articoli di d. Angelo


 

SCIOGLIETELO E LASCIATELO ANDARE


Prima aveva "urlato" (sic!), a gran voce: "Vieni fuori". E poi, mentre tutti erano attoniti, frastornati per il segno, li svegliò alla realtà. Disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".
Il povero uomo, Lazzaro, se ne stava ingessato "legato mani e piedi con fasce e il suo volto era legato attorno a un sudario". E loro con la testa via!
"Scioglietelo e lasciatelo andare".
Sciogliere e lasciare andare è verbo di risurrezione. È il verbo di Dio. Purtroppo, ripensando a certi discorsi e a certi toni in uso nelle chiese -non in tutte per fortuna- sembra che il verbo di Dio sia stato cambiato in "legatelo e chiudetelo". E poi la chiamiamo "buona notizia", evangelo! Ma che buona notizia è chiudere e legare?
Se non sei diventato l'uomo o la donna dei documenti e del pregiudizio, se ti è rimasta l'arte -oggi ormai rara- di andare al di là di ciò che si dice e appare, non potrai non provare quasi un senso di brivido constatando di quante e quali complicazioni abbiamo assediato e appesantito la vita.
L'abbiamo legata in fasce. E i volti imbavagliati e soffocati da sudari.
La spontaneità, l'invenzione, la creatività, l'immaginazione hanno ceduto il passo alle codificazioni, alla ripetizione, alla dipendenza, all'ovvietà.
I volti sono ingessati, e le storie ingabbiate: abbiamo cancellato il fascino delle storie e le abbiamo purtroppo sostituite con la fissità dei prontuari. Salvo poi lamentarci della noia e meravigliarci dei bambini -perfino loro- annoiati.
Siamo arrivati al punto di scrivere sui nostri giornali, quasi un invito: "organizziamo" la speranza. Abbiamo "programmato" lo Spirito, lui, per definizione, l'improgrammabile.

Succede a volte che tu trovi più attenzione alla vita fuori delle istituzioni. Fuori delle loro gabbie, dove ti senti dire: "Gli itinerari sono questi, se no, non ti sposo; se no, non ti battezzo; se no, non sei da Dio", dove la discriminante è spesso l'andare in chiesa, e quando dicono: "non vanno in chiesa", dicono o credono di aver detto tutto. Non c'è nulla da aggiungere.

E se incominciassimo a leggere le storie, le storie di ciascuno? Storie irripetibili, non ve n'è una uguale all'altra. È il bello della vita.
E se tentassimo d'immaginare per quali fessure invisibili filtra, per quali vie inedite soffia lo Spirito?
E se, sorpresi dal suo passaggio, cercassimo di non imbrigliare lo Spirito, mettendogli fasce e sudari soffocanti?

Storie che si accendono per uno sguardo, fili invisibili. Ne guardi stupito il muoversi, il pulsare come di tenera fiammella, i silenziosi passi. E tu stesso ti senti rigenerato. Rigenerato con i tuoi sessantasette (quasi) anni.
Storie fuori casa, che diventano la tua vera casa.
Storie che ti fanno amare Dio fino allo struggimento, tanta è l'emozione con cui vedi dipanarsi invisibili fili di mistero, che vorresti proteggere dalle mani sacrileghe di chi "organizza" lo Spirito.

Mi sto innamorando delle storie. Meno dei documenti. Mi sto innamorando di uno Spirito che sorprendo con emozione all'inizio, "nel principio" di innumerevoli storie di uomini e donne, di giovani e di bambini. Sai dove cominciano -o forse è presuntuoso dirlo- ma non sai -proprio non lo sai- a quali terre approderanno.

In questi giorni mi emoziona il pensiero di una bambina e della sua storia.
Taccio i nomi perché i protagonisti hanno a cuore la leggerezza e il silenzio.
Incontrai mesi fa -ma è come se fosse oggi- la mamma, medico in un ospedale, ospedale pubblico, là dove arriva di tutto e il pericolo è forse di indurirsi nei corpi segnati, nelle anime scavate.
Mi colpì la sua dolcezza, la sua attenzione, il suo rispetto. Basta un volto come il suo per fugare le favole ricorrenti sul grigiore dell'assistenza nel servizio pubblico, l'ente pubblico scelto da lei e dal marito, a tempo pieno.
Mi sorpresi di riincontrarla di lì a qualche mese in una casa delle nostre, in un pomeriggio di dicembre, nel tempo della benedizione natalizia delle famiglie: la stessa dolcezza, la stessa attenzione, lo stesso rispetto. Era come se l'incontro continuasse.
E c'erano anche la bambina e il suo fratellino più piccolo. Una bambina che chiede il Battesimo, il Battesimo che una storia personale, fatta di coerenza e di rispetto, aveva portato a differire fino al giorno in cui i figli -loro stessi- ne avrebbero espresso il desiderio.
La bambina ora chiede dolcemente, insistentemente, il Battesimo.
I prontuari avrebbero spiegato tutto con la categoria dell'indifferenza religiosa, indifferenza del cuore: una categoria povera, povera e miope, superficiale, lontana mille miglia dal cogliere i passaggi invisibili dello Spirito.
Una bambina che ti chiede il Battesimo apre nel tuo cuore passaggi, fili silenziosi, interrogazioni segrete. E sei in cammino.
Per dove? Dove finiscono i passi più segreti del cuore?
Dove? Te lo chiedi, ora che vedi arrivare anche la piccola amica di quella bambina, anche lei attratta dai passi silenziosi.
Dove arrivano le onde del mare?
E senti la povertà, la povertà e la inadeguatezza degli itinerari disegnati sui libri, la mancanza di rispetto, la pesantezza e l'assenza di un pudore.
Ci si illude di interpretare la realtà dentro parole come "praticante - non praticante", "sposati in chiesa - non sposati in chiesa"... e ci sono terre inesplorate.

Ho visto giorni fa una mamma prendere la parola e ringraziare per le sue bambine, ho visto l'emozione sulla soglia degli occhi.
Era come se rinascessimo tutti a quel Battesimo. Accadeva qualcosa negli adulti, mentre noi ne abbiamo fatto il sacramento dei bambini.
L'intensità, la spiritualità, l'illuminazione là dove qualcuno che riduce tutto in un registro avrebbe, secondo i canoni, parlato di "irregolarità".

E non sarà anche per questo che nelle chiese non ci sono molte emozioni, non più il profumo della tenerezza?
Abbiamo sostituito con prontuari e documenti le storie. Ma io non ho mai visto nessuno accendersi per i prontuari, ho visto spesso gli occhi brillare al racconto delle storie.

E non saremo tutti alla fine più poveri se le storie saranno a priori censurate, se al loro timido affacciarsi saranno rozzamente allontanate, se nessuno più ti chiederà che cosa porti nel cuore?
Tutto così perfetto, ma tutto così lontano. Sembra la cifra di non poche cronache ecclesiastiche. Tutto così perfetto, ma tutto così lontano.

E che cosa conterà alla fine? Davanti a un Dio che non puoi dire di aver conosciuto, se non hai sperimentato sulla pelle il segno della misericordia.
Che cosa conterà -me lo chiedo- davanti a un Dio che ha predicato il sospetto sulla teatralità delle piazze e ha rivendicato l'assolutezza di ciò che accade nel segreto del cuore?

don Angelo


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