che oggi forse non ti conoscono, ma fanno
i tuoi stessi sogni: sognano i tempi in cui le spade saranno
forgiate in vomeri e le lance in falci.
E tu, Maria, tu che dall'altare di questa chiesa hai vegliato
sui miei primi passi, tu segno limpidissimo dell'attesa
e della tenerezza di Dio, veglia ora e sempre sul nostro
cammino.
don
Angelo
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