"... QUESTO POVERO PRETE CHE STA ARRIVANDO TRA VOI"
articolo
del dicembre 1986 dopo la nomina a parroco
Carissimi,
penso alla stranezza e alla pretesa di questa lettera, lettera
di un prete, di don Angelo, il nuovo parroco di S. Giovanni
in Laterano.
Una
cosa so: che questa lettera non può bussare se non
timidamente alla porta delle vostre case: non perché
uno è prete può Sentirsi in diritto di chiedere
attenzione e ascolto dappertutto. Anzi agli occhi di qualcuno
questa lettera potrebbe apparire - anche se non lo è
nelle intenzioni - un'indebita intrusione.
Tutto
ciò -voi mi capite- mi rende quasi timoroso nell'affacciarmi:
mi ha sempre disturbato il fanatismo arrogante, l'irruenza
grossolana di certi propagandisti -anche della fede- così
lontani dal rispetto e dall'onore dovuti al mistero della
coscienza custodito in ciascuno di noi, al mistero della
libertà che, al dire del Concilio, è "segno
altissimo", tra i più alti quindi, di Dio.
Mi
dà coraggio invece il ricordo di esperienze passate
in cui il dialogo sincero, franco, carico di umanità
tra credenti e non credenti portava ciascuno di noi più
ricco e più disponibile alla soglia del mistero.
Certo ad una lettera mancherà sempre l'immediatezza
del dialogo: immediata non è - anche se attesa -
la risposta, anche se ognuno di noi potrebbe parlare a lungo
di lettere finite senza eco in un cestino e di altre la
cui eco persiste dilatata nel cuore, pur se mai fu data
risposta scritta.
Di
un altro limite soffre questa mia lettera: il limite dell'anonimato:
in questo si differenzia -voi lo intuite- da tante altre
lettere dalla grafia forse incerta, ma inconfondibile, inconfondibile
al cuore: come tu leggi l'intestazione il cuore corre a
un volto.
Vi dirò che il giorno in cui mi fu chiesto di venire
a S. Giovanni in Laterano al senso di smarrimento per un
incarico cui mai avevo aspirato e per il quale mi sento
tuttora inadeguato, presto si accompagnò la paura
di essere, in una parrocchia così numerosa, un pastore
che non conosce i volti, che non sa chiamare per nome, che
dice parole e parole, mentre il cuore rimane lontano.
Come
fare -e la domanda non finisce di inquietarmi- come fare
per essere pastore, ma non solo di nome?
Cosa fare -la domanda potrebbe essere dilatata- perché
una parrocchia di ventimila e più abitanti come la
nostra non sia parrocchia solo di nome?
O, se volete, allargando il discorso oltre ogni steccato,
come è possibile oggi lavorare -credenti e non credenti-
per abbattere muri di incomunicabilità, per strappare
ai nostri quartieri e alle nostre case il velo gelido della
estraneità, una estraneità, sì forse
verniciata di perbenismo, che ci lascia sempre più
soli? Parlo della solitudine del cuore: non te la toglie
certo uno che ti investe di parole, ma solamente uno -e
quasi ti sa di miracolo- che non parla se prima non ha sostato
in silenzio a interrogare i tuoi occhi e il tuo cuore, in
ascolto del segreto che è custodito gelosamente dentro
di te.
Chiedo
perdono per questa prima lettera che avevo immaginata breve
e ora sta abusando della pazienza di chi mi legge: la riflessione
partita dalla lettera come strumento di comunicazione mi
conduce ora a pensare alla stupenda lettera di Dio che non
rimase vuota parola - siamo sempre più stanchi di
parole!- ma divenne "visita": Dio ha visitato
la nostra terra. È il mistero del Natale verso cui
vegliano, quasi in attesa, queste fredde sere invernali.
E
forse di questa visita di Dio è pallido e timido
segno la venuta dei preti nelle case in questi giorni. A
un patto però: che il gesto non si consumi in un
fugace entrare e uscire, bensì custodisca l'anelito
di avvicinarsi alla tenerezza di quella mirabile "visita",
la visita di Dio: egli che non è planato da turista
sulla nostra terra né vi è passato da freddo
e impassibile spettatore, non ha contemplato le cose dall'alto
né le ha passate in rassegna dalla scenografia gelida
di un palco: è disceso nella nostra carne, nella
verità luminosa e insieme drammatica, della nostra
condizione umana.
Forse
non è un caso che la Liturgia vada disegnando ai
miei occhi e al mio cuore in questi giorni la venuta del
Signore e la tenerezza che l'ha illuminata.
Vi
confesso che questa "visita" è tra le immagini
più affascinanti cui vorrebbe ispirare il suo cammino
questo povero prete che sta arrivando fra voi.
Don
Angelo
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