LA
FILOVIA, LA STOLA, I MESSAGGI
AL DI LÀ DI OGNI SEPARATEZZA
Non
era ancora Avvento. Ma la sera, già così buia,
nell'aria così secca sul viso, ne custodiva un tenero
presentimento.
Amo i mezzi pubblici. Uno e poi l'altro e sarei arrivato
in via Salomone. Là, nella casa delle Piccole Sorelle
di Padre Charles de Foucauld avrei celebrato l'Eucarestia.
In una casa vera. E non in un Istituto, come spesso, quasi
sempre, succede quando celebri in una casa di religiosi.
Casa vera e non Istituto -pensavo tra me- quella stanza
al piano superiore, la stanza della prima e ultima Cena.
L'Eucarestia nella casa. Al di là -forse tu mi capisci-
di ogni dorata separatezza.
Abbandono il filobus 90 e attendo il 12, che ora punta,
strattonando, verso la periferia della città, in
direzione Ponte Lambro.
Forse anche per questo -lo devo confessare- amo i mezzi
pubblici: mi permettono di fissare i volti e gli occhi della
gente, pur se a volte ti sfuggono, come sorpresi. Al di
là di ogni dorata separatezza.
Tu non mi crederai, ma anche gli autobus e le filovie hanno
un volto, volti diversi. E forse mai come quella sera, abbandonando
la 90 per la 12, mi sentii come trapiantato in un mondo
diverso: diverso il modo di vestire, all'apparenza meno
aggraziati i modi di esprimersi, un vociare più forte,
un odore di spontaneità non frenata.
È un altro mondo: mi sono detto. Tu quasi lo senti
straniero, tu, frequentatore di linee più centrali
della città.
Per un attimo mi prese la paura che la fede avesse preso
l'abitudine di frequentare la 90, la 91, le linee del centro,
disdegnando, con aria schizzinosa i modi meno aggraziati
e più popolari dei tram delle periferie.
Per il suo Natale quale tram e quale linea avrebbe scelto
il Signore?
Ad ogni fermata -è un rito- ci si saluta fragorosamente.
A tal punto mi incanto che per poco non perdo la fermata
che dà sulle case bianche.
Scendo,
mi guardo attorno, cerco un numero, una casa, una scala.
E ora sono qui a celebrare, al di là di ogni dorata
separatezza, dentro, come è dentro il seme nella
terra, il lievito nella pasta. Come è dentro un Dio,
fatto carne dell'uomo.
Sono qui a celebrare in una casa qualunque attorno a una
tavola comune. Ad accompagnarmi nella celebrazione non sono
le note dell'organo; sono le grida dei ragazzi del cortile,
il pianto del bambino della porta accanto, lo sbattere di
una porta che si chiude, in lontananza il multiloquio della
televisione.
E la tenerezza e l'emozione mi prendono il cuore, quando
penso che il Signore del pane spezzato è così
vicino, uscio a uscio con i drammi, le fatiche e le gioie
di questa casa vera di una via cittadina chiamata Salomone.
Mi
inteneriscono, mentre celebro, le voci del condominio, il
trillare del telefono, il rumore della chiave nella toppa.
Così come mi intenerisce, nella mia chiesa, sempre,
il pianto dei bambini, alla mia messa. Ci sono anche loro:
mi dico. E che grazia -mi dico- che non abbiamo costruito
zone appartate per loro, dalle quali guardare come dai vetri
di una camera di terapia intensiva.
Un giorno -mi sono ripromesso- lo dirò alla mia gente,
a quelli che sono soliti frequentare la mia messa. Dirò
loro che sarebbe bello per noi tutti passare dall'insofferenza
per un bambino che piange in chiesa -forse che le case sono
meno belle perché vi piange un bambino?- alla gioia
di sentire che ci sono anche loro, alla tenerezza di sentire
che Dio è anche per loro. Forse più per loro
che non per noi superintelligenti che presumiamo di conoscerlo
e di amarlo.
Arrivarono allora i pastori, arrivarono i magi. Chissà!
Siamo proprio così sicuri che anche Maria, la madre
del Bambino non abbia in quella occasione faticato a contenere
gli strilli del Bambino? Forse per questo rovinavano la
divina liturgia del presepe?
LIBERARE
LA SPERANZA
Mi
affretto per le strade in questo Avvento, salgo le scale,
suono alle porte. Quante strade, quante scale, quante porte.
Di quante strade, di quante scale, di quante porte è
fatto il mondo, la mia città, questa mia parrocchia.
In questo anno 1996, pur se qualche mia ruggine si va aggiungendo
a ruggine, mi sorprendo a salire le scale con una leggerezza
ritrovata. Sarà -lo dico sorridendo- per via di questa
stola dai colori accesi -gialli, arancioni, rossi, blu-
che Maddalena mi ha portato in regalo da San Salvador.
Il potere dei colori!: mi dico. Il potere di trasmettere
gioia a chi li porta e a chi li osserva. E il paradosso
che i colori più vivi e le fantasie più allegre
vengano dai popoli più poveri della terra.
Penso alle mani che hanno filato i colori della stola che
porto. Da quelle mani mi sento come sostenuto e avvolto.
I volti nelle case, i discorsi sull'uscio e sui tram, nei
negozi e sulle piazze sono, oggi più che un anno
fa, segnati da pessimismi diffusi e da scetticismi amari
Io vado a dire una parola che è sovversione dei pessimismi
diffusi e degli scetticismi amari. Vado a dire: "Non
temere, il Signore è con te. Il Signore, in mezzo
a te, è un Salvatore potente".
È giunta -io credo- l'ora della ribellione: perché
è in atto, a mio avviso, un complotto contro la speranza.
Stanno depredandoci della speranza.
La gente -al di là di ogni estrazione sociale, al
di là di ogni appartenenza culturale- si vede rovesciare
nel cuore ogni giorno le notizie più atroci e deludenti.
Ti svegli il mattino e ancora ti abitano il cuore immagini
e immagini disperanti, segni e segni di inquietudine che
il giorno prima televisione e stampa hanno a lungo -troppo
lungo- sciorinato.
Come se tutto il mondo -questo mondo- fosse da buttare,
come se in qualche angolo non dimorasse insperatamente un
brandello di giustizia.
Vado per le case, guardo la luce dei volti, ascolto i racconti
del cuore e mi vado sempre più convincendo della
grande Menzogna: non è vero che tutto è corruzione,
che tutto è interesse privato, che tutte le bandiere
sono infangate.
Nessuno purtroppo che parli -forse neanche nelle chiese-
del passaggio della grazia -oggi!- nel cuore degli uomini
e delle donne.
Si vuole pervicacemente diffondere scetticismo e paura,
certi che, quando la rassegnazione sarà colma, allora
vincerà il copione, la regia del Burattinaio.
È ora che ci destiamo dal sonno e che apriamo gli
occhi sulle trame segrete di chi vuol diffondere paure e
scetticismo.
È tempo di dire a noi stessi che stracciare le bandiere
per farne cravatte è fare il gioco facile del grande
Burattinaio.
La paura -dice il Vangelo-, anche la paura di Dio genera
inerzia e rassegnazione, fa nascondere il talento: "L'ho
nascosto sotterra" dice il servo "perché
so che sei un padrone severo".
Liberiamo le forze che sono in ciascuno di noi e ritorniamo
a osare e rischiare. Alziamo capo e occhi che abbiamo abbassato.
Riprendiamo i colori. Che i figli -il tuo figlio, Paola,
il tuo, Silvia che a giorni nascerà- trovino i colori
di questa stola e non terra e cieli ingrigiti.
LA
TENEREZZA DEI MESSAGGI
Vorrei
ora ringraziare -ringraziare tutti- per questa visita, anche
se fugace, alle case, una visita dove spesso sono più
le cose che ci si dice con gli occhi che con le parole.
Ricordo la mia prima visita dieci anni fa: allora le case
erano senza volti. Ora spesso, quando suono, attendo un
volto, anche se non sempre, dopo dieci anni, so dare un
nome. Tu, sì, mi chiami per nome.
Ringrazio per i messaggi, i messaggi lasciati sulle porte
delle case. Si sono moltiplicati, sono diventati quasi un
rito, un rito del cuore.
Vorrei ringraziare Elena e Beppe e la sensibilità
con cui hanno accolto il significato delle parole che annunciavano
la nostra visita.
Il cartello diceva:
"Gentili abitanti di questa casa, anche quest'anno
un sacerdote busserà alla vostra porta per invocare,
con voi, la benedizione del Signore sulla vostra casa. Uno
spazio breve di tempo per un incontro, una preghiera, un
augurio.
Ben comprendiamo come, nel mutato contesto sociale e religioso,
qualcuno potrebbe giustamente non desiderare questa visita.
Vi saremmo grati se in qualche modo poteste gentilmente
segnalarcelo, per non disturbare suonando alla vostra porta.
A tutti il nostro augurio di serenità e di pace".
Il messaggio appeso alla porta della casa diceva: "Ringraziamo
per l'invito alla benedizione della casa, che tuttavia decliniamo
e nell'apprezzare la vostra tolleranza e comprensione, vi
porgiamo i nostri saluti".
Si sono moltiplicati i messaggi appesi alle porte o chiusi
nei biglietti, quello tenerissimo di Giuliana, Franco e
Andrea, quello di Lella, che non abita più la casa
di via Bronzino, quello di Claudia e di Stefano, quello
di Stefania che non è più tra noi ma, appesa
alla porta della casa paterna, mi ha lasciato la foto bellissima
del suo matrimonio con Davide.
Leggi ed è come se si riaccendessero i colori, ti
senti rigenerare dentro. A rigenerarti infatti sono i segni,
anche piccoli, dell'amore. Non certo le paure, le minacce,
le cattive notizie.
"Ti rinnoverà con il suo amore": è
scritto nel libro del Profeta Isaia. È scritto nel
Natale del Signore. Per chi ha ancora occhi per leggere.
don
Angelo
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