IL
DESERTO E LA NUBE
Che
possa essere Pasqua senza prima aver attraversato il deserto
e senza prima aver dimorato nella nube, è solo fragile
e pia illusione.
Se non sarò prima passato alla Piscina di Siloe e
là non mi sarò bagnato gli occhi e lavata
ogni cecità, come potrò, gli occhi spenti,
fissare il mistero del roveto ardente della Pasqua, fuoco
perennemente acceso nella notte dei tempi, che arde senza
mai continuare?
Camminare
dunque verso la Pasqua. E il cammino prende la figura di
un itinerario sacro: la Quaresima, il Deserto, la Nube.
Da quando la Quaresima si è caricata del fascino
di questi simboli biblici, ha finito per perdere nell'immaginario
dei credenti ogni connotazione lugubre e spenta ed è
tornata ad essere tempo forte, tempo di esperienze dello
spirito: il deserto e la nube non sono certo per gente che
ha soffocato il desiderio.
IL
DESERTO
Mi
corre il cuore al deserto di Giuda.
Ci eravamo inoltrati quel giorno per chilometri e chilometri;
ed ora, seduti lontano l'uno dall'altro, subivamo il fascino
del suo inviolato mistero.
Ne lacerava il silenzio, da lontano, come ad intermittenza,
l'ululato cupo della iena; quasi sembrava voce evocata da
spazi infiniti.
E ognuno - gli occhi perduti nell'immenso rincorrersi delle
dune - toccava nel silenzio la sua immagine più vera:
misurava se stesso e l'infinito, la sua fragilità
- come granello di sabbia - e la solidità della roccia
, il mistero di Dio.
Deserto,
terra della prova, dove ritrovare il coraggio di rimanere
con se stessi e così smascherare la menzogna del
Maligno, che si nutre di frastuono e di irrequietezza.
Ma in quali spazi disegnare oggi esperienze di deserto?
Il lamento si è fatto corale e mi sembra sincero:
si accusa da più parti la città per i ritmi
accelerati, quasi disumani, che finisce per imporre.
Lo confessava l'altra sera apertamente un papà ad
una delle nostre riunioni per i genitori. E tu gli leggevi
sul volto la stanchezza, la violenza di una giornata che
era dilagata - non era la prima e non sarebbe stata l'ultima
- ben oltre le rituali otto ore di lavoro. Parti e arrivi,
e quasi non ti è dato vedere i figli; e la mente,
quando rientri, persiste a inseguire quasi necessitata,
i problemi che hai lasciato e i problemi che ritroverai.
O
FORSE È POSSIBILE
E
tutti noi oggi a dire che questa non è vita, che
questo parossismo ci uccide, che a sera arriviamo vuoti
e inariditi.
E non potrebbe essere - me lo sto chiedendo e so che non
è tutto così facile né ovvio né
scontato - che si possa ancora fare qualcosa, che si possa
in qualche misura resistere, per strappare magari a fatica
qualche esperienza di "deserto", qualche spazio,
sia pur limitato, di silenzio, alla nostra quotidiana corsa
contro il tempo?
"Questa
sera sono qui" ci confidava quel papà "perché
mia moglie mi ha segnato quest'incontro sull'agenda e sono
rientrato prima".
Basta poco per riaccendere l'entusiasmo, basta poco per
riprendere a sognare: guardavo il suo volto, accusava stanchezza,
ma insieme ricerca, sensibilità ai problemi, attenzione.
Guardavo il volto di sua moglie, la gioia negli occhi, forse
la gioia profonda anche - così mi sembrava di intuire
- di essere con suo marito all'incontro.
E così mi veniva spontaneo pensare che certe esperienze
sono ancora possibili - anche quelle del "deserto"
- se qualcuno ha il coraggio di segnare sull'agenda un incontro.
E se tutti, per questa quaresima, segnassimo sull'agenda
un'esperienza, che potrebbe in chiave moderna, ricevere
il nome di "deserto"?
LA
NUBE
E
nel deserto la nube. Un'altra immagine che non finirà
mai di affascinarmi.
La nube - voi tutti ricordate - accompagnò la grande
peregrinazione degli Ebrei nel deserto: segnalava la presenza
di Dio.
Gli ebrei restavano accampati, finché la nube dimorava
sopra la tenda; riprendevano il cammino, quando la nube
si alzava da quella dimora.
Fermarsi con il fermare della nube e ripartire con il ripartire
della nube. Come a dire:una vita guidata, regolata, ritmata
dalla nube dello Spirito.
Forse è tempo di verificare da chi e da che cosa
siamo, in realtà, condotti: se dall'opinione corrente,
se dalle bande o dalle mode del nostro tempo, se dal desiderio
di apparire o se - Dio lo voglia - dalla nube.
Avanzare
dunque come Mosè verso la nube, la nube oscura nella
quale dimora Dio. Ed essere avvolti dalla nube, come i discepoli
sul monte della Trasfigurazione.
Rimanere sul monte per poi discendere.
E vivere in qualche misura l'avventura di Mosè: il
suo volto - è scritto - divenne raggiante per il
suo conversare con Dio.
Il
deserto da attraversare, la nube nella quale dimorare, la
Pasqua da cui lasciarsi illuminare. Perché è
scritto: "Svegliati, tu che dormi e il Cristo ti illuminerà".
don
Angelo
|